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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 7.1904

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Fasc. 3
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Bouchot, Henri: L' esposizione dei Primitivi francesi ed i suoi risultati
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https://doi.org/10.11588/diglit.24149#0288

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L’ESPOSIZIONE DEI « PRIMITIVI» FRANCESI ED I SUOI RISULTATI

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cano il pittore nel posto secondario destinato agii artisti illustratori. In verità noi non possiamo
ammettere che il meritq dei pittori si misuri dalle spanne di superficie dei loro lavori! Pur-
troppo non abbiamo potuto esporre le Heures di Chantilly, nè il Processo del dioca d’Alenfon
nel Boccaccio di Monaco di Baviera: avremmo potuto dimostrare la superiorità d’immagina-
zione, di concezione, di maniera e persino di colorito che spetta al modesto miniatore di
Tours al cospetto dei più vantati maestri delle vicine nazioni. Quello che la Biblioteca ha
esposto è un bel saggio, ma la dimostrazione di ciò che diciamo non si può avere che a
Chantilly.

Il manoscritto del Boccaccio di Monaco sarebbe stato per noi un prezioso documento.
Nella grande sala del processo ove il principe vien giudicato dai Pari è distesa sulla parete
una tappezzeria vergata da larghe strie verticali tricolori e cosparsa di fiori, di animali, e di
blasoni. Orbene noi abbiamo esposto due frammenti di tappezzeria di ugual data ed origine,
le stoffe figurate di proprietà del signor Bardac, tutte simili al drappo riprodotto nella minia-
tura. Senza voler far risalire a Fouquet i cartoni delle tappezzerie, noi possiamo almeno
suggerire il ravvicinamento di queste con la miniatura di Monaco dimostrando così l’origine
prettamente francese delle stoffe del signor Bardac, e, procedendo nelle nostre induzioni, affer-
mare anche che i gentiluomini e le dame rappresentate sulle tappezzerie del signor Bardac
ci mostrano quello che, intorno all’anno 1450, per i bei cavalieri e per le gentildonne dei
tempi di Agnese Sorel, doveva essere l’ideale dell’eleganza nel vestire. Sotto l’aspetto storico,
eccezion fatta per la tappezzeria dell’Apocalisse, la cui storia fu narrata dal signor Guiffrey,
niuna stoffa può rivaleggiare per importanza con quelle del signor Bardac, documenti vera-
mente impareggiabili.

Più ancora che di Jean Fouquet, nell’Esposizione il trionfo fu del pittore che oggidì si
designa col nome di « maestro di Moulins ». Accadde di lui quello che di Gerard David
nell’Esposizione di Bruges: non si prevedeva tanta gloria. La cosa è così scabrosa che niuno
osa di attribuire a questo artista un nome specificato : eppure un belga, il signor Hulin, ha
avuto tale ardire, ed io mi permetto di condividere la sua opinione. Egli ha fatto il nome di
Jean Perréal, esponendo le proprie ragioni, le quali si accordano interamente con i conti e
con le notizie autentiche riguardanti il pittore.

Checché sia di ciò, noi abbiamo avuto in ogni caso la grande fortuna di mettere in luce
un’opera squisita che soltanto pochi eruditi speciali conoscevano, l’Adorazione dei pastori dì
proprietà del vescovado di Autun.

Senza voler insistere troppo sul maestro di Moulins che si volle un tempo identificare
con van der Goes, poi con Benedetto Ghirlandaio, e del quale si disse ogni più strana cosa,
basterà confrontare gli angioli dipinti da questo artista con le miniature del manoscritto
esposto alla Biblioteca nazionale sotto il n. 175, per convincersi che l’autore del quadro
e quello della miniatura sono tutt’uno. Orbene, la miniatura della quale parliamo è fran-
cese se altra mai; francese in ogni parte, nel disegno, nel colore, nelle intenzioni: ed
oltre a ciò, essa ci mostra la figura del duca di Borbone quale la si vede nel ritratto del
Louvre (n. 104) e nel trittico di Moulins (n. 112). Tali rapporti sono così numerosi che non
si può trascurarli. E anche bisogna ammettere che per la mano aperta della Madonna di
Autun così come per le mani della Maddalena del quadro n. 108, abbia servito al pittore un
unico modello, una medesima mano con uguali linee, con dita di uguale lunghezza. E questa è
prova formale ed indiscutibile.

Il quadro di Santa Maddalena con la donatrice è comparso nel Louvre ad Esposizione
aperta. Ecco uno dei risultati del quale ci possiamo tutti altamente vantare. Questo quadro
era stato assai ammirato a Bruges anche in mezzo ai capolavori che lo circondavano : esso
dimostrava che l’arte francese sulla fine del XV secolo, benché gotica ancora, nulla aveva da
invidiare ai suoi vicini. Per chi ben vede, il quadro deriva, senza alcun elemento estraneo,
dalla scuola di Fouquet, dalla scuola del Centro : l’artista che lo eseguì nulla aveva nè di
italiano nè di fiammingo; naturalista ed idealista insieme, egli nettamente si distingue dai
 
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