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Canina, Luigi
L' architettura antica (Testo): Sezione 2, Architettura greca: Monumenti — Rom, 1834-1841

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https://doi.org/10.11588/diglit.4999#0223

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ARCHITETTURA GRECA. PARTE II.

HO

CAPITOLO VI

FORI E PORTICI

Vi

itruvio subito dopo i tempj, ed avanti di ogni altro edifizio pubblico, imprese a descrivere la forma del foro
perchè osservava egli che erano ivi dai magistrati regolati gl'interessi pubblici e privati. A questo riguardo si
racconta dal medesimo scrittore che i Greci formavano il foro quadrato con porticato doppio e spazioso tutto
l'intorno, che lo adornavano con colonne poste vicino le une dall'altre e con corniciamenti di pietre o di marmo,
e che sopra poi vi formavano dei passeggi su i palchi; mentre quei fori che si facevano nelle città d'Italia, ove
per comodo degli spettattori che assistevano ai giuochi dei gladiatori, i quali per antica costumanza si solevano
esibire nel foro, bisognava che gl'intercolunnj fossero più spaziosi, e con tavolati superiori si formassero logge,
le quali servivono ancora pel comodo e traffico pubblico. La forma di tali fori doveva essere perciò quadrangolare
oblunga ed i portici composti da due ordini di colonne l'uno sopra l'altro fi). Infatti con egual forma fu ritrovato
essere stato il foro di Pompei, e quelli di altre città d'Italia, i quali nella parte che risguarcla l'architettura dei
Romani verranno descritti. Pertanto considerando ciò che è di più importante per conoscer la vera forma dei fori
alla maniera Greca, osserveremo che gli spettacoli dei gladiatori, che terminavano soventi colla morte di molti
uomini, e che presso i Romani formavano spesso i più a loro graditi spettacoli, i quali si esibivano nei fori
avanti che si costruissero a tale oggetto anfiteatri, non potevano piacere ai Greci; perchè all'opposto dei Romani
erano stimati per essere d'indole dolce e di cuore sensibile. Si racconta a questo riguardo che allorquando in
Atene ad imitazione di quei di Corinto, presso ai quali imperando Cesare furono con ripugnanza introdotti
siffatti spettacoli, si volse rappresentare un combattimento di gladiatori, il filosofo Demonace facesse osservare
agli Ateniesi che dovevano atterrare l'ara della Misericordia, che stava precisamente nel mezzo del loro foro,
prima di assistere a tanta barbarie (2). Percui credesi che solo dopo molti anni avessero avuto luogo tali spettacoli
generalmente presso i Greci, e che i loro fori avanti all'estensione del dominio dei Romani in tali regioni servissero
solo per le semplici adunanze del popolo, e per qualche spettacolo scenico di commedia o tragedia, avanti che
si costruissero i teatri a tal uso destinati; ed in tale circostanze si formavano al d'intorno palchi per gli spettatori,
che si dicevano hpìu come nel seguito faremo conoscere.

Il foro dai Greci era detto àyopk, ed in esso il popolo si radunava per tenere concione, onde àyopvnk si diceva
il concionatore, ossia l'oratore che vi teneva discorso. Così con egual nome si designava il luogo ove si vendevano
le cose venali, e le venali cose stesse (3). E così pure si sopranomava àyopuìc», quell'edilizio sacro, o quell'ara
dedicata a qualche nume che in essi si collocava, come se ne rinvengono documenti presso gli scrittori antichi.
Il foro appo i Greci non venne forse con egual costruzione, e con portici uniformi tutto l'intorno edificato, se
non dopo che i Pcomani ebbero conquistata tutta la Grecia; poiché questi colla loro grandezza e magnificenza
portarono ovunque il gusto per le grandi fabbriche regolari. E questa regolare disposizione pare che soltanto
anche presso di loro venisse propagata, allorché ebbero colle vittorie ingrandito il loro potere; e per l'appunto
in tale epoca Cesare, che fu uno dei conquistatori della Grecia, aggiunse il primo nella città capitale dell'im-

(4) Graeci in quadrato amplissimis et duplicibus porticibus
fora constituunt, crebrisque columnis, et lapideis aut marmorei*
epistjliis adornarti, et supra ambidationes in contignationibus fa-
ciunt. Italiae vero urbibus non eadem est ratione faciendum, ideo
quod a majoribus consuetudo tradita est, gladiatoria matterà in
foro davi. Igitur circum spectacula spatiosiora intercolumnia di-
stribuantur, circaque in porticibus argentartele tabernae moeniana-
que superioribus coaxationibus collocentur, quae ad usum et ad
vectigalia publica recte erwit disposila. Magnitudines autem ad
copiam hominum oportet fieri, ne parvum spatium sit ad usum,
aut ne propter inopiam populi vastum forum vìdeatur. Lalitudo

autem ita fniantur, liti longitudo in tres partes cum divisa fuerit
ex bis duae partes ei dentar. Ita finiantur, uti longitudo in tres
partes cum divisa fuerit utilis dispositio. [Fitnw. Lib. F. e. 1.)

(2) Lue. Demon. Tom. II. e. 57.

(3) 'Ayepòh "h àotXiu/a* o&v b TSéartìp «yopsTnJj, vai b tcitcq, èvSa
TWtpéKKSVroa rà «via, vm aura &>tx. (Snida in 'Ayopòi). Queste denomi-
nazioni si confermano in particolare con quanto scrisse Plutarco
in Solone ed in Pericle, Aristotile nella Politica, Senofonte nel-
l'Economia e con altri scrittori antichi, e questo nome si faceva
derivare da à'jépa, die significa lo stesso ciò che da noi si designa
col congregarsi in grande numero.
 
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