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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 5.1902

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Fasc. 2
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D'Ancona, Paolo: Le rappresentazioni allegoriche delle arti liberali nel medio evo e nel rinascimento, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24147#0181

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LE RAPPRESENTAZIONI ALLEGORICHE DELLE ARTI LIBERALI

139

Ma qual fu la causa per cui il numero delle arti fissato a nove da Varrone, e vago e sal-
tuario negli altri scrittori ricordati si afferma poi definitivamente col numero sette? E come
mai il sette ebbe una fortuna così speciale in quasi tutte le concezioni mistiche del medio evo,
da esser dichiarato più misterioso d’ogni altro dai padri della Chiesa? Il sette essi dicevano
numero mistico per eccellenza, come quello che risulta composto dal quattro e dal tre, cifre
esprimenti l’una il corpo, l’altra l’anima umana, le quali assommate vengono a significare
la colleganza di due nature diverse. Il sette si riscontra ancora in tuttociò che intimamente
riguarda la vita dell’uomo, divisa in sette lunghi periodi, a ciascuno de’ quali è peculiare la
pratica di una data virtù. Ma la via della virtù non potrebbe seguirsi e prenderebbero il
sopravvento i setti peccati capitali, qualora gli uomini non indirizzassero al Signore le sette
domande del Pater no ster, e non fossero sostenuti dai sette sacramenti. Questo numero
esprime pure il vincolo intimo che lega l’uomo al creato, e che durerà per sette lunghi
periodi. Ognuna delle età della vita è sottoposta all’ influsso vicendevole dei sette pianeti ;
Dio ha creato il mondo in sette giorni, e sette volte in un giorno bisogna celebrarne le
laudi. Infine i sette toni della musica gregoriana rendono immagine sensibile dell’ordine uni-
versale e maraviglioso del creato. '

Nondimeno queste ricordate son quasi tutte concezioni mistiche abbastanza tarde, dalle
quali certo il nostro canone non ha potuto trarre nascimento. Noi incliniamo piuttosto a
credere, e anche cronologicamente la cosa combina, che siasi voluto stabilire un parallelismo
fra le scienze e il numero dei pianeti allora a conoscenza degli uomini, e ciò per le intime
analogie di struttura, certo non tutte originate dal caso, che si riscontrano fra la dottrina
astronomica e quella che regolava il sapere.

Sette furono creduti i pianeti, e sette furono di conseguenza le scienze; ma dacché quelli
venivano a trovarsi come involti e compresi da due cieli mobili soprastanti, oltre i quali
solo troneggiava l’Empireo, anche a capo delle scienze se ne volle porre due più nobili ed
alte, la filosofia cioè e la teologia, dopo le quali non resta che la piena visione di Dio.
Inoltre, quella medesima gradazione ammessa fra i varj pianeti, per cui quello più vicino
all’Empireo era stimato più nobile dei precedenti, la riscontriamo anche nell’ambito delle
scienze, essendo i poli estremi di queste formati dalla scienza grammaticale, umile e bassa
più d’ogni altra, e dalla filosofica, che delle altre è coronamento e fastigio. L’intera vita umana
venne a dividersi, secondo le idee medioevali, in sette lunghi periodi, durante i quali l’uomo
era soggetto all’ influsso di un determinato pianeta e doveva rivolger la mente allo studio di una
diversa disciplina. Appena nato il bambino è preso ad allevare dalla Luna, e passa poi suc-
cessivamente nella soggezione di Mercurio, di Venere, del Sole, di Marte e di Giove, per essere
in ultimo consegnato al frigido Saturno, che lo tiene in balia sino al giorno della morte.2
Questa la parabola della vita umana, analoga del resto a quella che si riscontra nel campo
delle discipline, dappoiché l’uomo non può giungere al più alto gradino del sapere, senza
esser passato per la trafila degli antecedenti.

Allegoricamente espresse questo medesimo concetto Boezio, immaginando segnata sulla
veste della Filosofia, che prese a consolarlo nel carcere, una scala, la quale, partendo dal
lembo superiore della veste, trovava termine in basso, all’orlo estremo.1

Per concludere, a noi sembra che Dante ( Convito, II, XIV) non si alzò sulle ali del proprio
ingegno nell’affermare questa intima corrispondenza fra le scienze ed i cieli, ma altro non fece
che attingere ad una tradizione antichissima, sorta forse col sorgere stesso del nostro canone.

1 Émile Male, Vart relìgieux du XIIIe siècle en
Franse, Paris, 1898, pag. 14 e 15. Vedi pure il Com-
mentario del Buti al XXV del Purgatorio'.

2 Didron, Les Planètes, in Ann. Ardi., t. XVII,
pag. 296.

3 Arrigo da Settimello, nel suo poemetto De Di-

versitate Fortume, infelice e pedissequa imitazione del
De Consotatìone, narra pure di una donna splendente,
soavissima e virtuosa, la quale venne a consolarlo ac-
compagnata da sette Vergini, cioè dalle sette Arti
Liberali. (V. Polycarpi Leyseri: Hist. Poetar, et Poe-
matum mediì aevi, pag. 476).
 
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