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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 27.1924

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Fasc. 2
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Chiappelli, Alessandro: Una nuova opera di Domenico Veneziano
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https://doi.org/10.11588/diglit.17344#0122

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96

ALESSANDRO CHIAPPELLI

Quanto alla forma in generale, giova osservare che il Crocifisso, mentre si avvicina
a quelli di Andrea del Castagno (nei tre affreschi fiorentini, e in quello della tavola di
Londra), e singolarmente a quello del Peschino ora alla Galleria a Londra, derivanti
tutti, più o meno, da Masaccio e da Donatello, ricorda altresì non poco il Crocifisso che
Fra Angelico inalbera nella grande composizione del Capitolo, e nel primo chiostro di
S. Marco. Dei due monaci, il giovine a sinistra ci offre la grazia di Masolino, mentre il
vecchio di destra, col largo taglio della bocca e con la barba accuratamente sfilata e
circonfluente, simile alla mezza figura del S. Antonio del tabernacolo di Londra, ci fa
spontaneamente ricorrere alla mente le figure senili di Fra Filippo. Ma più che tutto
questo, ci parlano di Domenico Veneziano le corte proporzioni delle figure, qui anche
più visibilmente brevi che nella tavola degli Uffizi; i piedi lunghi, e sproporzionati all'al-
tezza delle figure, lo stesso modo di piantarli, e quasi le stesse movenze. Una grande
rassomiglianza è pure nel modo di muovere i panneggiamenti e le pieghe: come è facile
vedere se si paragoni la Santa Lucia della tavola agli Uffizi col vecchio monaco di destra
di questa anconetta. Si noti altresì come le mani del monaco giovine che sostengono il
libro, con le dita affusolate, e quasi adunche, sono dell'identica fattura di quelle del
S. Francesco della tavola degli Uffizi e dell'affresco di S. Croce; il quale, se anche è opera
del Castagno, risente, ad ogni modo, la maniera del suo compagno d'arte.

Questa anconetta a fondo d'oro era ella fatta per la cella di qualche monaco, o faceva
parte di qualche più ampia figurazione? Io propendo a credere che si abbia qui il fram-
mento centrale della predella della tavola di S. Lucia dei Magnoli, che il Baldinucci, il
Richa e il Lanzi e forse anche il Rurnhor e gli Editori del Vasari del Le Monnier videro
intera al suo posto, ma di cui il Cavalcasene,1 prima già del 1862, non riesci ad aver no-
tizia. Lo dicono già le qualità generali (colore, dolcezza di fisionomie, sproporzione delle
figure, e certa somiglianza nei volti, come fra il S. Giovanni della favola e il Cristo di
questa anconetta, fra la S. Lucia di quella e il monaco giovine di questa.2 Le storiette di
quella predella, come attesta già il Baldinucci, e come era costume di quei tempi, rap-
presentavano alcuni fatti dei santi che stavano nel dipinto superiore. Il frammento del
martirio di 5. Lucia a Berlino ne è aperta e sicura conferma. Codeste storiette dovevano
esser, dunque, quattro, quanti erano i santi nella tavola grande. Se non che gli antichi
maestri usavano porre, nella parte centrale e sotto la figura della Vergine e del fanciullo,
una rappresentazione relativa al Cristo, o la Pietà (come nella predella del Gozzoli agli
Uffizi, per citare un esempio), cioè una mezza figura del Salvatore fra due angeli o santi,
o il Crocifisso fra due santi, come è in questa anconetta.3 E poiché sappiamo, dai docu-
menti antichi pubblicati dal Richa, che la chiesa di S. Lucia dei Magnoli fu sempre sotto
il patronato dell'Abbate e dei monaci di S. Miniato al Monte che avevano giurisdizione
su di essa, (vallombrosani, Olivetani, francescani e già prima monaci cliiniacensi), nulla

1 Cavalcaselle, op. cit., 123, n. 2.

2 Aggiungo qui, a conferma, che i segni della
troppo energica ripulitura, e qua e là della ripresa
del colore, che si scorgono nella tavola degli
l'Ilìzi, riappariscono anchequi: per es. nella tonaca
del monaco a destra, dove codesti ritocchi di co-
lore sono assai visibili.

3 Nè può far difficoltà la forma cuspidata di
questa piccola tavola, mentre il frammento di
Berlino è rettangolare. La parte centrale, col cro-
cifisso, per la stessa dignità del soggetto e per la
forma \erticale della croce, poteva beivconsentire
questa preminenza sulle altre, pur dentro la mi-
sura uniforme della predella o gradino. Degno di

nota, sebbene neanche lo Schmarsow nella sua
monografia, dove raccoglie tutte le notizie di Do-
menico, lo ricordi, è che, al tempo del Kicha, e
propriamente nel 1759, un'altra tavola di Dome-
nico si trovava già divisa in varie parti; ad una
delle quali potrebbe anche appartenere questo
framento. Scrive infatti il Richa (Chiesefior., Vili
p. 202) « Eranvi in questa chiesa (S. Maria Nuova)
« i dodici apostoli di Dello, e altre tavole lodatis-
« sime di Alesso Baldovinetti, di Andrea del Ca-
li stagno, e di Domenico da Venezia: ma in oggi
« la sola di Domenico, divisa in tre quadri, pende
« dal Coro che è sopra la porta».
 
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