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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 7.1904

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Fasc. 5
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Ciaccio, Lisetta: Gian Martino Spanzotti da Casale, pittore, fiorito fra il 1481 ed il 1524
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https://doi.org/10.11588/diglit.24149#0496

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GIAN MARTINO SPANZOTTI DA CASALE, PITTORE

FIORITO FRA IL 1481 ED IL 1524


Piemonte indubbiamente non ha dato molto al nostro rinascimento delle
arti : la più occidentale delle terre d’Italia, quasi addossata alle Alpi, gigan-
tesche sì anche qui,'una meno estese in larghezza che in qualunque altro tratto
della loro catena, ed aperte con numerosi e relativamente facili varchi verso
la vicinissima Francia, sì da essere più ponte di contatto che non barriera di
divisione, il Piemonte fu sempre in tutto il medio evo primeggiato, più che
dalla coltura italiana, da quella francese, sia nella lingua, che nelle forme del
culto, nei costumi, perfino nelle foggie di scrittura, e così anche nelle arti. Il
primo rinascimento italiano quindi, il nostro Quattrocento che fu tutta una
forza spontanea di creazione in un popolo intero, diviso politicamente, ma
avente di comune l’anima giunta ad un egual punto di cultura, non poteva
estendersi molto impulsivamente fra i castelli feudali dell’ancora semibarbaro
e povero Piemonte: nè quando più tardi il rinascimento nostro, divenuto sì
maraviglioso da attrarre a sè l’attenzione generale, fiorì come una moda
fastosa anche in terre straniere, nemmeno allora potè il Piemonte dare gran
contributo all’arte delle regioni sorelle, privo com’era di potenti e ricchi principi che magni-
ficamente lusingassero artisti locali e ne attraessero di stranieri.

Ma con tutto ciò il Piemonte era sempre suolo italiano, aperto con le sue terre del
Biellese e del Vercellese verso l’ampia pianura lombarda; cosicché non era possibile che il
soffio dell’arte nostra rinascente non vi giungesse, benché illanguidito e paralizzato da troppe
altre influenze. Onde, se i paesi dell’alto Po delle due Dorè e della Sesia non ebbero parte
molto gloriosa nell’arte italiana, ciò non vuol dire che anche là, specialmente nelle terre più
staccate dalle Alpi francesi, la nuova parola non vi ridestasse almeno qualche anima desiosa
di cose belle e gentili : sì che vi furono in Piemonte sia artisti meritevoli e stimati, che
signori e comunità che dessero loro lavoro. Ed il buio in cui siamo a questo riguardo è più
che ad altro dovuto alle successive disastrose vicende politiche ed all’incuria ed indifferenza
del popolo pedemontano dei secoli posteriori, che quasi tutto ha lasciato andare in rovina
e tutto ha dimenticato, se non i nomi dei due soli artisti che, varcati i confini della regione,
sono entrati gloriosamente a far parte della storia artistica di altre terre d’Italia: Gaudenzio
Ferrari di Valduggia ed il Sodoma di Vercelli. Così avviene per la storia dell’arte in Pie-
monte che si conoscano, pei documenti d’archivio, nomi di artisti che pare abbiano goduto
di molta considerazione, mentre nessuna loro opera ci è nota, come di quell’Amedeo Albini
che nella seconda metà del Quattrocento, essendo pittore, godeva di tanta agiatezza da poter

L’Arte. VII, 57.
 
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