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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 7.1904

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Fasc. 3
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Brunelli, Enrico: Antonello de Saliba
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https://doi.org/10.11588/diglit.24149#0325

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ENRICO BRUNELLI

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gono di lui nella Sicilia stessa ; poiché quivi sono le sue sole opere di indiscussa autenticità.
Fra le quali prima è, come si è detto, quella del Museo di Catania; in cui certo il maestro
ha messo tutte le sue cure, senza per altro riuscire a far cosa molto attraente. Il soggetto
è quello della Madonna in trono, col Bambino sulle ginocchia; ai piedi del trono un car-
tellino porta l’iscrizione:

ANTONELLVS . MISSENIVS . D’SALIBA . HOC . PFECIT . OPYS . 1497 . die . 2 .Julij.

La Madonna ha un volto grassoccio, dall’espressione pensosa e seria, dai lineamenti rego-
lari e abbastanza piacevoli che rammentano non poco il tipo muliebre di Cima da Conegliano,
al quale il de Saliba sembra essersi particolarmente ispirato. Un ampio mantello turchino le
scende dal capo e la copre tutta, svolgendosi largamente sino al piano in pieghe, interrotte
qua e là con certa bruschezza, che richiama Antonello seniore. Siede su ricco trono mar-
moreo, dai bracciuoli decorati con spirali a volute quadrilobate, e regge sulle ginocchia,
diritto e nudo, il Bambino ; che si volge a lei, con espressione tra interrogativa ed attonita.
La sua testa aderente alle spalle, con notevole sviluppo del cranio, scarsamente ornato di
capelli, ha forma tondeggiante, quasi di palla. Il naso troppo corto e volto all’in su, l’arco
sopraciliare appena segnato, le tempie enormi, la brevità del collo, le forme dure del cor-
picciuolo d’infante non ancora sviluppato, gli dànno un’aria alquanto impacciata e goffa, che
ritroviamo frequente e caratteristica nei putti del de Saliba. Esso tiene nella destra un pomo
e prende con la sinistra un fiore che la Madonna gli porge, ma l’atto grazioso è reso con
freddezza. E piuttosto debole e fredda è l’intonazione generale del colore ; le carni sono
monotone, con ombre semiopache. Le figure sono entrambe ornate di nimbo dorato ; il
de Saliba, colorista povero, nè troppo esperto della tecnica ad olio, ricorre volentieri all’oro
per ravvivare le sue composizioni.

Il fondo, occupato principalmente dal vasto trono e dalla cortina che si spiega dietro
ad esso, formando un arco che corona la composizione (aggiunta questa posteriore e non
dovuta certo al de Saliba) poco lascia apparire di paesaggio e di cielo. In alto, presso al
capo della Madonna, veggonsi nuvolette a piccoli gruppi, come a fiocchi di lana, imitate dai
cumuli lucenti di Cima; in basso, fra la cortina e il trono, appare un paesaggio timido, con
collinette dolci ed alberelli sottili (fra i quali il cipresso); paesaggio che non ha carattere
nè veneto, nè siciliano, e ricorda piuttosto, con una singolarità che, fra gli artisti siciliani,
non si avverte soltanto nel de Saliba, il paesaggio dell’Italia centrale.

Tutto nel quadro è freddo, accurato, simmetrico. Il gruppo delle figure s’eleva in forma
quasi di piramide; ed è lecito pensare che il de Saliba abbia ricordato il gruppo analogo
cui Antonello seniore ha dato forma piramidale con precisione geometrica, nella parte cen-
trale della sua ancona della Pinacoteca di Messina. Benché prevalentemente improntato di
arte cimesca, il quadro dimostra che nel 1497 il ricordo dell’arte dello zio era ancor vivo
nel de Saliba.

Tale è l’opera per cui gli scrittori siciliani levarono enfatici inni di ammirazione, e che
pur merita qualche considerazione per l’esecuzione diligente, e pel riflesso di grazia vene-
ziana che ravviva le sembianze della Madonna. L’artista coscienzioso pose certamente ogni
studio per dar grazia e finezza ai suoi personaggi (e il fterfecit dell’iscrizione pare voglia
indicarlo); ma nelle loro fisonomie scarsamente intelligenti, e nella durezza delle loro mani
(di forma anch’essa derivata da Cima), dalle dita lisce, lignee, tradì la sua povertà spirituale.

Dopo l’anno 1497, vediamo Antonello de Saliba in continua attività. I numerosi docu-
menti, pubblicati dal Di Marzo, che a lui si riferiscono, cominciano dall’anno seguente a
quello segnato nel quadro di Catania; e potrebbe con qualche fondamento supporsi che
appunto in questo periodo 1497-98, Antonello facesse ritorno da Venezia in patria. I docu-
menti accennati ci attestano come l’opera sua, e con la sua quella del padre intagliatore
(che spesso collaborò con lui, ma non oltre il 1510) fossero frequentemente richieste, ma
 
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