LE RAPPRESENTANZE ALLEGORICHE DELLA VITA
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che furono eseguite al tempo della costruzione della chiesa : le sfingi di una delle lastre
(Rivoira, fig. 281) somigliano alle figure del rilievo della Vita, con gli occhi a mandorla
messi di faccia, mentre i volti sono in profilo. A questo gruppo di plutei del secolo xii
se ne potrebbero aggiungere molti altri che hanno con essi stretti rapporti, e che del resto
son conosciuti,1 non possiamo però passar sotto silenzio, anche perchè mal noti, quelli impor-
tantissimi che si vedono nella grande Laura di Sant’Athanasio sul monte Athos. Si tro-
vano oggi intorno alla fonte della Laura, ma Nikodim Kondakov che li ha pubblicati nel
suo bel libro sui « Monumenti d’arte cristiana sull’Athos »2 3 suppone che in antico apparte-
nessero ai cancelli del coro o al dossale dell’ iconostasi nel tempio. Vi son rappresentati
tra le solite cornici a cordoni e ad intrecci geometrici, rosette, uccelli che bezzicano, ani-
mali alati, animali che combattono; in uno qui riprodotto (fig. 6) vi son due pavoni affrontati
che si arrampicano a bere in un vaso sorretto da una svelta colonnina, proprio come si vede
nei plutei di Torcello;J nel vicino specchio un leone morde il dorso di un toro caduto. L’arte
bizantina nel ripetere questi
motivi tanto comuni, mostrava
però di averli saputi rinverdire
con l’ispirarsi direttamente alla
natura nelle decorazioni di fo-
glie, di rami e di palmette, ac-
coppiando ancora una volta
agli elementi fantastici quelli
derivati dallo studio del vero :
non bastò però questo ritorno
alla verità per rinfonderle forza
e vigore ; già cominciavano a
svolgersi in Occidente i germi
della vita nuova che dovevano
arrestare il suo cammino per
ridurla dopo due secoli di lotta
a vivere miseramente nelle sue
forme vuote e stentate nei con-
venti della Grecia e dell’Asia.
Fig. 6
- Monte Athos. Laura di S. Athanasio.
Formella nella fonte (sec. xii)
Un’altra rappresentazione allegorica della Vita, nata pure in Oriente e presto diffusa in
tutti i paesi occidentali è quella che trae origine da un episodio della leggenda di Barlaam e
Iosafat. Come è noto la leggenda non è che la trasformazione dell’antica storia di Buddha, in
un’apologià delle idee cristiane: la nuova religione si appropriò di questa come di tante altre
leggende dell’antichità che avevano carattere educativo e un contenuto morale, adattandola
ai suoi fini spirituali. E il giovane figlio del re di Kapilavastu, il benedetto delle genera-
zioni, che si allontana dalla casa e all’ombra dell’albero sacro cerca la vera dottrina, divenne
nel racconto cristiano il principe Iosafat che si converte agli ammaestramenti del santo
Barlaam.4 All’ infuori della storia della vita di Buddha che forma il centro dell’opera, anche
1 G. Rohault de Fleurv, La Messe, II, pi. 239-246.
2 N. P. Kondakov, Pamjatmki yrislianskago is-
kusstva na A/honje (Izdanie tmperalorskoj Akademh
Nauk). S. Peterburg, 1902, pag. 42-43, fig. 15-18. Pur-
troppo le riproduzioni sono in formato piccolissimo.
3 II Venturi (Le gallerie nazionali italiane, voi. Ili ;
Museo archeologico di Cividale ; Un cofano civile bi-
zantino) parlando del pluteo di Torcello con la rappre-
sentazione dei pavoni, trova che quella forma non è
propria dell’arte del secolo xi, ma che dev’esser ispi-
rata su avori antichi II pluteo del monte Athos però
toglie fondamento all’ipotesi.
4 Senza dare qui la lunga bibliografia sulla leggenda,
rimandiamo il lettore al Krumbacher (op. cit. pag. 886:
Barlaam und Ioasaph) limitandoci a ricordare lo studio
importantissimo di N. Marr nei Zapiski vostocnago
otdjeleniya imperatorskago rossijskago arygologiceskago
obschces/va. III, pag. 223-260; e l’altro di F. C. Cony-
beare, The Barlaam and Iosaphat Legend in Folk-Lore,
7 London, 1896.
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che furono eseguite al tempo della costruzione della chiesa : le sfingi di una delle lastre
(Rivoira, fig. 281) somigliano alle figure del rilievo della Vita, con gli occhi a mandorla
messi di faccia, mentre i volti sono in profilo. A questo gruppo di plutei del secolo xii
se ne potrebbero aggiungere molti altri che hanno con essi stretti rapporti, e che del resto
son conosciuti,1 non possiamo però passar sotto silenzio, anche perchè mal noti, quelli impor-
tantissimi che si vedono nella grande Laura di Sant’Athanasio sul monte Athos. Si tro-
vano oggi intorno alla fonte della Laura, ma Nikodim Kondakov che li ha pubblicati nel
suo bel libro sui « Monumenti d’arte cristiana sull’Athos »2 3 suppone che in antico apparte-
nessero ai cancelli del coro o al dossale dell’ iconostasi nel tempio. Vi son rappresentati
tra le solite cornici a cordoni e ad intrecci geometrici, rosette, uccelli che bezzicano, ani-
mali alati, animali che combattono; in uno qui riprodotto (fig. 6) vi son due pavoni affrontati
che si arrampicano a bere in un vaso sorretto da una svelta colonnina, proprio come si vede
nei plutei di Torcello;J nel vicino specchio un leone morde il dorso di un toro caduto. L’arte
bizantina nel ripetere questi
motivi tanto comuni, mostrava
però di averli saputi rinverdire
con l’ispirarsi direttamente alla
natura nelle decorazioni di fo-
glie, di rami e di palmette, ac-
coppiando ancora una volta
agli elementi fantastici quelli
derivati dallo studio del vero :
non bastò però questo ritorno
alla verità per rinfonderle forza
e vigore ; già cominciavano a
svolgersi in Occidente i germi
della vita nuova che dovevano
arrestare il suo cammino per
ridurla dopo due secoli di lotta
a vivere miseramente nelle sue
forme vuote e stentate nei con-
venti della Grecia e dell’Asia.
Fig. 6
- Monte Athos. Laura di S. Athanasio.
Formella nella fonte (sec. xii)
Un’altra rappresentazione allegorica della Vita, nata pure in Oriente e presto diffusa in
tutti i paesi occidentali è quella che trae origine da un episodio della leggenda di Barlaam e
Iosafat. Come è noto la leggenda non è che la trasformazione dell’antica storia di Buddha, in
un’apologià delle idee cristiane: la nuova religione si appropriò di questa come di tante altre
leggende dell’antichità che avevano carattere educativo e un contenuto morale, adattandola
ai suoi fini spirituali. E il giovane figlio del re di Kapilavastu, il benedetto delle genera-
zioni, che si allontana dalla casa e all’ombra dell’albero sacro cerca la vera dottrina, divenne
nel racconto cristiano il principe Iosafat che si converte agli ammaestramenti del santo
Barlaam.4 All’ infuori della storia della vita di Buddha che forma il centro dell’opera, anche
1 G. Rohault de Fleurv, La Messe, II, pi. 239-246.
2 N. P. Kondakov, Pamjatmki yrislianskago is-
kusstva na A/honje (Izdanie tmperalorskoj Akademh
Nauk). S. Peterburg, 1902, pag. 42-43, fig. 15-18. Pur-
troppo le riproduzioni sono in formato piccolissimo.
3 II Venturi (Le gallerie nazionali italiane, voi. Ili ;
Museo archeologico di Cividale ; Un cofano civile bi-
zantino) parlando del pluteo di Torcello con la rappre-
sentazione dei pavoni, trova che quella forma non è
propria dell’arte del secolo xi, ma che dev’esser ispi-
rata su avori antichi II pluteo del monte Athos però
toglie fondamento all’ipotesi.
4 Senza dare qui la lunga bibliografia sulla leggenda,
rimandiamo il lettore al Krumbacher (op. cit. pag. 886:
Barlaam und Ioasaph) limitandoci a ricordare lo studio
importantissimo di N. Marr nei Zapiski vostocnago
otdjeleniya imperatorskago rossijskago arygologiceskago
obschces/va. III, pag. 223-260; e l’altro di F. C. Cony-
beare, The Barlaam and Iosaphat Legend in Folk-Lore,
7 London, 1896.