ALCUNI RILIEVI SULLA VITA E LE OPERE DI VALERIO BELLI 189
lèr sì «-he potè il Valerio disporre di tal opera,
acquistata da un Grimani che non potè poscia
verificare la sua disposizione per essere morto in
Cipro comandante della flotta veneta, restando
perciò a disposizione de' suoi discendenti ». La
leggenda però insncppfti i biografi del Belli i
(piali dichiararono ejà da tempo che questa non
fu che una ciurmerla « profittevole al Panigalli
per ricavare il prezzo di vendita ».* Contnttoriò la
ciurmerla ebbe insperata fortuna poiché anche
recentemente fu detto 2 che queste pregevoli opere
fuiono fatte da Valerio per Francesco 1 re di
Francia.3
A questo punto però qualcuno potrebbe osser-
vare che tanto nei candelabri quanto nella croce,
eccezion fatta per tre piccole rappresentazioni
poste alla base di quest'ultima, invano si ricer-
cano quelle « molte istorie della vita di Cristo »
come scriveva lo stesso Valerio al Duca di Mantova
oppure quelle « storie della Passione di Gesù
Cristo in vari spartimenti » come diceva il Vasari
parlando di queste opere. Senonchè ci soccorre
una verosimile ipotesi. Sembra a noi che i nove
cristalli, forse perduti * di cui il Principe Polacco
Stanislao Poniatowski possedeva, verso la fine
del secolo xvni, gli impronti in gesso riprodotti
in altrettante incisioni dal D'Agincourt nella sua
« Storia della Scultura ».3 non formassero origi-
1 Così in ima lettera dell'ab. Giuseppe Valentinelli al
Canonico Pietro Marasca in data 30 giugno 1865 riportata
in nota al Discorso letto nella chiesa di San Faustino in Vi-
cenza Udì 18 giugno 1865 dall'abate Bernardo Morsolin nella
occasione che la Società degli Artigiani inaugurava una lapide
a Valerio Belli nel quarto centenario della sua nascita (Vi-
cenza Tip. Paroni, 1865, p. 31).
2 Sul Burlington Magatine del 1906 (voi. IX, p. 124-128),
da H. P. MiTCHELL in un articolo illustrato «A aitar
cross and candlestieks said to have been made by Valerio
Belli for King Francis I ».
3 Giustamente però commentando quell'articolo del
Mitchell, in Arte del 1006 (p. 317) si metteva in quaran-
tena cosiffatta asserzione. La quale indubbiamente deriva
dalla frottola del Panigalli. Passata nel 1835 per tremila
lire a certo francese rnonsieur Debruge di Parigi (Ci-
cognara, Iscriz. venete) e de Bruye (Mf.neghelli, op. cit.)
venduta alla collezione Soltikof! o nel 1864 comperata
dal Viktoria and Albert Museum di South Kensington
(Londra).
* Potrebbe darsi però che qualcuno di quei cristalli
che furono venduti alla Maison Pourtalés nel 1865, rap-
presentanti «scènes de la passion... composées de quantité
de personnages » (Journal des Débals, 24 febbraio 1865)
altro non siano che i cristalli originari di quest'opera.
5 Leroux D'Agincourt, Storia dell'Arte, voi. IV, p. Oy.
Milano, 1825.
nanamente altra cosa che i tre piedestalli della
croce e dei candelabri. Pi ciò siamo convinti sia
per il significato logico delle parole del Belli (« uno
fornimento de altare »), sia per la conformazione
triangolare delle basi della croce e dei candelabri,
sia per la conformazione trapezoidale degli im-
pronti del Poniatowski e pel loro numero (nove),
infatti ogni tre impronti formerebbero un piede-
stallo; i tre maggiori, rappresentanti Cristo da
1
ì
1
ÈL
Fig. 6 — Valerio Belli : Croce di cristallo a Londra,
South Kensigton Museum.
Candelabro di cristallo a Gummersburg (Londra)
presso il Barone A. de Rothschild.
vanti a Pilato, La Flagellazione e il Portar della
Croce, quello della medesima; i sei minori, rap-
presentanti l'Entrata in Gerusalemme, la Lavanda
dei piedi, il Bacio di Giuda, la Deposizione nel
Sepolcro, Cristo al limbo, e YIncredulità di S. To-
maso, quelli dei candelabri. Mal si appose infatti
tanto il D'Agincourt stesso quanto il suo tradut-
tore quanto infine il Cicognara 1 credendo che gli
impronti fossero stati tolti dalla famosa casset-
tina degli Uffici. Non soltanto le formette qui
trapezoidali, nella cassetta quadrate o quadran-
golari, ma anche i soggetti sono diversamente
trattati. Nè si comprende d'altronde come in
una stessa opera l'artista si potesse permettere
1 Cjcognara Leopoldo, Storia della scultura. Venezia,
1816, voi. II, p. 422 e segg.
L'Arte. XXIII, 24.
lèr sì «-he potè il Valerio disporre di tal opera,
acquistata da un Grimani che non potè poscia
verificare la sua disposizione per essere morto in
Cipro comandante della flotta veneta, restando
perciò a disposizione de' suoi discendenti ». La
leggenda però insncppfti i biografi del Belli i
(piali dichiararono ejà da tempo che questa non
fu che una ciurmerla « profittevole al Panigalli
per ricavare il prezzo di vendita ».* Contnttoriò la
ciurmerla ebbe insperata fortuna poiché anche
recentemente fu detto 2 che queste pregevoli opere
fuiono fatte da Valerio per Francesco 1 re di
Francia.3
A questo punto però qualcuno potrebbe osser-
vare che tanto nei candelabri quanto nella croce,
eccezion fatta per tre piccole rappresentazioni
poste alla base di quest'ultima, invano si ricer-
cano quelle « molte istorie della vita di Cristo »
come scriveva lo stesso Valerio al Duca di Mantova
oppure quelle « storie della Passione di Gesù
Cristo in vari spartimenti » come diceva il Vasari
parlando di queste opere. Senonchè ci soccorre
una verosimile ipotesi. Sembra a noi che i nove
cristalli, forse perduti * di cui il Principe Polacco
Stanislao Poniatowski possedeva, verso la fine
del secolo xvni, gli impronti in gesso riprodotti
in altrettante incisioni dal D'Agincourt nella sua
« Storia della Scultura ».3 non formassero origi-
1 Così in ima lettera dell'ab. Giuseppe Valentinelli al
Canonico Pietro Marasca in data 30 giugno 1865 riportata
in nota al Discorso letto nella chiesa di San Faustino in Vi-
cenza Udì 18 giugno 1865 dall'abate Bernardo Morsolin nella
occasione che la Società degli Artigiani inaugurava una lapide
a Valerio Belli nel quarto centenario della sua nascita (Vi-
cenza Tip. Paroni, 1865, p. 31).
2 Sul Burlington Magatine del 1906 (voi. IX, p. 124-128),
da H. P. MiTCHELL in un articolo illustrato «A aitar
cross and candlestieks said to have been made by Valerio
Belli for King Francis I ».
3 Giustamente però commentando quell'articolo del
Mitchell, in Arte del 1006 (p. 317) si metteva in quaran-
tena cosiffatta asserzione. La quale indubbiamente deriva
dalla frottola del Panigalli. Passata nel 1835 per tremila
lire a certo francese rnonsieur Debruge di Parigi (Ci-
cognara, Iscriz. venete) e de Bruye (Mf.neghelli, op. cit.)
venduta alla collezione Soltikof! o nel 1864 comperata
dal Viktoria and Albert Museum di South Kensington
(Londra).
* Potrebbe darsi però che qualcuno di quei cristalli
che furono venduti alla Maison Pourtalés nel 1865, rap-
presentanti «scènes de la passion... composées de quantité
de personnages » (Journal des Débals, 24 febbraio 1865)
altro non siano che i cristalli originari di quest'opera.
5 Leroux D'Agincourt, Storia dell'Arte, voi. IV, p. Oy.
Milano, 1825.
nanamente altra cosa che i tre piedestalli della
croce e dei candelabri. Pi ciò siamo convinti sia
per il significato logico delle parole del Belli (« uno
fornimento de altare »), sia per la conformazione
triangolare delle basi della croce e dei candelabri,
sia per la conformazione trapezoidale degli im-
pronti del Poniatowski e pel loro numero (nove),
infatti ogni tre impronti formerebbero un piede-
stallo; i tre maggiori, rappresentanti Cristo da
1
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Fig. 6 — Valerio Belli : Croce di cristallo a Londra,
South Kensigton Museum.
Candelabro di cristallo a Gummersburg (Londra)
presso il Barone A. de Rothschild.
vanti a Pilato, La Flagellazione e il Portar della
Croce, quello della medesima; i sei minori, rap-
presentanti l'Entrata in Gerusalemme, la Lavanda
dei piedi, il Bacio di Giuda, la Deposizione nel
Sepolcro, Cristo al limbo, e YIncredulità di S. To-
maso, quelli dei candelabri. Mal si appose infatti
tanto il D'Agincourt stesso quanto il suo tradut-
tore quanto infine il Cicognara 1 credendo che gli
impronti fossero stati tolti dalla famosa casset-
tina degli Uffici. Non soltanto le formette qui
trapezoidali, nella cassetta quadrate o quadran-
golari, ma anche i soggetti sono diversamente
trattati. Nè si comprende d'altronde come in
una stessa opera l'artista si potesse permettere
1 Cjcognara Leopoldo, Storia della scultura. Venezia,
1816, voi. II, p. 422 e segg.
L'Arte. XXIII, 24.