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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 27.1924

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Fasc. 4
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Venturi, Adolfo: Antonello da Messina: un ritratto della Galleria Bachstitz - L'Ecce Homo del Museo di Novara
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https://doi.org/10.11588/diglit.17344#0214

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ADOLFO VENTURI

superbo ritratto che, dalla famiglia Zen, passò nelle mani di Achillito Chiesa a Milano,
e di un altro, a mezza figura, entrato ad ornare la maggior collezione composta nel
nostro paese in questi ultimi anni (Guarino).

Da poco tempo, il catalogo della galleria Bachstitz, pubblicato in tre volumi con
prefazione di G. Gronau mi ha dato la sorpresa di riconoscere, in un busto di gio-
vane, con veste e berretto scuri, su fondo rosso, un'opera che presenta l'arte di Anto-
nello nella sua piena espansione. In vendita a Londra, presso P. e D. Colnaghi, come
pittura del Mansueti, presentato al pubblico nell'esposizione di ritratti tenuta nel 1909
a Berlino, questo capolavoro viene indicato, nel catalogo della galleria Bachstitz, come
opera dell'adamantino pittor di Vicenza, Bartolommeo Montagna (fig 1). Non ci soffermiamo
a discutere le due attribuzioni: se il nome del fioco seguace di Gentile, pittore meschino
di figure di stoppa, lunghe nelle lunghe zimarre e prive di ossa, manichini senza forma,
troppo sconviene a questa impeccabile architettura geometrica, neppure il nome del Vi-
centino seguace di Antonello potrebbe spiegarci la semplificazione estrema, la tornitura
perfetta, la compattezza marmorea del busto scolpito, a tutto tondo, dal Siciliano figlio
di scultore. Bartolommeo Montagna volge, come è noto, al poliedrico le forme che Anto-
nello amava tornire entro volumi ideali di cilindro, sfera, cono: basti confrontare l'opera
sua più schiettamente antonelliana, la mirabile Madonna col Bambino nel Museo civico
bellunese, con la Madonna del Rosario a Messina, o con l'alabastrina Madonna Bcnson, che,
dopo aver portato a lungo i nomi di Marcello Fogolino e di Jacopo d'Antonello, fu riven-
dicata al suo grande creatore dal Berenson.

Il ritratto Bachstitz, tagliato a mezzo busto, come tutti i ritratti d'Antonello, se si
eccettua uno primitivo, cui già accennammo, in collezione privata italiana, si distacca
a pieno rilievo, non dal fondo unito degli altri ritratti antonelliani, ma da una tenda rosso
ciliegia, le cui pieghe prismatiche, costruite con la solidità corporea, con la geometrica
regolarità di ogni forma del Messinese, dànno, alla sintetica architettura dell'immagine,
sfondo architettonico. Il busto, volto di tre quarti, secondo lo schema consueto dei ri-
tratti antonelliani, irrigidito nella verticalità della posa, senza il più lieve spostamento
dall'asse verticale, torreggia, massiccio nella sua perfetta cilindratura; e l'ovoide greve
del volto sguscia dall'arrotolato orlo delle chiome come frutto di noce dal suo mallo
aperto; così sbocciano dalle palpebre gli occhi delle statue di Francesco Laurana.

Il tipo del personaggio ritratto da Antonello nel quadro Bachstitz è irregolare, con
zigomi sporgenti, con l'osso nasale lievemente contorto, ma il grande plastico lo appros-
sima, senza menomarne le caratteristiche fisionomiche, alla cilindratura della tornita
testa di San Sebastiano nel quadro di Dresda, e aggloba la sporgenza degli zigomi, la
narice turgida, affusa la piega all'angolo dell'occhio, sguscia dalle palpebre gonfie i
viscidi occhietti, incide solchi paralleli tra le pieghe. Tutti i particolari della forma trovano
riscontri negli altri ritratti antonelliani: lo sviluppo della narice tumida, il riverbero che
striscia nell'ombra proiettata dal mento, rilevandone la globosità massiccia, la fessura
aperta, come da lama sottile, tra labbro e labbro, affilata e cruda, ad accentuare la stasi
della posa e a precisar il rilievo delle fini labbra, intagliate come in pietra tenera: così si
schiudono le fischianti labbra del vecchietto di Cefalù, così le labbra tese del vecchio Tri-
vulzio. I capelli, determinati uno ad uno pur nella compattezza e nella unità inscin-
dibile della massa, le scintille accese nei minuscoli occhi, i solchi all'angolo della labbra
e dell'occhio sono caratteristiche ben note a quanti conoscono l'arte del Messinese. Ed
ecco che il grande plastico si compiace di arrovesciare, staccandoli dal rotulo della chioma,
calato a visiera sulla fronte angusta, gruppi di lucenti fili, per curvarli a guisa di raffi
sull'orlo del berretto; proprio come, nel ritratto Trivulzio, gode nell'aggirar in prospet-
tiva i ciuffi delle sopracciglia ispide; ecco, lungo la guancia, la capigliatura snodar lente
le ciocche arrotolate a fuso, come colonna tortile le sue massicce spire. Tutti i particolari,
subordinati a una rigorosa sintesi costruttiva, compongono, del busto virile, una delle
 
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