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Museo italiano di antichità classica — 2.1886/​88

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Sabbadini, Remigio: Codici latini posseduti, scoperti, illustrati da Guarino Veronese
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https://doi.org/10.11588/diglit.9012#0200
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CODICI LATINI

POSSEDUTI, SCOPERTI, ILLUSTRATI

DA

GUARINO VERONESE

Ricostruire la storia dei codici classici, facendone
centro quel secolo di febbrile attività letteraria
che fu il XV, è uno degli uffici più importanti
e più delicati della critica dei testi. Solo nel se-
colo XV furono cominciati sistematicamente a
raccogliere, leggere, ordinare, confrontare, emen-
dare i codici antichi, dei quali si moltiplicavano
all'infinito le copie. Ma di quell'immenso lavorìo
quanto poco ci resta ! come di magnifico castello
baronale soli i ruderi. Ed è per questo che al cri-
tico si spezza ad ogni passo il filo, ch'egli pazien-
temente seguiva, della storia d'un codice. Quante
questioni non può risolvere la storia d'un codice !
Quante volte davanti a un autografo contestato
di un umanista, davanti a una copia d'ignota pro-
venienza d'un archetipo perduto rimaniamo per-
plessi.

Ecco perchè io credo opera utile una ricerca
sistematica nel materiale critico di uno dei più
grandi emendatori di testi, Guarino Veronese;
tanto più che della sua operosità intelligente e
assidua in questo campo siamo ben lontani dal-
l'avere un concetto chiaro. Anzi possiamo dire che
di nessun umanista conosciamo ancora a fondo
l'attività critica sui testi classici, se si tolgano le
notizie, assai frammentose del resto, delle sco-
perte di Poggio e dell'Aurispa e i cataloghi, ma
non più che smilzi cataloghi, delle biblioteche di
alcuni umanisti. Ma anche quei cataloghi devono
venire animati. Chi non sa che la caratteristica più
originale degli umanisti era di metter vita e pas-
sione in tutto? Bisogna internarsi nella storia in-
tima, depositata negli epistolari, di uno qualsiasi

di essi, per vedere da quali lotte e gelosie, da
quali privazioni eroiche e pazienze sublimi, da
quali ansie e da quali entusiasmi uscirono quegli
smilzi cataloghi, che ora noi leggiamo con un
certo disgusto.

Nè di questa attività critica e letteraria di
Guarino io intendo presentare qui un quadro in-
tero; no, io mi restringo ad una sola e piccola
parte, agli studi sui codici latini ; e di questi pure
delineo non più che la storia, per così dire, diplo-
matica. Chè altro sarebbe entrare nelle produzioni
letterarie di Guarino ecl esaminarne il carattere,
entrare nella sua scuola e osservare com' egli co-
municava agli altri il lavorìo della sua mente. Ma
quanta importanza non acquista Guarino, pur con-
siderato entro questi limiti angusti ! Lo vedremo
instancabile neh'esplorare i luoghi dove si pote-
vano trovar codici, nel farne trar copia per gli
amici, nel correggerli, nel renderli leggibili, nel
supplire i passi greci che in un gran numero di
essi mancavano, neh'annotarli in margine, nel-
l'estrarne elenchi di parole, che formarono un primo
nucleo dei futuri vocabolari. E tutto questo nel
giro di 15 anni e non più, dal 1414, in cui passò a
insegnare a Venezia, al 1429, in cui lasciò Verona,
perchè solo di questo periodo abbiamo un episto-
lario abbastanza copioso.

E che tesori possedeva Guarino ! l'unico Zenone
e, fino al 1427, l'unico Celso, dei quali due egli
fece primo l'edizione; un Lattanzio, un Cicerone
de Legibus, un Gellio, ch'egli proclamava per i più
corretti d'Italia; l'archetipo, ora perduto, di un'in-
tera famiglia di codici dell'epistolario Pliniano ; un

Museo italiano di antichità classica — Voi. II, Punt. II.

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