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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 27.1924

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Fasc. 2
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Moschini, Vittorio: Giaquinto artista rappresentativo della pittura barocca tarda a Roma
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https://doi.org/10.11588/diglit.17344#0145

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GIAQUINTO E LA PITTURA BAROCCA TARDA A ROMA

119

Le forme in questa pittura divengono più ampie,
con ricerca di monumentalità. Basta confrontare
quell'angelo in posa così vivace e drammatica, di-
pinto con sì plastico risalto di forti sbattimenti
nella pala della SS, Trinità, con l'altro del soffitto
di S. Giovanni Calibita assai più gentile e delicato,
festoso di colore, in tranquilla posa. La ricerca del
grandioso appare all'evidenza nella figura dello
Eterno, piantato sulle nuvole sul piedistallo della
sua veste amplissima, con la parte inferiore del
corpo accentuata ad arte per accrescere le dimen-
sioni della figura.1

La nuova maniera nel contrasto delle luci e delle
ombre è all'unisono con le nuove tendenze del pit-
tore: quel contrasto si accentua così fortemente da
far sì che la bellissima figura dello schiavo ricordi
non poco certune di Mattia Preti, In vivace risalto
sono posti anche i colori e specie acquista valore il
contrasto del rosso del manto dell'angelo con il tur-
chino cupo dello sfondo, con quello del drappo di
Cristo,

Tali tendenze del pittore, che si mostrano in que-
sta tela, che ricorda tuttavia la maniera composi-
tiva delle pitture di S. Giovanni Calibita dovevano
manifestarsi pienamente nel grande dipinto posto
nel soffitto di S. Croce in Gerusalemme (fig. 11),
attuando anche un diverso schema compositivo,
risultante dal contrasto dei gruppi disposti in ver-
ticalità.

La grande tela del soffitto di S. Croce in Geru-
salemme è stata giustamente ricordata dai bio-
grafi come uno dei capolavori del Giaquinto. Poche
volte egli dipinse con tanta succosa intensità di
tinte, dominò nell'accordo totale i contrasti più
forti, dette plastico rilievo alle forme piene e cor-
pose. Dalla festosa maniera rococò della cappella
Ruffo in S. Lorenzo in Damaso, dall'ampiezza mae-
stosa delle pitture di S. Giovanni Calibita, passiamo
ad un fare più grandioso e drammatico nella compo-
sizione come nell'accordo coloristico.

Nel basso l'arcangelo Michele, gentile adolescente,
calpesta trionfante i corpi degli sterminati giganti,
mostri immani che s'illuminano di luci rossastre.
Si dispongono quindi a scalare nel cielo turchino
cupo i santi del Paradiso, in un zig-zag di linee e di
movimenti che percorre dal basso all'alto tutta la
composizione e unisce il gruppo dei santi Elena e
Costantino alla figura della Vergine che si volge
implorando a Cristo, diretto a sua volta verso
l'Eterno Padre. Tutta la scena si anima così dram-
maticamente, come si anima d'intenso colore nei
rossi e nei turchini posti talvolta accanto in vivo

1 Nella parte superiore della pala, con la SS. Trinità, può
riscontrarsi quella « qualche reminiscenza » del quadro di
Pietro da Cortona in S. Pietro, alla quale accenna il Dalbono.

contrasto, talvolta attenuati in celesti e in rosa di
molte gradazioni, tra bianchi densi e pastosi che si
illuminano d'azzurro.

Nella maniera pittorica di questa tela è evidente
l'eredità del fare solimenesco, nella pienezza degli

Fig. 11. — C. Giaquinto:
Trionfo dei SS. lilena e Costantino.
Roma, S. Croce in Gerusalemme. (Fot. Sansaini).

impasti come nella plasticità delle forme, che sem-
brano modellate in creta.

Non ritengo di dover qui parlare del grande
quadro in tela posto nel soffitto del transetto della
stessa basilica: per me esso fu più che altro ese-
guito da aiuti di Giaquinto, troppo v'è di urtante
nelle tinte, d'untuosità di sfumati nell'atmosfera
greve.
 
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