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CH. HUELSBN
Ma essendo, in questi ultimi anni, passata la vigna in altre
mani, ebbi l'agio di visitarla ripetutamente. In una di queste
visite, nel 1898, mi furono mostrati nel piccolo casale della vigna
due frammenti di una grande lapide di marmo venuti fuori ca-
sualmente, per i soliti lavori agricoli, e portanti l'iscrizione della
quale si esibisce nella Tav. II una riproduzione presa da un
esattissimo calco.
Il frammento (alto m. 0,35, largo m. 0,49) fa parte di una
tavola di marmo ordinario lunense (spessore m. 0,03) cinta da
una cornice molto semplice. Sebbene la lapide sia monca di sotto
e dalla parte destra, le dimensioni approssimative si' possono
calcolare facilmente, perchè l'iscrizione è concepita in versi di-
stici conservati appena per metà: la larghezza quindi, compresa
la cornice, si può calcolare a m. 1,20 - 1,30. L'altezza è meno
certa, perchè non possiamo sapere quanti versi seguissero dopo
l'ultimo conservato. Ma supponendo che il carme fosse composto
di non più di quattro distici, — e che fosse concepito in distici,
non in semplici esametri, diventa chiaro dalla collocazione delle
lettere nel principio delle righe 2. 4. 6 che l'altezza era di più di
un metro. Quindi arriviamo a dimensioni eccessive per una ta-
vola cimiterale ; ed oltre a ciò le frasi sebbene tronche fanno
pure capire che non si tratta di un semplice epitaffio. Disgrazia-
tamente il frammento non si riconnette con veruno di quelli tro-
vati negli scavi del '68, nè per la reintegrazione ci vengono in
aiuto apografi esistenti in sillogi antiche: e dovremo quindi limi-
tarci ad intravedere approssimativamente il contenuto delle sin-
gole frasi.
Di speciale importanza è il principio. Che le parole hoc itère
si debbano prendere per caso sesto, è accertato anche dalla pro-
sodia del pronome hòc. Della declinazione iter iteris invece del
classico iter itineris non mancano esempi nel latino arcaico:
(iteris Naev. trag. 36. Acc. trag. 627 ed. Bibbeck; itère Acc.
trag. 499. Lucret. 5, 651. Varrò sat. Menipp. 75, cf. Jul. Hygin.
CH. HUELSBN
Ma essendo, in questi ultimi anni, passata la vigna in altre
mani, ebbi l'agio di visitarla ripetutamente. In una di queste
visite, nel 1898, mi furono mostrati nel piccolo casale della vigna
due frammenti di una grande lapide di marmo venuti fuori ca-
sualmente, per i soliti lavori agricoli, e portanti l'iscrizione della
quale si esibisce nella Tav. II una riproduzione presa da un
esattissimo calco.
Il frammento (alto m. 0,35, largo m. 0,49) fa parte di una
tavola di marmo ordinario lunense (spessore m. 0,03) cinta da
una cornice molto semplice. Sebbene la lapide sia monca di sotto
e dalla parte destra, le dimensioni approssimative si' possono
calcolare facilmente, perchè l'iscrizione è concepita in versi di-
stici conservati appena per metà: la larghezza quindi, compresa
la cornice, si può calcolare a m. 1,20 - 1,30. L'altezza è meno
certa, perchè non possiamo sapere quanti versi seguissero dopo
l'ultimo conservato. Ma supponendo che il carme fosse composto
di non più di quattro distici, — e che fosse concepito in distici,
non in semplici esametri, diventa chiaro dalla collocazione delle
lettere nel principio delle righe 2. 4. 6 che l'altezza era di più di
un metro. Quindi arriviamo a dimensioni eccessive per una ta-
vola cimiterale ; ed oltre a ciò le frasi sebbene tronche fanno
pure capire che non si tratta di un semplice epitaffio. Disgrazia-
tamente il frammento non si riconnette con veruno di quelli tro-
vati negli scavi del '68, nè per la reintegrazione ci vengono in
aiuto apografi esistenti in sillogi antiche: e dovremo quindi limi-
tarci ad intravedere approssimativamente il contenuto delle sin-
gole frasi.
Di speciale importanza è il principio. Che le parole hoc itère
si debbano prendere per caso sesto, è accertato anche dalla pro-
sodia del pronome hòc. Della declinazione iter iteris invece del
classico iter itineris non mancano esempi nel latino arcaico:
(iteris Naev. trag. 36. Acc. trag. 627 ed. Bibbeck; itère Acc.
trag. 499. Lucret. 5, 651. Varrò sat. Menipp. 75, cf. Jul. Hygin.