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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 23.1920

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Fasc. 1
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Lopresti, Lucia: Di alcuni affreschi pregevoli tra il secolo decimosesto ed il decimosettimo
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https://doi.org/10.11588/diglit.17340#0080

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54

LUCIA LO PRESTI

* * *

Con questa definizione si potrebbe considerar tutto detto, quello che si riferisce a
Pasquale Cati: ma bisogna aggiungere che egli fu forse l'ultimo appassionato attore della
vicenda pittorica che l'arte del Buonarroti fece svolgere durante il secolo decimosesto.
È, paragonata alla sua origine grandiosa, una piccola vicenda, assai scarsa di interessanti
motivi accidentali, ma assai commovente, così com'è campata tra un grande errore ed
una grande fede.

Michelangelo dipinse senza pensar gran fatto ai colori che inzuppavano il suo pen-
nello, si dice. Potremmo noi giurarlo? Senza dubbio il suo spirito intensamente avvolto
nella ricerca delle più profonde realizzazioni formali, non ebbe agio di fermarsi a consi-
derare a lungo il colore. Ma si può sicuramente affermare che colui che schiaffeggiò di
aspre luci corrodenti il gruppo della Sacra Famiglia agli Uffizi non avesse anche al colore
rivolte le sue indagini? Che dell'elemento cromatico non avesse una particolare conce-
zione? Non è il luogo questo di risolvere un tale problema. Diciamo dunque soltanto che
senza dubbio, tra il soffocato dilatamento delle sue forme attorte e conculcate, si diffuse
una tonalità plumbea e fredda che invase le tenui colorazioni e le armonizzò in un insieme
affascinante anche dal punto di vista coloristico.

Ora tra gli ammiratori innumerevoli del Grande ci fu anche qualcuno che, per natura,
sentiva simpaticamente il colore e che nello studio delle sue opere fu tratto ad ammirarne
e ad assorbirne anche l'effetto cromatico. L'effetto cromatico in Michelangelo? C'erano
dunque — si potrebbe domandare — degli spiriti leggeri che non entravano alla prima
nella profonda convinzione formale spirante potentemente da ciascuna opera del Buo-
narroti?

C'erano, eppur non erano tanto leggeri.

Erano menti che rimanevano attonite davanti all'opera forte e meditavano sotto
l'impulso di una prima impressione. E mentre i Vasari intisichivano i principi vitali della
grande arte, contraffacendone pedestremente gli esempi, questi fervidi ammiratori, tenaci
e fidenti, imitavano appassionatamente, non come plagiari, ma come apostoli; e attra-
verso l'imitazione spontanea ed improvvisa, si rivelava sovente la loro personalità.

È così che Marcello Venusti trova nella mediocrità del suo ingegno la possibilità
di cantare più o meno gradevolmente su tutta una gamma di grigi-lavagna e di rosa-sor-
betto; è così che il grande Pellegrino Tibaldi giunge ad impastare le sue forme possenti
e morbide insieme, sollevando i suoi colori corposi a una luce quieta e calda, priva
affatto degli usati balenamenti metallici.

Questi e, forse, altri pochissimi che fiorivano in iscarse opere e si reggevano per breve
tempo a galla tra l'imperversare degli Zuccari e dei Nebbia, elaborarono il succo della
pittura michelangiolesca, spremendolo dall' elemento coloristico che rinvennero nel
maestro.

Partendo da questo elemento, essi penetrarono a fondo nell'arte sua: e la riguarda-
rono tutta come conseguenza dell'apparenza cromatica di più superficie. Per Michelan-
gelo, la torsione forzata e involuta di un busto, è bella, in marmo o sul muro, per la
plasticità muscolare inclusa in poche linee compresse, così che egli la preferisce involta
ancora nel rozzo blocco di pietra che meglio ne sintetizza l'espressione figurativa: ma
Venusti, ma Tibaldi, ma Cati (oh Cati specialmente!) godono a rivoltare un torso contro
luce perchè prevedono, ciascuno a suo modo, le brillanti macchie di scoloramento e di
rincupimento che un potente gioco muscolare necessita.

Cati specialmente; il quale dopo l'incerto temperamento di Venusti che accenna e
non sa cominciare l'interpretazione coloristica del Buonarroti, dopo la geniale ricrea-
zione sintetica di Pellegrino, compie molto tardi, isolato puro michelangiolesco nei tempi
nuovi, in maniera leggiadra e suadente il dramma artistico iniziatosi alla morte del
grande fiorentino.
 
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