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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 23.1920

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Fasc. 4
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Zucchini, Guido: La distruzione degli affreschi della Capella Garganelli (S. Pietro di Bologna)
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https://doi.org/10.11588/diglit.17340#0303

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LA DISTRUZIONE DEGLI AFFRESCHI DELLA CAPPELLA GARGANELLI 277

demia di Belle Arti,1 dove incontrarono l'ultima
rovina, già ricordata brevemente dal Gualandi
e dal Giordani,2 senza però togliere gli ultimi
dubbi sull'esistenza nascosta di qualche fram-
mento delle preziose pittine. Posso ora assicurare,
sulla scorta dei documenti, che è inutile alcuna
speranza.

Appena giunti all'Accademia,3 gli affreschi o
frammenti di affresco, in numero di quattro, della
dimensione di circa m. 1,10X1,80, furono collo-
cati in luogo che dobbiamo credere indegno di
loro, se nel 1832 il corpo accademico, su pro-
posta di Leandro Marconi, invitò la Commissione
di figura a giudicare se i dipinti meritavano
essere posti alla pubblica vista e se si dovevano
murare nell'atrio dell'Accademia.-* Non so che cosa
fosse deciso dalla Commissione: il fatto è che i
quattro frammenti furono posti in un sottoscala
e qui racchiusi da un muro di mattoni in taglio.
Finché nel 1843, per gli offici di Gaetano Gior-
dani, di nuovo si radunò la commissione di figura,
composta di Clemente Alberi, Antonio Muzzi,
Cincinnato Baruzzi e Gaetano Guadagnini, per
togliere senz'altro dal sottoscala i dipinti e tra-
slocarli in luogo conveniente.

Tre pezzi di muro, bene o male, arrivarono
in un vicino locale: il quarto rovinò con generale
sconnessione dei mattoni, che furono buttati altrove
come pietrizzi. La commissione diede colpa del-
Vinfausto evento alla poca cura usata nell'includere
gli affreschi in queir angusto luogo; forse se avesse
usato opportune precauzioni, avrebbe salvato il
povero frammento.

Degli altri tre, uno era scoperto e così screpo-
lato da farne temere il decadimento: due erano
ricoperti da una tela incollata all'intonaco con
colla di farina, f buoni professori vollero pure
vedere le figure di Ercole e, bagnata la tela con
acqua, ne tentarono l'asportazione. La tela venne
via, ma venne via anche parte del colore degli
affreschi! Ad ogni modo proposero di operare il
distacco e trasportare sulla tela quegli illustri
avanzi.5

Il più intatto rappresentava il Salvatore in

1 G. Bianconi, Guida del forestiere per la città di Bologna,
1820, pp. 10 e 30. Non si è potuto consultare l'archivio
Tauari, perchè in via di ordinamento.

2 M. Gualandi, Memorie orig. di belle arti, 1844-45,
serie V, p. 204, e serie VI p. 192; G. Giordani, Note al
Lamo cit., c anche Vasari, Note Milanesi, 1878, voi. 30,
p. 143, n. 2.

3 Nell'Archivio dell'Accademia non si trova alcun ac-
cenno alla donazione fatta dai Tanari.

4 Accademia B. Arti, Archivio, 1832, Tit. VII, Rnb. 2.

5 Accad. B. Arti, 181.3, Tit. VII, Rub. i.

gloria; un .altro portava le figure degli apostoli
Pietro e Giovanni; nel terzo, rovinatissimo, non
si vedevano che tre teste e qualche frammento, il
cui significalo era il mortorio della B. V. Tutti
erano poi ricoperti (forse ritoccati) di olio.

Sorse allora una lunga vertenza, avendo la
commissione confessato di non essere troppo pe-
rita in trasporti di affreschi (e ne aveva dato
buona prova) e desiderando invitare diversi re-
stauratori a dichiarare la spesa occorrente per il
distacco. Uno di essi, Antonio Magazzari, ricorse

Fìg. 2 — Parigi, Museo del Louvre.
Copia da affresco di Ercole de' Roberti.

al cardinale legato: questi domandò spiegazioni
al presidente dell'Accademia che, nel rispondere,
prese l'occasione per pregare l'autorevole uomo
ad appoggiare presso il Camerlengo la proposta
di trasportare in tela gli affreschi, per cui sarebbe
occorsa la spesa di cinquanta scudi.

Ma anche questa volta non se ne fece nulla:
per ben tre anni i disgraziati affreschi rimasero
appoggiati al muro con pendio che generò loro tale
convessità nella parte anteriore che. sforzando questa
Vintonaco dipinto, ne l'aveva fatto quasi tutto cadere.

Nel luglio del 1846, essendosi assegnata al fac-
chino dell'Accademia la camera, ove languivano
i dipinti, il pro-segretario Cesare Masini, il pittore
Albèri, l'economo Fabri e tre uomini di fatica,
armarono i pezzi di muro con corde e tavole e li
misero a piombo per collocarli sui rulli e traspor-
tarli nelle camere di magazzino. Appena compiuta
 
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