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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 5.1902

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Fasc. 1
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Bibliografia artistica
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https://doi.org/10.11588/diglit.24147#0073

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BIBLIOGRAFIA ARTISTICA

35

Mario Morelli. Il ritratto di Carlo Vgio-
vine, dipinto di Bernardo van Orley con-
servato nel Museo di Napoli. Napoli, Ve-
raldi, 1901.

Non è di Bernardo van Orley, cui l’attribuisce l’A.,
piuttosto si avvicina alle opere di Hans zu Schwaz,
che esegui ritratti di re Ferdinando, fratello dell’im-
peratore Carlo V e di Anna sua moglie (1521, 1523,
1525. 1530).

Certo non si può pensare in alcun modo a un pit-
tore belga, molto meno poi a Barent van Orley. Nè può
dirsi che il ritratto fu messo da van Orley sopra una
via nuova, « uscendo dalle forme stereotipate e fredde
che caratterizzano van Eyck ». I van Eyck furono due,
e furono tanto grandi da tenere nell’ombra delle loro
immense figure i van Orley e una folla d’altri pittori
nati e cresciuti per omnia saecula.

V.

12.

Arti minori: miniatura, musaico, Intaglio e tarsia, oreficeria,
smalti, vetreria, ceramica, legature di libri, ecc.

H. V. Sauerland e A. Haseloff: Der
Psatter Erbinhof Egberts von Trier - Codex
Gertrudianus in Cividale. Con 62 fototipie
Trier Selbstverlag der Gesellschaft fiir nutz-
liche, Forschungen, 1901.

Due eccellenti pubblicazioni del passato anno, edite
anche con gran lusso esteriore, sono nuova testimo-
nianza dei generosi sforzi della critica tedesca nell'in-
vestigare le più remote età dell’arte medioevale d’oc-
cidente, seguendo il movimento al quale hanno dato
impulso il Krauss ’, il Janitschek1 2 e il Voge.3 Voglio
dire il libro di G. Swarzenski sulle miniature di
Ratisbona nel x e xi secolo, e l’opera della quale
parliamo, pubblicazione commemorativa della società
per le utili ricerche di Trier fatta per celebrare il cente-
nario della sua fondazione. Il compito d’illustrare il co-
dice che va sotto il nome di Code.r Gertrudianus, il più
rinomato che conosciuto salterio di Egberto, fu affi-
dato a due eruditi e diviso fra loro in modo che
al dottor Sauerland spettassero le ricerche di critica
storica e al dottor Haseloff quelle di storia dell’arte.

In tal modo completandosi a vicenda i due autori
hanno dato vita insieme ad un’opera che è un vero mo-
dello di simil genere di monografie.

Il dott. Sauerland scoprì, desumendole dallo stesso
manoscritto, le curiose vicende alle quali esso andò sog-
getto. Cioè come essendo stato scritto per Egberto pro-

1 Die Wandgemalde in der S. Georaskicrhe zu Oberzell, 1883 ;
Die Miniaturen des Codex Egbertì, 1884. :

2 Die Trierer Ada, Handschrift, 1889'.

3 Eine deutsche Malernhule und di Wende des ersten Jahrlans-
ends, 1891.

babilmente fra gli anni 984 e 993 e ornato di miniature
(la dedica e i ritratti dei vescovi di Trier) e di stu-
pende iniziali, fosse già nel secolo xi lanciato dalla
sorte fino in Russia, e come colà si arricchisse delle
importanti orazioni Gertrudiane e di cinque pitture
che per la loro età sono di grandissima importanza
alla storia dell’arte russa, ed infine come ritornasse in
Germania e trovasse finalmente stabile sede a Cividale.

Il dott. Haseloff, uno dei giovani studiosi di storia
dell’arte che più fanno onore alla Germania, — l’autore
del libro : Eine Thuringisch-sachsischen Mdlerschule
des XIII jahrhunderts, 1897, e dell’importante studio
del Codex Romanensis, 1898, — non si limitò alla de-
scrizione delle miniature e a fissarne bene il luogo di
origine, ma estese le sue ricerche ai larghi domini del-
l’arte al tempo degli Ottoni e intese a chiarire le in-
time relazioni e somiglianze con l’arte dei periodi pre-
cedenti. Il suo tema era di gran lunga meno grato di
quelli propostisi dal dott. Swarzenski o dal giovane
Vòge nelle opere sopra citate, che riuscirono veramente
fondamentali per gli studi. Non si trattava qui come
in quelle di una scuola largamente diffusa che avesse
una vera unità, ma solo di alcuni codici che sono più
o meno affini tra loro e di uno stile che segna nel-
l’arte un periodo di transizione.

Per metter bene in chiaro il loro valore l’A. si
trovava di per sè costretto a rivolgersi e al cosiddetto
codice di Egberto di Trier, e alla scuola messa in
luce dal Vòge, e alla scuola di Echternarber e a
quella carolingia del codice di Ada, che continua a
dar segni di vita fino al sorgere dell’arte del periodo
degli Ottoni.

Una simile ricerca quanto più era piena d’inte-
resse dal punto di vista dell’arte, doveva altrettanto
naturalmente riuscire mancante nella esposizione di
una vera unità, in causa appunto di una così grande
estensione.

L’autore sa però sempre tener fermo il filo della
sua complicata trattazione e alla fine viene alle impor-
tanti conclusioni che non solo il codice di Egberto
a Trier, ma anche il salterio di Egberto a Cividale in-
sieme coi suoi parenti più vicini e la scuola del Vòge
largamente diramatasi ; insomma diversi, ma contem-
poranei indirizzi d’arte, devono avere avuta la loro
origine tutti a Raichenau.

Qui presso il Bodensee sorse il nuovo stile e di qui
fu trapiantato a Trier. Reichenau e Trier sono così i
due centri della pittura tedesca del tempo degli Ottoni,
a confronto dei quali tutte le altre scuole, come quella
di Colonia, di Fulda, di Ratisbona, hanno una limitata
importanza.

Se con ciò sia veramente stata data una finale so-
luzione al difficile problema dobbiamo lasciare che ri-
spondano le future ricerche nello stesso tema. Ma
l’argomentazione del Haseloff, poggiata su ben fondate
conoscenze, ha ad ogni modo molto peso, e col suo
 
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