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ANNA MARIA BRI ZIO
parallela al primo, del manto del secondo Re Mago
a sinistra.
Ancora una volta Defendente dimostra minori
capacità costruttive del maestro nella l'ala di
Leiny, dove, trattando lo stesso motivo, si pone
anch'egli il problema della profondità; meglio in-
Fig. 2. — Torino, Museo Civico.
Martino Spanzotti: Madonna col. Bambino
e con Sant'Anna.
vece riesce, liberato da simile preoccupazione, in
un piccolo scomparto di predella, aggiunto al trit-
tico della Madonna dei Laghi di Avigliana, dove
si abbandona intero al gusto dei bei colori e tra-
sforma la forte composizione del maestro in una
deliziosa miniatura.
I n'altr'opera spanzottiana di quegli anni, rap-
presentante la Madonna con S. Amiti c il Bambino
(tìg. 2), evidentemente frammento di più vasta
composizione, che il dottore Rovere acquistò lo
scorso anno per il Museo Civico di Torino, appa-
rirebbe un pezzo di Defendente per il colorito vi-
vace e brillante e le particolarità iconografiche e
d'ornamentazione, ove non si ponesse menteal
vigore del disegno: le figure della N'ergine e «li
S. Anna, viste di tre quarti, convergenti, formano
una nicchia, in cui è raccolto il bambino; i piani
dei volti sono determinati contemporaneamente
da linee funzionali e da graduali passaggi di colore;
le affinità e le divergenze fra maestro ed allievo
rimangono inalterate.
Cosi dunque può definirsi la posizione reciproca
dei due pittori: 1,1 Spanzotti parte Defendente
Ferrari e da lui toglie il principio tonale nel colorire
e la capacità di esprimere con la linea il movimento;
da lui toglie schemi compositivi, tipi iconografici,
motivi di decorazione e tutti gli scarsi elementi
italiani, in particola!" mudo lombardo-foppeschi,
che si riscontrano nella sua opera e che per un lato
lo riallacciano alla scuola vercellese. Da lui pure
ritrae una giustezza e una finezza di disegno di
gran Lunga maggiore a quella degli artisti conter-
ranei del suo tempo, e una maggior chiarezza e
un maggior equilibrio compositivo.
Ma ciò che nell'opera del maestro è il valore
più alto e il pregio principale di fronte all'ambiente
in cui visse, la capacità costruttiva e formale, egli
non raccoglie, e si volge invece verso le scuole
d'oltralpe, ch'erano le depositane eli un'arte meno
intellettualistica, più pronta ad abbandonarsi
al gusto dei bei colori e ai suggerimenti lineari.
Così Defendente Ferrari, pur pigliando le mosse
da un maestro che in Piemonte poteva dirsi ap-
portatore di elementi italiani e da lui molto ri-
traendo, rimane spiritualmente in pieno '500 l'ar-
tista più ligio alle tradizione goticheggiante e il
più superficiale conoscitore dei principi estetici
del Rinascimento italiano
I,'eredità del maestro è trasformata e deviata
dalla meta per opera del discepolo, e la ragione di
questo fatto va cercata nell'intluenza dell'am-
biente artistico locale.
* * *
Tutta una fioritura di studi è pullulata nell'ul-
timo ventennio sull'arte del Piemonte Occidentale,
sopratutto delle vallate; e sebbene questo lavorio
si sia per lo più limitato al lato informativo e
all'analisi iconografica, tuttavia, pur nella con-
tusa conoscenza di quest'arte, due fatti emergono
chiari ed hanno consenzienti tutti i critici: il più
lungo permanere in Piemonte della tradizione
gotica che in tutte le altre provincie italiane e le
maggiori affinità della scuola piemontese coll'arte
straniera. I due fatti sono intimamente connessi
fra di loro: è perchè il Piemonte rimane più a lungo
nella tradizione gotica che si grandi sono le affi-
nità della sua arte con l'arte d'oltralpe; è perchè
è soggetto ad una continua influenza oltramontana
che rimane così legato alla tradizione medioevale.
Questi due punti, che sono i più chiari, sono
anche di gran lunga i più interessanti in rapporto
allo studio di Defendente Ferrari. Non è neces-
sario cercare lontano gli accenti nordici del nostro
artista: egli li attingeva dall'umile arte che lo cir-
condava, dalla tenace tradizione del suo paese;
non era fra gli artisti del tempo un'eccezione, nè
un rinnovatore, ma piuttosto un continuatore tra-
dizionalista in pieno '500.
ANNA MARIA BRI ZIO
parallela al primo, del manto del secondo Re Mago
a sinistra.
Ancora una volta Defendente dimostra minori
capacità costruttive del maestro nella l'ala di
Leiny, dove, trattando lo stesso motivo, si pone
anch'egli il problema della profondità; meglio in-
Fig. 2. — Torino, Museo Civico.
Martino Spanzotti: Madonna col. Bambino
e con Sant'Anna.
vece riesce, liberato da simile preoccupazione, in
un piccolo scomparto di predella, aggiunto al trit-
tico della Madonna dei Laghi di Avigliana, dove
si abbandona intero al gusto dei bei colori e tra-
sforma la forte composizione del maestro in una
deliziosa miniatura.
I n'altr'opera spanzottiana di quegli anni, rap-
presentante la Madonna con S. Amiti c il Bambino
(tìg. 2), evidentemente frammento di più vasta
composizione, che il dottore Rovere acquistò lo
scorso anno per il Museo Civico di Torino, appa-
rirebbe un pezzo di Defendente per il colorito vi-
vace e brillante e le particolarità iconografiche e
d'ornamentazione, ove non si ponesse menteal
vigore del disegno: le figure della N'ergine e «li
S. Anna, viste di tre quarti, convergenti, formano
una nicchia, in cui è raccolto il bambino; i piani
dei volti sono determinati contemporaneamente
da linee funzionali e da graduali passaggi di colore;
le affinità e le divergenze fra maestro ed allievo
rimangono inalterate.
Cosi dunque può definirsi la posizione reciproca
dei due pittori: 1,1 Spanzotti parte Defendente
Ferrari e da lui toglie il principio tonale nel colorire
e la capacità di esprimere con la linea il movimento;
da lui toglie schemi compositivi, tipi iconografici,
motivi di decorazione e tutti gli scarsi elementi
italiani, in particola!" mudo lombardo-foppeschi,
che si riscontrano nella sua opera e che per un lato
lo riallacciano alla scuola vercellese. Da lui pure
ritrae una giustezza e una finezza di disegno di
gran Lunga maggiore a quella degli artisti conter-
ranei del suo tempo, e una maggior chiarezza e
un maggior equilibrio compositivo.
Ma ciò che nell'opera del maestro è il valore
più alto e il pregio principale di fronte all'ambiente
in cui visse, la capacità costruttiva e formale, egli
non raccoglie, e si volge invece verso le scuole
d'oltralpe, ch'erano le depositane eli un'arte meno
intellettualistica, più pronta ad abbandonarsi
al gusto dei bei colori e ai suggerimenti lineari.
Così Defendente Ferrari, pur pigliando le mosse
da un maestro che in Piemonte poteva dirsi ap-
portatore di elementi italiani e da lui molto ri-
traendo, rimane spiritualmente in pieno '500 l'ar-
tista più ligio alle tradizione goticheggiante e il
più superficiale conoscitore dei principi estetici
del Rinascimento italiano
I,'eredità del maestro è trasformata e deviata
dalla meta per opera del discepolo, e la ragione di
questo fatto va cercata nell'intluenza dell'am-
biente artistico locale.
* * *
Tutta una fioritura di studi è pullulata nell'ul-
timo ventennio sull'arte del Piemonte Occidentale,
sopratutto delle vallate; e sebbene questo lavorio
si sia per lo più limitato al lato informativo e
all'analisi iconografica, tuttavia, pur nella con-
tusa conoscenza di quest'arte, due fatti emergono
chiari ed hanno consenzienti tutti i critici: il più
lungo permanere in Piemonte della tradizione
gotica che in tutte le altre provincie italiane e le
maggiori affinità della scuola piemontese coll'arte
straniera. I due fatti sono intimamente connessi
fra di loro: è perchè il Piemonte rimane più a lungo
nella tradizione gotica che si grandi sono le affi-
nità della sua arte con l'arte d'oltralpe; è perchè
è soggetto ad una continua influenza oltramontana
che rimane così legato alla tradizione medioevale.
Questi due punti, che sono i più chiari, sono
anche di gran lunga i più interessanti in rapporto
allo studio di Defendente Ferrari. Non è neces-
sario cercare lontano gli accenti nordici del nostro
artista: egli li attingeva dall'umile arte che lo cir-
condava, dalla tenace tradizione del suo paese;
non era fra gli artisti del tempo un'eccezione, nè
un rinnovatore, ma piuttosto un continuatore tra-
dizionalista in pieno '500.