Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 5.1902

DOI Heft:
Fasc. 1
DOI Artikel:
Bibliografia artistica
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.24147#0075

DWork-Logo
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
BIBLIOGRAFIA ARTISTICA

37

lentemente drammatico e narrativo delle miniature di
Trier. Del fiorire della scuola di Ratisbona ai tempi
di Enrico II sono splendidi monumenti il sacramen-
tario dello stesso Imperatore e l’evangelario di Uta,
abbadessa del Niedemùnsler, che già unbel posto
occupavano nella letteratura artistica, ma che qui
studiati con speciale diligenza e dottrina.

Per il sacramentario di Enrico II l’autore dimostra
evidentemente come derivi dal codex aurens di Ro-
mualdo, e nelle tavole mette a riscontro le riprodu-
zioni delle pagine dell’uno e dell’altro codice che si
corrispondono in modo palese.

Un copista fine e più evoluto ha tradotto come in
un’altra lingua più bella e splendente l'opera del più
vecchio miniatore che lavorava invece con certa ori-
ginalità. Il fondo è trattato come ricca stoffa ; il bordo
forma un tutto unito e fuso con le figure, contraria-
mente alla grande scuola della Germania dell’ovest,
dove, a somiglianza delle miniature antiche, il bordo
dà risalto alle figure. Nella grandiosità, nella forza,
nell'imponenza, le scene dell’Imperatore in trono,
e della sua ideale coronazione per mano di Cristo, si
avvicinano, soprattutto per il loro carattere simbolico,
più alla miniatura carolingia che a quella del tempo
degli Ottoni. In tutte le altre tavole, solo il panneg-
giare è bizantineggiante, ma in quella della Crocefìs-
sione tutto deriva e dipende da un originale bizantino.

L’evangelario di Uta, abbadessa del Niedermùnster,
si può ritenere quasi contemporaneo al sacramentario
di Enrico II (fra il 1002-1014). La miniatura più inte-
ressante del codice di Uta è certamente quella della
Croce fissione, con le strane figure della vita e della
morte e con un grandissimo numero d’iscrizioni, che
non hanno solo uno scopo esplicativo o decorativo,
ma un significato simbolico ed una importanza spe-
ciale. Quattro di queste iscrizioni trasversali alla croce
ci danno i rapporti delle scienze medioevali della mu-
sica, o della matematica, con la divinità. Vi troviamo
le proporzioni fra il iv, il vi, 1’viti e il xm che
dànno. il diapente, il diatesarron e il diapason sympho-
niarum. Al principio del Mille il monastero di Sant’ Em-
meram era diventato una vera università delle scienze
musicali, alla quale aveva attinta la sua dottrina il
più importante teorico musicale del medioevo: Gu-
glielmo von H issan.

A differenza del sacramentario di Enrico II, l’evan-
gelario di Uta appartiene alla grande scuola della mi-
niatura tedesca del sud-ovest, che fiorì dopo il tempo
degli Ottoni con un indirizzo nuovo, derivato dalle
più antiche miniature cristiane. È la stessa scuola del
gruppo di codici, studiato dal Vóge che deriva da Trier,
e lo Schwarzenski cerca di meglio determinarla e di
seguirne più minutamente il diffondersi nei vari centri
artistici della Germania. Solo nel segnare le pieghe delle
vesti non col colore ma con linee dure, il codice delle
monache di Ratisbona si allontana dalla scuola tedesca

del sud-ovest, mentre ad essa maggiormente si avvi-
cinava il libro degli Evangeli di Enrico II della Vati-
cana (Cod. Vat. Ott. Lat. 74). L’autore non lo co-
nosce che per riproduzioni, ma lo studia minutamente
e lo dà alla scuola di Ratisbona.

In seguito lo Schwarzenski tratta di due cicli figu-
rati della vita di Cristo importanti iconograficamente
perchè mostrano dei diretti influssi bizantini, e perchè
mentre si devono per dati storici e stilistici attribuire ai
monasteri di Ratisbona, si allontanano dai soliti cicli
della scuola tedesca dell’ovest. Il primo di questi le-
zionari, che ha numero 15713 nella biblioteca di
Monaco, nelle varie scene evangeliche, latte cinte
da architetture e contornate da torrette e da mura
mostra distintamente l’opera di tre artisti diversi e
quasi opposti tra loro per abitudini e tradizioni arti-
stiche. La prima di queste maniere risponde perfet-
tamente a quella del sacramentario di Enrico II, e
palesa uno stesso modo di esprimersi, la stessa tecnica,
lo stesso gusto di colori e tanta somiglianza che il
lezionario della biblioteca di Monaco non può essere
creduto posteriore più di una generazione al sacramen-
tario e la sua esecuzione va quindi posta verso il 1040.
La seconda maniera è di un artista di tradizioni ben
diverse, che si accosta aU'evangelario della Vaticana
e dev’essere confrontata coi capolavori della scuola
bavarese, nati sotto l’influsso della nuova corrente che
s’ispirava alle antiche miniature cristiane. La terza
maniera sta fra queste due, ma ha speciali caratteri-
stiche ; di modo che bisogna ammettere che tre artisti
di scuole diverse hanno qui contribuito ad ornare un
unico manoscritto; dal che l’autore trae ragione a con-
fortare la sua tesi del rapido diffondersi e confondersi
in uno stesso luogo delle varie correnti artistiche, di
modo che l’interezza della scuola localizzata, come la
concepiva il Vóge, non deve ritenersi per vera.

Al lezionario di Monaco si avvicina, per la rispon-
denza iconografica delle storie della vita di Gesù, quello
della biblioteca dei benedettini a Salisburgo, mentre
per la tecnica è invece prossimo alle opere del deca-
dere della scuola. Porta il nome del maestro Bertol,
rimasto finora ignoto alla letteratura artistica. Non si
può disconoscere la derivazione di questo maestro da
quello bizantineggiante della prima maniera del pre-
cedente lezionario, ma i molti caratteri di decadenza

10 rendono quasi 1’ anello di congiunzione fra le
opere della prima metà del secolo xt e quelle della
seconda.

Ultimo prodotto della scuola di Ratisbona, quando

11 rivolgimento avvenuto nella vita spirituale tedesca
con le lotte del gregorianismo aveva posto fine alla
bella età d'oro dell’arte dei conventi, è l’evangelario
di Enrico IV, conservato nel duomo di Krakau, chè
solo da caratteri esterni e storici può essere attribuito
a Ratisbona, e che, come unico monumento in un
tempo tanto improduttivo, è una bella protesta del
 
Annotationen