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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 19.1916

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Fasc. 1
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Venturi, Lionello: Opere di scultura nelle Marche
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https://doi.org/10.11588/diglit.17336#0096

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LIONELLO VENTURI

nell'architettura, l'insieme è costituito di un elemento architettonico puro (la cassa),
e eli una o più statue a tutto tondo. Nè l'esecuzione della scultura contrasta con questo
ravvicinamento concettuale. La statua di Giovanni Emo, ora nel Museo di Vicenza,
ha il volto sfaccettato crudamente energicamente come quello del S. Nicola; e in am-
bedue le statue le pieghe cadono a terra a cannelloni rigidi, quasi a costituire un pie-
destallo ai lati e dietro la statua, e si muovono soltanto attorno la gamba sinistra a fine
di rilevarne il movimento, d'illusoria avanzata. E tale motivo si ripete, con la medesima
forma, nella statua di S. Elena, cui s'inginocchia Vittor Cappello. D'altronde nell'opera
tolentinate, la piena quasi violenta energia dell'effetto plastico, non disgiunta da un lieve
ricordo di gotico movimento della massa della figura, rappresenta tipicamente l'arte di
Antonio Rizzo. Dopo di che, tuttavia, non mi sento affatto il coraggio eli attribuire ad An-
tonio Rizzo il monumento tolentinate.

Anzi tutto la decorazione e anche la sagoma architettonica della cassa non ha il
carattere del Rizzo, ma si riconduce all'arte di Agostino di Duccio, come si è detto.

Poi, è noto che nel 1474 Antonio Rizzo prendeva parte all'assedio di Scutari.1

È vero: la cassa può essere stata eseguita da un artista, e la statua da un altro.
Ma con questo s'inizia un campo di supposizioni, nel quale non voglio entrare. E però
mi limito a rilevare i caratteri stilistici del monumento, che sono quelli di Agostino di
Duccio per la cassa, di Antonio Rizzo per la statua. Non raggiungo quindi una conclu-
sione storica, che reputo per ora impossibile. Sembra in ogni modo lecito di conchiudere
che l'opera non fu eseguita a Roma, nè mandata da Roma ; ma piuttosto commessa a un
artefice, ignoto e grande, il quale alla tradizione di Giorgio da Sebenico diffusa nelle Marche
doveva la capacità di comprendere e di assimilare l'arte di un Agostino e di un Rizzo.

La statua tiene con la destra un libro, e con la sinistra una testa di fanciullo
donde partono raggi, e a cui si rivolge osservando il volto del Santo.

Il motivo allude a una visione ricevuta da S. Nicola, appena iniziato al sacerdozio.
Racconta infatti Pietro da Monte Rubbiano 2 che in una notte successiva alla dome-
nica, poco dopo che Nicola s'era addormentato, « ecce anima quaedam voce magna
et cjulatu non modico vocat eum: Erater, inquit, Nicolac vir Dei, respice in me. Qui
ipsam respiciens, et quia eam intuitus, viventem non noverat, recognoscere satagens,
sed non volens, quis esset, concitus perquisivit. Cui respondit illa: Ego sum anima
Fratris Peregrini ex Auximi civitate, quem viventem me servum tuum nosti: crucior
enim in hac fiamma; cuius contritionem Deus non renuens, ut non ad poenam ac-
ternam, quam ut fragilis memi, sed ad purgatorium me sua misericordia deputavit.
Te igitur humiliter precor, Missam digneris prò mortuis celebrare, ut ab his tandem
fìammis eripiar ». E per impietosire Nicola, l'anima gli mostra una gran moltitudine di
puniti, la maggior parte dei quali con un'apposita messa egli avrebbe potuto salvare.
Nicola dice la messa, e a lui riappare Fra Pellegrino ad avvertirlo d'esser stato salvato
insieme con la maggior parte della moltitudine.

Questo miracolo, che fu il primo compiuto da Nicola appena fatto sacerdote, è stato
dunque scelto dall'autore del monumento come motivo della statua; ed è stato usato
da lui come magnifico pretesto per muovere la figura del Santo, quasi ad accompagnare
col corpo l'attenzione degli occhi che si fissan sopra e voglion conoscere l'anima apparsa,
cui la fiamma attorniante è stata interpretata per mezzo di raggi. L'energia plastica,
il movimento tortuoso, come svolgentesi a fatica nelle pareti del blocco di marmo, servon
bene a rivelare l'ansiosa e pensosa attenzione del Santo.

Lionello Venturi.

J A. Venturi, Storia, VI, 1064.

2 Ada Sanctorum Septembris, t. Ili, Vcnetiis, MDCCLXI, pag. 646-7.
 
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