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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 27.1924

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Fasc. 4
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Ortolani, Sergio: Coltura ed arte, [4]
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https://doi.org/10.11588/diglit.17344#0295

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COLTURA ED ARTE

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in un concreto linguaggio, diciamo invece decorativa quella ch'è sentita in funzione d'una
altra, sia perchè cerca di rendere col suo naturale linguaggio ciò che è proprio ad un'altra
realtà e tradizione, sia perchè, di conseguenza, cerca d'assorbire nel proprio movimenti e
maniere peculiari del linguaggio che a quell'altra realtà si attaglia, in (pianto ne è la natu-
rale espressione.

Quando la letteratura vuol essere pittura e musica, la musica e la pittura letterarie o
contenutistiche, la musica pittorica o la pittura musicale, e via di seguito per tutte le arti,
allora si fa del decorativo. Osserviamo però che, finché dominò le arti del Rinascimento un
ideale architettonico e plastico a cui tutte le arti aderivano, si potè bene avere la pittura-
scoltura di Michelangelo senza uscire dalla natura d'un linguaggio ch'era nato per espri-
mere più una realtà plastica che pittorica; ma quando l'affresco, che mantenne sempre tale
sua natura —- tanto che perse ogni forza in mano ai veneziani — dovette servire ad una
realtà pittorica qual'era la veneta, allora esso fu costretto a violentare i suoi mezzi ad es-
sere altro da quel ch'era nato. Sicché, come sono generalmente decorative l'architettura o
la scoltura barocca, intese quali paesi di ombre e di luci, così lo è quasi sempre la pittura
di compromesso veneto-romano nel sei e settecento, non solo perchè praticistica cioè enar-
tistica, ma perchè è sentita in funzione di quell'ambiente struttivo architettonico-plastico,
già pittoricamente movimentato, cioè cerca di sostituirvisi, quasi non fosse stata essa la
forza sommovitrice di quel vecchio mondo. Così la parlata pittorica veneta tende all'ef-
fetto plastico romaneggiante e quella tosco-romana al gioco del movimento e del colore;
e ambedue si confondono in un rinnovato manierismo. Poiché la pittura veneta per otte-
nere un gioco d'illusioni scenografiche e di rilievo viene a negare la stessa visione tonale,
dato che quegli stanziamenti di masse non le nascono ex intimo da una necessità connatu-
rata col suo stesso parlare, ma dalla pretesa di assumere una realtà non sua dal momento
che ha già una diversa e adeguata espressione; lo stesso per la pittura accademica; ed am-
bedue, nello sforzo che fanno per uscire di se medesime ed essere altro, contravvengono cia-
scuna a quelle facoltà e proprietà che riconoscere e osservare è per l'artista la sola e vera
questione morale.

Nulla di più naturale, durante tale reciproco assorbimento e influsso delle due realtà
e maniere pittoriche, che il venetismo, romanizzandosi, finisse a mala pena per ritrovare
e riconoscere se stesso, talché a un certo punto, come nel settecento veneziano, esso
dovette riconquistarsi quale vera e propria creazione stilistica novella in cui tutta la
coltura barocca è assorbita e superata. Lo stesso avvenne all'accademismo, mai spento in
Italia, il quale, coltivato nelle Arcadie e nelle Accademie, non senza aprire qualche vivo
occhio di critica moderna, finì a un bel plinto per ridistinguersi sempre più dal barocco e
immettersi nel neo-classicismo. E questo dimostra la precarietà del compromesso barocco,
dovuto più che altro al provvisorio aderire della stanchezza intellettuale e morale cattolica
alla romantica sensualità naturale e a quella enfatica favolosità di visione, in cui essa poteva
- le parve innocuamente •— riposare e obliarsi: tanto è vero che, in pieno XX secolo,
tale riposo e oblio ancora malamente dura. Ma appena una rinnovata vita cittadina, in-
tellettuale e morale, fiorisce in Italia e ripiglia il senso della legge e della norma, cioè
riattinge lo spirito intimo di quella tradizione classica ch'era divenuta nel sei o settecento
sola forma o piega di maniera e ne riattinge integrità e nervo di carattere, ecco le grandi
forze del passato destarsi nelle botteghe dei librai e degli antiquari, nelle anime degli sto-
rici, dei legisti, dei poeti. La reazione anti-cattolica, l'ideologia astratta dell'illuminismo
favoriscono ma non spiegano quell'ideale di virtus romana, quel significato gnomico che
entrano nella vita individua e sociale e, reagendo al vacuo secolo coloritore e canterino,
recano muscoli e sangue alla poesia e alla filosofia, alla storia e alla critica, sicché il tardo set-
tecento riesce a ricomperare, pur continuandone l'amabile retorica e l'erudita ricerca, la
povertà delle Arcadie e si isola, classico e italiano, in mezzo al romantico neo-classicismo
europeo.

L'Ari:: XXVII, 34.
 
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