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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 23.1920

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Fasc. 1
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Tea, Eva: Il cromatismo di Paolo Veronese
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https://doi.org/10.11588/diglit.17340#0100

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71

EVA TEA

Neil'Armonia (sala delle Virtù coniugali) la fi-
gura centrale campeggia vestita di verde ghiaccio,
fra un umido foglia secca, e un tono greve di
ghisa. La donna dell' Amor Alaterno porta in sè
riassunti i due toni verdi freddi, mentre il tono
caldo si accende fino al timbro di un arancione
lumeggiato d'oro; e il camice è neve.

Come nell'ora crepuscolare, quando il mare
prende la sua pace e la vela bianca splende più che
argento sulla liquida madreperla turchino-rosata,
i contorni del legno e del lino si profilano crudi,
quasi segnati a matita, cosi a sua volta, Paolo
contorna i modellati e i panni.

La presenza dei toni violastri impedisce a questi
rapporti fissi di adagiarsi nella convenzionalità.
Un sasso gittato in una peschiera; subbuglio;
guizzar di rosso e oro ed ombra; baleno di luci
fratte: tale, nella cromia, il violetto intona-
colore. A lui vicino, il giallo splende fuor di mi-
sura (e di fatto le chiome delle figure maseriane
sono divinamente bionde); il rosso freme a disagio
sin che non trovi da riscaldarsi nell'arancione;
il verde si avvalora di tutto il suo intimo oro;
l'azzurro...

Via, nemmeno in quest'ora di voga cromatica
penso che una signora vorrebbe vestirsi d'indaco-
azzurro e rosa come la dama della balaustra nel
salone centrale (fìg. 7). Paolo stesso, dopo averla
abbigliata, si vede costretto a schiararne, sem-
plificando, il volto, sino a privarlo d'espressione.
Più che la Madonna del Badile, la Castellana
del Masèr è un porta-colore, sorella della grisette
di Manet o meglio ancora delle tre fanciulle-pu-
pattole di Wasgemont. Il caso è noto ai pittori cro-
matici, che non lo temono; nè l'essere inespressiva
toglie alla placida fattoressa di mostrarsi viva, anzi.

Alla combinazione ternaria su accennata con-
viene aggiungere l'impiego sistematico di due
note, che Nicati chiama la tonica e il suo inverso:
il bianco e il nero. Che il bianco di Paolo sia colore,
e assai tinto, si prova applicandovi un pezzetto
di carta bianca ritagliato a cornice. La neve splen-
dida si rivela di un tono fosco di rivo gelato, o
d'un freddo avorio stinto, o di un queto onice:
ma più spesso ancora è un grigio percorso da
quelle ricorrenze violette parassitarie che s'an-
nidano nell'ombre dei gessi esposti al sole.

Il nero, parsimoniosamente distribuito nelle
pieghe dei panni, non è meno reale ed evidente.
Certo, non è il nerofumo che useranno i Carac-
ceschi; ma semplicemente un'ombra colorita e
complementare del colore che le sta accanto. Nei
rapporti, vale come nero e corrisponde al bianco,
tonica.

Bianco e nero determinano la scala tonale
entro cui giocano i diversi timbri, come strumenti

accordati e distinti in orchestra; ed è tale e tanta
la complicatezza dei rapporti di altezza, di timbro,
d'intensità, di luce, di forma, di tono e di valore,
che, sebbene simultanei, essi vengono percepiti
e goduti come sorsero; in successione di tempo,
ossia mnemonicamente.

Ricordo il pannello delle tre simboliche figure
Forza, Abbondanza ed Invidia (fìg. 8).

Attorno al fulcro del dipinto (un gettito bianco
di lini nella figura centrale) si dispongono senza
interferenza il viso chiaro violastro, coronato
d'oro, il bustino aranciato e la sopraveste color
rosa illividita, l'uno c l'altro allacciati dall'arco
verde caldo del velo. Ombrata dalla figura eretta,
la testa Ae\YInvidia si profila sopra un'apertura di
cielo nostalgica, equilibrando col panno turchino
la grande massa glauca del mappamondo, cinto
dall'adagiato nudo violastro. Più volte tornai a
vedere questa pittura, perchè la sua impressione
totale mi sfuggiva, come sfugge all'ascoltatore
inesperto la sintesi di un'opera musicale. I colori
impallidivano nella memoria, per ricrescere ad
ogni nuova visione: e solo quando ebbi ripercorso
o meglio rieseguito tutto il campo dei rapporti
ne riportai una sensazione immutabile, che ancor
dura. Paolo infatti non si guarda, si legge.

Baudelaire disse una volta dinanzi ad un quadro
di Delacroix: questo colore pensa. Intendeva dire
che l'artista aveva pensato col colore, come, se-
condo il Combarieu, il musico pensa con i suoni.

Nei riguardi di Paolo Veronese, convengo per-
fettamente con il critico francese.

« Un rapporto è un'astrazione; è l'opera del
soggetto che intende; è una creazione dell'intelli-
genza che interviene per comparare ed apprez-
zare. Ciò rende possibile il pensiero musicale, es-
sendo ammesso che per pensare bisogna astrarre
ed unire »."

Non diverso è il pensiero pittorico di Paolo.

Ridotta al minimo la materia cromatica, egli
ne trac ricchezza inesauribile di rapporti, esi-
stenti solo per la veduta psichica; coordina in
forme astratte di luce-colore le reazioni del senso
al raggio del pigmento colorato. Non è il pensiero
volgarmente inteso, come modo di conoscere, e
nemmeno espressione emotiva immediata, come
il sospiro o il singhiozzo; ma una forma inter-
media fra queste due manifestazioni vitali, che
di raro può intendere chi non la sente, come
arduo è rendersi conto del pensiero musicale
nella sua purezza.

Si potrebbe definire con le parole che conchiu-
dono un libro celebre: « L'esprit emprunte à la
matière les perceptions. d'où il tire sa nourri-
ture et les lui rend sous forme de mouvement,
où il a imprimé sa liberté ». Se il pensiero con-
 
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