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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 27.1924

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Fasc. 2
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Moschini, Vittorio: Giaquinto artista rappresentativo della pittura barocca tarda a Roma
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lofi

VITTORIO MOSCHINI

gazione dell'arte per la funzione pratica e il voler
ridurre l'arte ad essere esclusivamente la logica di
quella necessità utilitaria.

Dopo l'arte barocca immediata fino ad un mi-
stico sensualismo, tanto più appare l'intellettua-
lismo del movimento neoclassico, che possiamo co-
gliere in molteplici manifestazioni e specie nella re-
staurazione del disegno, definizione ideale astratta
della forma, come nella tendenza a stabilire le
leggi delle arti e l'essenza di ciascuna di esse, men-
tre poche volte come nel periodo barocco tutte le
arti erano state sentite (nell'attività degli artisti
se non nelle disquisizioni dei teorici) nella loro
unità ed avevano concorso a produrre un sintetico
risultato.

L'intellettualismo neoclassico, che fu per noi una
vera invasione straniera, inglese, tedesca e fran-
cese, venne a trovare un suo centro, anzi direi
il suo centro, per ciò che si riferisce all'archeo-
logismo, in Roma, mèta dei pellegrinaggi degli
uomini illuminati d'ogni nazione, sì da darle una
nuova importanza di centro culturale.

Da una parte, dunque, esaurirsi del barocco se-
centismo romano, dall'altra affermazione di un
nuovo mondo intellettuale: tra questi due termini
viene ad essere compresa, all'incirca, la prima metà
del Settecento romano e di quei movimenti dobbia-
mo tener conto se vogliamo comprendere il signi-
ficato delle manifestazioni artistiche anche dei sin-
goli pittori che tanto meglio saranno determinati
pensandoli nel loro ambiente storico.

Ben si comprende che non tutte le pitture degli
artisti che operarono in Roma nella prima metà
del Settecento potrebbero essere interpretate come
manifestazioni di un'unica tendenza. Potremmo di-
stinguere grosso modo due correnti contemporanee:
tardo barocco e accademismo.

Siccome la prima è quella che particolarmente
mi propongo qui di studiare nell'opera del suo ar-
tista rappresentativo, accennerò al significato della
seconda per definir meglio l'altra.

Possiamo dire accademismo tanto per intenderci,
per dare un nome a quanto v'è di comune nelle ten-
denze di taluni artisti del tempo, primi fra tutti il
Muratori e il Benefial. Notiamo in essi una interes-
santissima ricerca di contenuto che a volte si ma-
nifesta in un drammatismo retorico che è addirit-
tura un antenato della teatralità ad effetto senti-
mentale di taluni pittori romantici di peggior gusto.

In quanto a retorica dell'effetto drammatico il
Muratori tiene veramente il primo posto. Nelle
scene da lui dipinte vediamo figure che si agitano
fino a gridare a squarciagola, contrapposti di
gruppi e di persone tra i più violenti, enfasi che
non è più l'enfasi del secentismo, e cioè una specie
di baccanale del colore, ma bensì effetto ricercato

in quella che si suol dire narrazione, evidentis-
simo nelle rappresentazioni di miracoli, come,
esempio tipico, nella scena di S. Ranieri che li-
bera un'ossessa, quadro che si vede nel Duomo
di Pisa. Il Muratori lavorò molto a Roma e possiamo
più o meno ritrovare quello che ho notato come
il carattere peculiare della sua pittura in presso-
ché tutte le sue opere romane. Tanto che nel Cri-
sto deriso, dipinto in un riquadro laterale della
prima cappella a destra in S. Francesco delle
Stimmate, ci appare talmente il contenutismo
del Muratori da pensare quasi a certe stampe
del rinascimento nordico.

Ci vien fatto di ricordare la retorica del Mura-
tori vedendo la grande scena della caduta di
Simon Mago, opera tarda (1761) di Pompeo Ba-
toni,ora in S. Mariadegli Angeli. Si tratta, infondo,
dello stesso drammatismo retorico, nel quale si
manifesta una ricerca accademica di contenuto,
la stessa ricerca che notiamo nella freddezza stu-
diata di taluna mitologia batoniana, che vuol
avere a volte un significato più profondo del mito-
logismo consueto ai pittori della tradizione set-
tecentesca decorativa, semplice pretesto a scene
del più pastorale roccocò, ed esser ricco di signifi-
cato allegorico. Quel che di accademico v'era
nell'arte, in fondo eclettica, del Batoni, accanto
alle più fresche tendenze coloristiche di sette-
centista di buona tradizione, eccolo venir fuori
ben chiaro nel quadro di Simon Mago in cui, ac-
canto alla donna col bambino, cesi largamente
dipinta in primo piano (motivo consueto ai tardi
barocchi, che notiamo assai spesso anche in Gia-
quinto) si vede quel gruppo di persone che fuggono
impaurite, accademico fino alla nausea: molto
di scolastico v'è pure, nella scenografia dello
sfondo, come nei vecchioni che circondano S. Pie-
tro, figura dipinta con manierismo di sfumati e
di disegno degno di un marattesco.

Ben maggiore di quella del Muratori, la cui re-
torica è, più che altro, uno sviluppo della ricerca
d'effetto narrativo frequente nella tradizione bolo-
gnese, è l'importanza di Marco Benefial, pittore
di origine francese, ma che può dirsi nostro, tanto
egli entrò del tutto nel nostro ambiente.

È ben noto quanto il Benefial si sia opposto
alla tradizione barocca, egli che è stato detto un
precursore del neoclassicismo e che non a caso
fu maestro del Mengs.

Basta ricordare quel quadro della morte di S. Mar-
gherita da Cortona, all'Aracoeli, per riscontrare
quanto egli si allontanò dalla tradizione barocca
con quell'opera così nitidamente disegnata e che
vuol essere narrazione di un dramma umano, espri-
mere il contenuto della scena rappresentata e non
già essere pura pittura al modo dei barocchi.
 
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