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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 19.1916

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Fasc. 1
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Venturi, Lionello: Opere di scultura nelle Marche
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https://doi.org/10.11588/diglit.17336#0071

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OPERE DI SCULTURA NELLE MARCHE

Nelle pagine seguentrsono presentate ai lettori alcune sculture importanti per arti-
stico valore, conservate nelle province marchigiane. La ragione della presentazione
consiste nel fatto che gli storici dell'arte sempre, e talora anche gli eruditi locali, hanno tra-
scurato di ricordarle nei loro scritti, mentre esse sono degnissime di conoscenza, come
spero il lettore vorrà facilmente ammettere. Fatta eccezione di un'opera, che è anche la
meno importante, non sono riuscito a precisare i nomi degli autori, e talvolta nemmeno la
posizione storica, così che mi son dovuto contentare di rilevare i caratteri stilistici Tale
condizione negativa si spiega, quando si rifletta che soltanto poche opere di scultura,
anteriori alla fine del secolo xv, sono state conservate nelle Marche. Mancano quindi
spesso gli oggetti con cui istituire un vantaggioso confronto.

[. Il Crocefisso di Matelica. — Nome d'autore o posizione storica, è, per esempio,
impossibile di determinare per il grande Crocefisso in legno scolpito, tinto di bruno scuro,
con qualche accenno nel volto a colori vivaci, conservato nel Duomo di Matelica (fig. i).
Infatti a nessuna opera di arte romanica o bizantina, ch'io mi conosca, esso può essere rav-
vicinato. Per esclusione si comprende che appartiene al sec. xin: allora, l'arte dell'intaglio
in legno raggiunse una abilità che fu assoluta in rapporto con lo stile romanico. D'altronde,
quando apparve il linearismo gotico, non fu più possibile attuare una visione di volume
così astratta e possente.

Di tempo prossimo, anche se alquanto posteriori alla statua di Matelica, conosco nelle
Marche i due Crocefissi della omonima chiesa di Numana, e della Cattedrale di Camerino. Il
primo ha anch'esso la testa eretta, gli occhi spalancati; le ginocchia già tendono a piegarsi;
le forme sono assai cilindriche; ma una certa qual indifferenza di mestiere nell'uso della forma
astratta toglie alla scultura valore di opera d'arte. Il Crocefisso di Camerino poi rivela nel
movimento delle ginocchia e della testa, nella accennata grazia dei lineamenti, nella ten-
denza insomma, sia pure appena adombrata, alla vita e al movimento, il presentire del non
lontano gotico trecentesco.

Nulla di ciò nel Crocefisso di Matelica. Il piano frontale della figura intera è di una ri-
gidezza, che non si potrebbe maggiore: e lo scultore sembra compiacersene. Com' egli sa
piegare le braccia, così, a maggiore ragione, avrebbe saputo fare del collo qualcosa che non
fosse un puro e semplice tronco. Come ha saputo indicare non senza finezza la rotula del
ginocchio e la tibia acuminata, così avrebbe saputo incavar meno il petto o gonfiar meno le
palme. Non ha voluto. Dal tronco d'albero, « per forza di levare», egli ha tratto l'immagine,
con desiderio pieno di mantener l'effetto originario del rigido cilindro. E perciò ha voluto
sporgenti e zigomi e mento perchè il naso meno avanzasse sul piano frontale, ha incavato il
petto perchè il collo apparisse per contrasto in tutta la sua forza cilindrica, e ha condotto
massiccio il drappo a unir le gambe al tronco umano, affinchè questo apparisse veramente
un tronco. I.e mammelle si continuano in un solo piano con le spalle perchè ne risulti la
nodosa origine delle braccia, che piegatesi a guisa di ramo fruttificano nelle mani tozze, come

L'Arte. xix. 4.
 
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