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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 7.1904

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Fasc. 4
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Corrieri
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https://doi.org/10.11588/diglit.24149#0449

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394

CORRIERI

Esposizioni retrospettive. — A Praga c’era una
esposizione mariana, che si può prestare molto allo
studio della divozione e del culto di Maria in Boemia,
poco all’esame di forme d’arte. Le cose di qualche
importanza artistica, le mirabili opere di Teodorico
da Praga, appartengono alla Galleria di Praga, dove
si possono studiare meglio che al castello di Carlstein,
purtroppo rinnovato da capo a piedi in modo infame.
Qual differenza dall’esposizione retrospettiva di Praga
veramente barbarica, all’altra di Diisseldorf! Le bi-
blioteche delle cattedrali di Aachen, di Trier, di Co-
lonia, ecc., hanno dato i loro evangilari carolingi, i
loro più preziosi cimeli ; e i privati hanno fatto a gara
per esporvi le lóro raccolte artistiche. Pochi tuttavia
si contavano i quadri italiani: il capolavoro di Lorenzo
di Credi, che abbiamo già citato, a proposito della
vendita Bourgeois; un purissimo Filippino d’unà vi-
vezza di colore straordinaria (n. 244 del catalogo); un
preteso Leonardo (n. 252); una Leda, opera invece
di Giampietrino, del periodo in cui questo maestro si
scolora, irrende aspetto malaticcio e anemico. Oltre
questi quadri ammiratissimi, si vedevano un preteso
Lnini (n. 246), copia d’uno verissimo dell’Ambrosiana;
un’antica copia del quadretto del Greco, posseduto
dai principi del Drago e pubblicato nell ' Arte ; e altre
cose immeritevoli di portare il nome di Tiziano, di
Sebastiano del Piombo, ecc. Non conviene però di-
menticare uno studiato San Girolamo di Marco Zoppo,
simile a quello acquistato dalla Galleria di Bologna,
con l’iscrizione cosi guasta:

. ARCO
ZOPPO

. A BOLOGNA

Le esposizioni retrospettive in Germania riescono
felicemente, anche per il concorso delle private col-
lezioni, che da noi sono venute meno da per tutto.
I collezionisti tedeschi sono d’una liberalità senza pari;
principi o borghesi mostrano con compiacenza le
opere che sono il fasto o l’ornamento della loro casa.
Ciò però non si può dire dell’Austria, dove l’arciduca
d’Austria d’Este nega a studiosi italiani di vedere le
sue cose, che furono portate via dall’ Italia. Di quelle
cose, per antica nozione che ne ho, e delle altre in
possesso di privati dirò un’altra volta distesamente
se potrò corredare le mie note di belle riproduzioni,
i ottobre, Agram.

Adolfo Venturi.

Notizie del Veneto.

Il “ Paradiso,, del Guariento nel Palazzo Du-
cale di Venezia. — Narra Francesco Sansovino, nella
sua Descrizione dei quadri nella sala del Maggior Con-
siglio esistenti prima dell'incendio del MDLXXVII, che
detta sala « cominciata dopo l'anno 1309 e finita l’anno

1423, fu la prima volta dipinta a verde di chiaro e scuro
e la seconda fu rifatta di diversi colori, ed il primo
che vi colorisse fu Guariento, il quale l’anno 1365 vi
fece il Paradiso in testa della sala».1

Queste parole, pur da sè non oscure, furono frain-
tese dal Ridolfi,2 e l’errore del Ridolfi trasse seco poi
l’errore del Cavalcasene, sicché ambedue credettero
che altri avessero dipinto la sala del Consiglio prima
del Guariento, quelli a chiaroscuro, questo invece a
colori, e che al Guariento, come maestro salito in fama
di grande abilità, fosse toccato dalla Repubblica il ca-
rico di rinnovare tutto quanto era stato lavorato dai
predecessori suoi.5 Mentre il Sansovino, nel brano da
noi riferito, dice appunto il contrario: il primo che ivi
lavorò essere stato il Guariento ed avere quel primo
dipinto a verde di chiaroscuro. Evidentemente la se-
conda dipintura a diversi colori deve intendersi quella
eseguita sulle altre pareti della sala nel 1479 dai Vi-

Palazzo dei Dogi. La sala del Consiglio
Venezia, Museo Correr - (Incisione anonima)

varini, dai Bellini e da altri pittori di nome, i quali
rinnovarono quasi ogni cosa. Ma l’affresco del Gua-
riento, eccettuando i restauri subiti nel 1541 dal pit-
tore Francesco Cevola, rimase tal quale, e la recente
scoperta di esso serve a togliere qualunque dubbio
fosse mai potuto esistere in proposito.

Scarse ed incerte erano le notizie, che ci rimane-
vano, intorno alla composizione del grande dipinto.
Sostituivano, a dir vero, la mancanza di ogni descri-
zione o particolareggiata o sommaria, due antiche
incisioni raffiguranti la sala del Consiglio, come essa
appariva prima dell’incendio, delle quali Luna, ese-
guita nel 1566 da Paulo Furiano ed edita da Bolo-
gnino Zaltieri, esiste nella Biblioteca Marciana ed è
riprodotta dallo Zanotto,4 l’altra, senza nome e senza
data, esiste nel Museo Correr ed è riprodotta dal Lo-
renzi. s Ma ben si capisce chè queste due tavole, nelle

1 In Lettera intorno al Palazzo Ducale e descrizione dei qua-
dri, eoe., pubblicata per nozze Tiepolo-Valier, Venezia, 1829, pag. 23.

2 Le meraviglie dell'arte, Padova, 1835, voi. I, pag. 45.

3 Cavalcaselle e Crowe, Storia della pittura in Italia, Fi-
renze, 1887, voi. IV, pag. 193.

4 II Palazzo Ducale di Venezia, Venezia, 1860, v. II, tav. CXXV

$ Monumenti per servire alla storia del Palazzo Ducale di Ve-
nezia, Venezia, 1869, parte I, pag. 180.
 
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