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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 27.1924

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Fasc. 3
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Venturi, Adolfo: Per Sandro Botticelli
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https://doi.org/10.11588/diglit.17344#0192

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ADOLFO VENTURI

il corpo di seta argentina, il cielo di seta cilestre, su cui un albero quas nudo ricama con
grazia orientale un'esile trama di curve, intonano inneffabili musiche di colori e di linee.

Sviluppato in lunghezza anche il quadro vaticano, allontanato ogni elemento rap-
presentativo dalla scena, simile la posa delle braccia, il chiasmo tra spalle e fianchi: alla
fine della vita, rievocando la figura del Martire, ecco che Sandro Botticelli ripete mo-
venze dell'opera giovanile. Ma come mutato, inasprito, esaltato lo spirito, come crudo e ta-
gliente il segno! Un vano rettangolare, incorniciato da nude cornici marmoree, include
la colonna cui è legato il Santo, e accompagna, con la crudezza degli incisivi spigoli, la
acerbità della forma, stretta e forbita, tagliente e rigida nei contorni. TI declivio della
spalla destra e il rialzo rispondente del fianco sono note comuni ai quadri del Museo Fe-
derigo e del Vaticano, ma, mentre nel primo l'arco della testa verso la sollevata spalla
sinistra completa una soave cadenza monotona di curve, in accordo perfetto con l'espres-
sione di vago sogno, nel quadro di Roma, collo e testa inclinati a destra sino allo sforzo, se-
condo la mira dello sguardo fisso in alto, accentuano il declivio della spalla sinistra, espri-
mendo la tensione esasperata e nervosa, il ritmo violento e spezzato delle ultime opere di
Sandro. E mentre le forme del Martire dipinto in giovinezza dal Fiorentino s'arrotonda-
vano nel busto e nei fianchi, quelle del Santo a Roma hanno la lunghezza acerba e fragile
che sempre più s'afferma nell'arte del Botticelli dalla Calunnia in poi: i contorni del volto
disegnano angoli di poligono, le morbide ciocche, con ritmo carezzevole inanellate sulla
testa del Santo a Berlino, s'attorcono, drizzano uncino sopra uncino, cornice di sibilanti
aspidi alla esaltata testa del Martire: il pathos dell'espressione accompagna l'asprezza
della linea. Nessun dubbio, riguardo alla paternità botticelliana dell'opera, nonostante
i guasti che offuscano l'immagine e ne incrudiscono i crudi tratti: la tempra d'acciaio
delle forme, la rigidezza elegante delle pieghe incise nel pannilino d'avorio ■ - quanto
più sintetiche e precise di quelle che serpeggiano nel drappo berlinese! — i contorni se-
gnati da un fil di luce vitreo, dalle luci argentine del Botticelli, commento al guizzo della
linea, il serico riflesso bigio argento del nudo, ne dànno sicura certezza. E il capitello
della colonna, con la suprema elasticità dell'abaco — arco scattante —, il molinello delle
volute d'argento brunito, le spire degli steli ravvolti attorno la campana, ci ripete i
vertiginosi ritmi delle predelle di San Zanobi e del Presepe di Londra.

Con questo dipinto, già confinato a Castel Gandolfo, di dove fu tratto dall'intelligente
direttore della Galleria vaticana, prof. Biagio Biagetti, la ricca pinacoteca acquista una
rara opera di più. Entrata ora nello studio del restauro, e affidata alle cure del valente
Piero de Prai, che subito tolse macchie deturpatici e mise a nudo in ogni parte il colore
del grande maestro, l'opera fra breve farà il suo ingresso nella famosa Galleria romana

Adolfo Venturi.
 
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