Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 7.1904

DOI Heft:
Fasc. 5
DOI Artikel:
Miscellanea
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.24149#0527

DWork-Logo
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
472

MISCELLANEA

Nella stessa parete, dov’è il ritratto del cardinale
Francesco Alidosi, vi è l’altro in bassorilievo creduto
di Giovanni II Bentivoglio, opera dello Sperandio, se-
gnata OPVS SPERANDEI (fig. 2). Il confronto con le
monete di Gio. II Bentivoglio, coniate dal Francia, con
le medaglie gettate in onore del signore di Bologna
da Giovanni Metra e da Sperandio, con il bassorilievo
marmoreo nella cappella Bentivoglio in San Giacomo
Maggiore e con l’altro scolpito in un pilastro d’una
casa bolognese (via Galliera, n. 6) tolgon fede che il
personaggio rappresentato sia Giovanni II Bentivoglio.
Più conveniente è l’attribuzione a Ercole I d’Este data
dal Mackowski, nell’annuario dei musei prussiani, ma
essa pure non è sicura dal punto di vista iconografico.

Di un altro principe italiano si vede, nel museo del
Louvre, la figura distesa sul sarcofago, quella di Alberto
Pio, signore di Carpi (fig. 3). Un tempo sulla base del
monumento, leggevasi: Alberto Pio de Savoie, prince
de Carpì. Bronze. Ecole Franco-Italienne itj&f moitié
du XVe siècle. Tombeau provenant de /’ Egli se des Cor-
deliers de Paris et exécuté en 1535. Ora si legge: Al-
bert Pii de Savoie, Prince de Carpi par Ponzio (Maitre
Ponce), 1535. Il mutamento del cartellino può farci ri-
tenere che si sieno scoperte notizie a proposito della
tomba di Alberto Pio. Essendo tuttavia rimaste insod-
disfatte le nostre ricerche bibliografiche, osiamo di
esporre un'impressione, che nacque in noi sponta-
neamente molti anni fa, e si rinnovò quasi ad ogni
anno, al rivedere la statua giacente di Alberto Pio.
La figura del principe umanista, dell’amico di Aldo
Manuzio, si vede distesa sul coperchio dell’urna, con
la testa appoggiata alla destra, e con un libro su cui
medita nella sinistra. Il motivo etrusco del defunto
con la testa sollevata e poggiata alla destra fu per le
prime volte richiamato in vigore dal Sansovino in
Santa Maria del Popolo in Roma, da Bartolomeo Spani
in alcuni monumenti funerari a Reggio d’ Emilia. Il
richiamo a Reggio mi suscitò pure nella mente l’opera
di Prospero Spani detto il Clemente, così corrispon-
dente perla forma michelangiolesca alla figura in bronzo
d’Alberto Pio. I grossi colpi di stecca che il bronzo
ha mantenuto, e perfino gli ornati delle coperte dei
libri a’ piedi del defunto, mi hanno ricordato le opere
e i particolari di esse proprii del maestro che riempie
di sè il duomo di Reggio. La corrispondenza poi dei
caratteri michelangioleschi con le statue reggiane di
Prospero Spani, detto il Clemente, è. così grande da
non potere pensare ad altro maestro seguace di Mi-
chelangelo. E che Prospero Spani gettasse in bronzo
si hanno molte notizie che Francesco Malaguzzi ha
raccolto nel suo studio diligente su « lo scultore Pro-
spero Spani detto il Clemente (in Modena, coi tipi
Vincenzi, 1893). Nulla di strano quindi che dall’Italia,
da Reggio, così prossima a Carpi, s’inviasse in Fran-
cia il coperchio in bronzo dell’ urna che doveva rac-
cogliere la salma del principe amato. Di Prospero

Spani non si ha notizie anteriori al 1544, ma i suoi
biografi convengono nel datare la sua nascita al prin-
cipio del Cinquecento. Mancano le notizie dell’opera
di Prospero nella sua giovinezza ; ma forse, inspera-
tamente, il Louvre ne offre una tra le più degne del-
l’artista.

Le collezioni private a Parigi serbano ancora sor-
prese non poche agli amatori della scultura italiana.
Nella raccolta di M.me André, vi sono de’ frammenti
di una tomba, tutto simili per fattura all’antica arca
nel duomo di Faenza. Non avendo modo per ora di
publicare quei frammenti, riproduco qui il mirabilissimo
bassorilievo faentino (fig. 4). Di chi sia non è dato di
determinare sin qui. Il Bode espresse l’idea che fosse
un’opera di Niccola d’Arezzo, ma noi vediamo in essa
caratteri del tutto dissimili dai Toscani, e pensiamo
che in quella faccia nobilissima dell’antica Arca di
di San Savino nel duomo di Faenza si debba vedere
la derivazione veneta, specialmente nel carattere pit-
torico della composizione.

Nella collezione d’un italiano, del barone Michele
Lazzaroni, il cui nome appare da qualche tempo con
frequenza sotto cose esposte nelle mostre d’arte retro-
spettiva, abbiamo veduto tre busti singolari. Il primo
(fig. 5) ci sembra opera chiarissima dello Sperandio, del
maestro a cui noi assegnammo il busto in terra cotta già
della collezione Corvisieri in Roma, un altro di Gio. II
Bentivoglio nella collezione Orloff, il monumento di
Alessandro V in San Francesco a Bologna, la porta
della chiesa di Santa Caterina o della Santa in Bo-
logna, l’Annunciazione presso la porta d’entrata nel
duomo di Faenza, il bassorievo con l’effigie della du-
chessa Eleonora d’Este nella collezione Dreyfuss a
Parigi. A questa nota delle opere dello scultore fu
aggiunto il busto d’Andrea Barbazzi, che si vede in
San Petronio al sommo del monumento eretto in
onore del giureconsulto; 1 ma veramente, a consi-
derarlo con attenzione, il busto marmoreo si dimostra
tardi costruito sul fondamento della medaglia gettata
dallo Sperandio per Andrea Barbazzi. Il busto del ba-
rone Michele Lazzaroni ha tutta la freschezza dello
Sperandio, de’ suoi getti in bronzo, anche le trascu-
ratezze della sua stecca veloce. Come il busto della
collezione Corvisieri, ora nel museo di Berlino, esso
adornò probabilmente (e le notizie della provenienza
concorrono a questa credenza) il sommo d’una porta
d'un palazzo bolognese, o stette entro la nicchia o su
d’una mensola della casa del magister che rappresenta.

Il secondo dei busti ci sembra una ricostruzione,
eseguita nel tempo di Antonio Averulino (fig. 6 e 7),
detto il Filarete, dell’imagine di Giulio Cesare. A chi
guardi il busto sarà facile di notare certi tratti arcaistici,
che si rivedono nelle maggiori figure della porta in
bronzo a San Pietro in Vaticano, quali le pieghe e

1 V. Repertorium fur kunstwissenschaft, XXII, f.
 
Annotationen