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EVA TEA
figure nello spazio, reso con puro colore. Il bruno e il rosso predominanti vi si fondono
nel bigio come la bruciata epidermide del Guarienti con i toni freddi dell'armatura. Ma
il pregio della pala non va oltre una certa commozione cromatica, espressa nei rapporti
d'ambiente: nel ritratto c'è tutta la pienezza della vita artistica e naturale, e quel soffio
esaltato che costituisce il capolavoro. Corre fra le due opere un divario di potenza che le
rende incomparabili. Mentre cerco Caroto, ritrovo Paolo.
"H AwvaTÒ? Bovap^wri^st, r, BovscppwTÒ; Scova-u-i^sÈ scriveva l'eccellente Borghini sulle
carte disegnate da Donatello e da Michelangelo. Ma se nel suo caso la derivazione storica
non comportava incertezze, e il dubbio risolvevasi in un motto di spirito, non cosi è del
quesito che ho voluto portare dinanzi al lettore.
Fig. 2 — Paolo Veronese: Particolare dell' Incoronazione d'Ester.
Venezia, S. Sebastiano.
Al quale fornirò ancora qualche semplice considerazione, affinchè da sè tragga
giudizio; osservandogli che il problema è dei più sottili ed utili per provar la giu-
stezza del comune metodo critico. Che Paolo, scolaro di maestro Badile, rimpatriando
nel 1556, si accostasse all'arte di Gian Francesco Caroto, è supposizione difficilmente con-
ciliabile con il suo momento artistico e con l'antagonismo verso i vecchi maestri, attri-
buitogli dalla tradizione e confermato dai documenti. La gara a cui il cardinal Gonzaga
pose e lui e il Brusasorzi e il Farinati e il Moro ha l'aria di una liberalità di mecenate
spregiudicato verso il secessionismo veronese del 1552; e il dubbio, espresso per lettera dai
quattro soci, che si mormorasse di loro, accusa un vento di fronda, attestato anche dal
Vasari, quando spiega il volontario esilio di « Paolino ». Una forza vincente doveva in-
vece sprigionarsi da questo giovine, venuto su come per miracolo, suggendo con l'arte
dei padri la midolla di due leoni, Michelangelo e Tiziano; i cui collaboratori paiono in-
vasati da malìa gioiosa, mentre operan con lui; languenti di noia, se soli.
Dipingere, come « Paolino », largo, spedito, vivo, quale pericolo, ma anche quale ten-
tazione per quei vecchi maestri, costretti dalla rapida mutazione dei tempi a rammoder-
narsi ogni decennio! L'attività dei fratelli Caroto, nei tardi anni che la critica storica ha
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figure nello spazio, reso con puro colore. Il bruno e il rosso predominanti vi si fondono
nel bigio come la bruciata epidermide del Guarienti con i toni freddi dell'armatura. Ma
il pregio della pala non va oltre una certa commozione cromatica, espressa nei rapporti
d'ambiente: nel ritratto c'è tutta la pienezza della vita artistica e naturale, e quel soffio
esaltato che costituisce il capolavoro. Corre fra le due opere un divario di potenza che le
rende incomparabili. Mentre cerco Caroto, ritrovo Paolo.
"H AwvaTÒ? Bovap^wri^st, r, BovscppwTÒ; Scova-u-i^sÈ scriveva l'eccellente Borghini sulle
carte disegnate da Donatello e da Michelangelo. Ma se nel suo caso la derivazione storica
non comportava incertezze, e il dubbio risolvevasi in un motto di spirito, non cosi è del
quesito che ho voluto portare dinanzi al lettore.
Fig. 2 — Paolo Veronese: Particolare dell' Incoronazione d'Ester.
Venezia, S. Sebastiano.
Al quale fornirò ancora qualche semplice considerazione, affinchè da sè tragga
giudizio; osservandogli che il problema è dei più sottili ed utili per provar la giu-
stezza del comune metodo critico. Che Paolo, scolaro di maestro Badile, rimpatriando
nel 1556, si accostasse all'arte di Gian Francesco Caroto, è supposizione difficilmente con-
ciliabile con il suo momento artistico e con l'antagonismo verso i vecchi maestri, attri-
buitogli dalla tradizione e confermato dai documenti. La gara a cui il cardinal Gonzaga
pose e lui e il Brusasorzi e il Farinati e il Moro ha l'aria di una liberalità di mecenate
spregiudicato verso il secessionismo veronese del 1552; e il dubbio, espresso per lettera dai
quattro soci, che si mormorasse di loro, accusa un vento di fronda, attestato anche dal
Vasari, quando spiega il volontario esilio di « Paolino ». Una forza vincente doveva in-
vece sprigionarsi da questo giovine, venuto su come per miracolo, suggendo con l'arte
dei padri la midolla di due leoni, Michelangelo e Tiziano; i cui collaboratori paiono in-
vasati da malìa gioiosa, mentre operan con lui; languenti di noia, se soli.
Dipingere, come « Paolino », largo, spedito, vivo, quale pericolo, ma anche quale ten-
tazione per quei vecchi maestri, costretti dalla rapida mutazione dei tempi a rammoder-
narsi ogni decennio! L'attività dei fratelli Caroto, nei tardi anni che la critica storica ha