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LAUDEDEO TESTI
tutti i pronomi sono errati, chi può dire in qual modo lo scrittore avrebbe declinato i nomi
se quasi tutti non fossero abbreviati? Basterebbe il cenam ed il Barbatu a farci dubitare.
Così dunque nel secolo vili scrivevano i chierici nel nord d’Italia e in ugual modo scrissero,
quasi contemporaneamente (a. 730), nel battistero di Cividale con gl’informi caratteri latini
in uso alle epoche longobarde... in versi sì barbari che non paiono neppure misera prosa.1
Vorrebbero, il Beltrami e gli altri suoi seguaci, dirmi se trovano qualche errore o improprietà
nelle due iscrizioni d’Aurona nelle quali, oltre l’esattezza della forma, è pure una certa eleganza?
Nè mi si opponga la brevità delle epigrafi d’Aurona, poiché anche nella brevissima di Feren-
tillo troviamo: VRSVS Magester FECIT.
Gettando solo un’occhiata frettolosa sulle varie iscrizioni che offriamo infac-simile, chiunque
si accorgerà subito delle differenze capitali che esistono fra quelle scolpite nell’viii e le altre
dell’xi e XII secolo. Nelle prime è una concordanza perfetta tra le lettere più caratteri-
stiche. L’N, veramente longobardica mentre è uguale nelle epigrafi di Vrsvs, di Barbato, di
Teodota,2 di Giovanni VII,3 di Gregorio III,5 è affatto diversa in Santa Maria d’Aurona.
In questa ultima la V ha la
forma comune del neo-caro-
lino, nelle prime, come in
tutte le iscrizioni dell’vin se-
colo, si avvicina alla Y.
Le S di Verona, Bologna e
Roma, mentre hanno stretta
parentela fra di loro, non somigliano per nulla alla S posteriore di Milano, la quale invece
ha riscontro in molte iscrizioni coeve, specialmente in quella di Sant’Ambrogio con la
data 1098, ma scolpita forse poco dopo, ed anche in Roma ha forma uguale nel sepolcro
Epigrafe di Giovanni VII (705-707). Grotte Voticone
Capitali nelle epigrafe di Santa Maria d’Aurona
di Bonifacio IV (608 f 615), ora nelle grotte vaticane n. 26, scolpito nel XII secolo. Fra
le R di Aurona, tutte largamente aperte e le R numerose della pila di Liutprando o di
Vrso magester, ecc., chiuse ermeticamente, non v’è alcuna parentela. Fra il Q di Liutprando
e il Q di Gregorio III, così fedeli nella forma al secolo vili, e il Q di requiescit e di
QUI, che sentono già vicino il gotico, non vi può essere confusione possibile. Il Q del
serpe domine vota (ab) umilibus nostris Dominis regibus
Liutprante et Ilprante et (a) Domino Barbato (Bar-
batu?) episcopo sanctae ecclesiae bononiensis hic Jesu
beatissimo sua praecepta 1 obtulerunt unde hoc vas im-
pleatur in coena Domini Salvatoris, et si quis mìnuerit
hoc munus deus (eum) requiret. « Accetta, o Dio, i voti
degli umili nostri signori re Liutprando e Ilprando e
1 Praecepta in senso di decreto, d’ordine regio. Non altro è il
significato medioevale di praeceptum. Vedi Du Cange, Glossarium,
tomo V, pag. 393.
da monsignor Barbato vescovo della santa chiesa bo-
lognese, quivi (a) Gesù beatissimo i loro precetti offer-
sero, onde questo vaso sia riempito nella cena (il
giorno della) di Dio Salvatore e se alcuno vorrà me-
nomare questo dono, Dio (lo) punirà (ricercherà).
1 P. Selvatico, Scultura e architettura in Venezia,
MDCCCXLVII, pag. 67.
2 Pavia, Museo Malaspina, anno 720 c.
3 Roma, Grotte vaticane, n. 28, anni 705-707.
4 Id., n. 30, anno 741.
LAUDEDEO TESTI
tutti i pronomi sono errati, chi può dire in qual modo lo scrittore avrebbe declinato i nomi
se quasi tutti non fossero abbreviati? Basterebbe il cenam ed il Barbatu a farci dubitare.
Così dunque nel secolo vili scrivevano i chierici nel nord d’Italia e in ugual modo scrissero,
quasi contemporaneamente (a. 730), nel battistero di Cividale con gl’informi caratteri latini
in uso alle epoche longobarde... in versi sì barbari che non paiono neppure misera prosa.1
Vorrebbero, il Beltrami e gli altri suoi seguaci, dirmi se trovano qualche errore o improprietà
nelle due iscrizioni d’Aurona nelle quali, oltre l’esattezza della forma, è pure una certa eleganza?
Nè mi si opponga la brevità delle epigrafi d’Aurona, poiché anche nella brevissima di Feren-
tillo troviamo: VRSVS Magester FECIT.
Gettando solo un’occhiata frettolosa sulle varie iscrizioni che offriamo infac-simile, chiunque
si accorgerà subito delle differenze capitali che esistono fra quelle scolpite nell’viii e le altre
dell’xi e XII secolo. Nelle prime è una concordanza perfetta tra le lettere più caratteri-
stiche. L’N, veramente longobardica mentre è uguale nelle epigrafi di Vrsvs, di Barbato, di
Teodota,2 di Giovanni VII,3 di Gregorio III,5 è affatto diversa in Santa Maria d’Aurona.
In questa ultima la V ha la
forma comune del neo-caro-
lino, nelle prime, come in
tutte le iscrizioni dell’vin se-
colo, si avvicina alla Y.
Le S di Verona, Bologna e
Roma, mentre hanno stretta
parentela fra di loro, non somigliano per nulla alla S posteriore di Milano, la quale invece
ha riscontro in molte iscrizioni coeve, specialmente in quella di Sant’Ambrogio con la
data 1098, ma scolpita forse poco dopo, ed anche in Roma ha forma uguale nel sepolcro
Epigrafe di Giovanni VII (705-707). Grotte Voticone
Capitali nelle epigrafe di Santa Maria d’Aurona
di Bonifacio IV (608 f 615), ora nelle grotte vaticane n. 26, scolpito nel XII secolo. Fra
le R di Aurona, tutte largamente aperte e le R numerose della pila di Liutprando o di
Vrso magester, ecc., chiuse ermeticamente, non v’è alcuna parentela. Fra il Q di Liutprando
e il Q di Gregorio III, così fedeli nella forma al secolo vili, e il Q di requiescit e di
QUI, che sentono già vicino il gotico, non vi può essere confusione possibile. Il Q del
serpe domine vota (ab) umilibus nostris Dominis regibus
Liutprante et Ilprante et (a) Domino Barbato (Bar-
batu?) episcopo sanctae ecclesiae bononiensis hic Jesu
beatissimo sua praecepta 1 obtulerunt unde hoc vas im-
pleatur in coena Domini Salvatoris, et si quis mìnuerit
hoc munus deus (eum) requiret. « Accetta, o Dio, i voti
degli umili nostri signori re Liutprando e Ilprando e
1 Praecepta in senso di decreto, d’ordine regio. Non altro è il
significato medioevale di praeceptum. Vedi Du Cange, Glossarium,
tomo V, pag. 393.
da monsignor Barbato vescovo della santa chiesa bo-
lognese, quivi (a) Gesù beatissimo i loro precetti offer-
sero, onde questo vaso sia riempito nella cena (il
giorno della) di Dio Salvatore e se alcuno vorrà me-
nomare questo dono, Dio (lo) punirà (ricercherà).
1 P. Selvatico, Scultura e architettura in Venezia,
MDCCCXLVII, pag. 67.
2 Pavia, Museo Malaspina, anno 720 c.
3 Roma, Grotte vaticane, n. 28, anni 705-707.
4 Id., n. 30, anno 741.