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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 7.1904

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Fasc. 4
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https://doi.org/10.11588/diglit.24149#0468

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BIBLIOGRAFIA

Julius Kurth, Die Mosaiken der christli-
chen Aera. I. Die Wandmosaiken von Ra-
venna. Leipzig, Berlin, Deutsche Bibelge-
sellschaft, 1902, pag. Vin-292, in-40, con 32
tavole.

L’idea di raccogliere in corpus i musaici cristiani,
proposta l’anno scorso nel Congresso storico interna-
zionale, aveva già preso formanell’opera incominciata
dal Kurth fin dal 1902 sui musaici dell’era cristiana.
Ma per esser veramente utile sarebbe necessario che
un tal lavoro fosse condotto con più metodo e con
più preparazione di quello che qui dimostra l’A. Sui
musaici di Ravenna molto si è scritto in Italia e fuori
(ci piace di ricordare qui il bel libro del Rjedin, /
musaici delle chiese di Ravenna, Pietroburgo 1896, in
russo) e sarebbe quindi difficile trovare del nuovo.
Ma il volume del Kurth vuol pure mostrarci delle no-
vità e spesso non sono che ipotesi strane e induzioni
infondate. Così ci pare inutile discutere qual fonda-
mento di verosimiglianza possono avere certe distin-
zioni che il Kurth vuol stabilire sui vari maestri che
lavorarono nei musaici. Egli ci parla di un « maestro
del fondo giallo » di un « maestro simbolista di San-
t’Apollinare in Classe » di un « maestro idealista di
San Vitale, ecc.

L’opera ha due prefazioni: nella prima si vuol sta-
bilire il carattere e le tendenze dell’arte cristiana, nella
seconda si confronta il musaico pagano con quello
primitivo cristiano, e se ne rilevano le differenze. Per
il Kurth ecco le differenze : i musaici antichi sono ge-
neralmente adoperati a decorazione di pavimenti, e
quando ornano le pareti son solo di piccolo formato ;
il materiale è per lo più minerale tagliato e il vetro
fuso è raro; il fondo è in genere bianco; le rappre-
sentazioni sono solo ornamentali ; 1’ applicazione è
varia. I musaici cristiani primitivi invece sono im-
piegati soprattutto per ornamento di grandi pareti, e
quando si adoperano nei pavimenti si copiano dagli
antichi e rimangono molto al disotto di quelli parie-
tali ; il materiale è quasi tutto di tessere vitree colo-

rate; il fondo è azzurro o dorato (giallo o nero rara-
mente); le rappresentazioni sono in prevalenza figu-
rative e gli ornati compaiono solo come cornice delle
scene che hanno quasi sempre storie sacre e simbo-
liche, l’applicazione è solo ad opus tessellatum; è dato
però riscontrare qualche traccia di opus sedile. Stabi-
liti questi caratteri passa a caratterizzare le varie epoche
del musaico cristiano fino alla metà del vi secolo
quando cominciano a trovarsi nel musaico a fondo
d’oro gli elementi bizantini che secondo l’A. sono
mancanza di idee e povertà di pensiero : le figure di-
vengono pietrificate. Da questo giudizio si vede quale
idea del bizantinismo abbia il Kurth e quindi è facile
immaginare come egli giudichi dell’influenza orientale
sull’arte ravennate! Il Kurth poi attribuisce una grande
importanza alla classificazione dei maestri, mentre sa-
rebbe più logico fare una distinzione delle varie ten-
denze sia tecniche che stilistiche e parlare di elementi
naturalistici o idealistici più che del « maestro idea-
lista » o del « naturalista ». Anche se una classificazione
di quel genere fosse possibile non sappiamo vedere
che cosa aggiungerebbe alle nostre conoscenze: l’A.
ha voluto trasportare qui il metodo di distinzione per
gruppi d’opere che da tempo si applica ai periodi pri-
mitivi dell’arte del rinascimento specialmente tedesca
e fiamminga con tanto buon risultato, non accorgen-
dosi che trattava di un periodo e di un arte tutti di-
versi. Le tavole contengono riproduzioni di fotografie
e importanti schizzi e disegni di dettagli.

La letteratura artistica ravennate si è accresciuta
recentemente di un’altra opera che, pur fatta con in-
tenti modesti, è degna di molta lode, vogliamo dire
il libro di Charles Diehl, Ravenne (nella collezione
« Les villes d’art célèbres », Paris, Laurens, 1903). Il
Diehl con la sua ben nota competenza, riassume lu-
cidamente in forma facile e piana i vari problemi e
le questioni sui monumenti ravennati, limitandosi na-
turalmente a indicarne i punti essenziali, e non ci
offre una descrizione dettagliata e pesante della città,
ma riesce con uno sguardo rapido a far sentire nelle
pagine del suo libro lo spirito e l’incanto della bella
 
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