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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 27.1924

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Fasc. 4
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Lavagnino, Emilio: Andrea Bregno e la sua bottega
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https://doi.org/10.11588/diglit.17344#0283

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ANDREA BREGNO E LA SUA BOTTEGA

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delle altre due porte secondane, oggi molto restau-
rate.

Entrati nella chiesa troviamo ancora intatta
la prima cappella di destra, quella che racchiude
il monumento eretto in onore del Cardinale Cri-
stoforo della Rovere dal fratello Domenico anche
esso Cardinale, per opera di Andrea e di Mino da
Fiesole (v. pag. 254). La incorniciatura dell'af-
fresco dell'altare, il paliotto e il parapetto della
cappella sono ancora quegli stessi che vi furono
collocati in origine. I putti che nel parapetto del-
l'altare si avanzano sostenendo lo stemma del
Cardinal Domenico con le iniziali del suo motto
« Soli Deo » hanno, in quanto al tipo fisionomico
e ai caratteri stilistici, evidentissimi punti di con-
tatto con i putti della tomba di Pietro Riano ai
SS. Apostoli.

Di fronte a questa prima cappella ve n'è una
altra con due oleari scolpiti probabilmente da un
collaboratore milanese del Bregno, che si distin-
gue dal maestro per maggiore secchezza di pieghe e
minore libertà di movimenti.

La tomba del Vescovo Gonniel nella sagrestia
della Chiesa (pag. 947, fìg. 039) è prossima, in
ordine c i tempo, a queste sculture. Essa è deri-
vata come disegno da quella del Cardinal de
Coca e nella base ha gli stessi puttini caratte-
ristici che sono nella tomba di Pietro Riario ai
SS. Apostoli.

egualmente nella sagrestia di S. Maria del Po-
pòlo c'è la tomba al Cardinal Pietro Roca (t 1483)
che è imitata da quella di Cristoforo della Rovere.

Nel monumento a Giovanni Della Rovere, eretto
nel 1482 con lo schema dell'altro di Raffaele Riario,
lavorò uno scultore solito ad incidere profonda-
mente il marmo ed a segnare i piani facciali con
crudezza veristica.

Ma il verismo che vediamo nel volto della fi-
gura distesa non riappare nelle pieghe della lunga
tunica, tutte eguali e parallele.

(Juesto stesso scultore- eresse, qualche anno dopo,
la tomba per Giorgio Cardinale di Portogallo
dov'è evidente un tentativo di avvicinamento
alle forme proprie di Mino da Fiesole. Un altro
scultore che ugualmente rende le pieghe lunghe e
parallele, ma più fini, è quello della tomba di Mad-
dalena Orsini (oggi nell'antico refettorio del con-
vento di S. Salvatore in Lauro) e della tomba
eretta in onore di Alberto Magno nella Chiesa di
S. Onofrio sul Gianicolo, tomba oggi solo fram-
mentaria.

Ma torniamo alla Chiesa eli S. Maria del Popolo.

Nell'anno 1 483 fu eretta anche la tomba in onore
di Pietro Mellini, che doveva esser simile a quella
di Raffaele Riario, nella cripta dei SS. Apostoli;
ma oggi non ne rimane che la figura del defunto

distesa sul cataletto. Raffrontando questo fram-
mento con i rilievi della tomba Roverella (S. Cle-
mente) e con i resti della tomba del Cardinale
Ercole da Narni (t 1479) nelle grotte vaticane,
opere di Giovanni Dalmata, non possiamo non
rimanere colpiti dalla affinità stilistica che lega
tra di loro queste sculture, particolarmente per
la caratteristica maniera con cui sono lavorate le
stoffe e per quel verismo quasi violento con cui
il Dalmata ritraeva le fisonomie. In verità questa
tomba del Mellini è un'opera veramente nobile
e degna del Maestro.

Sempre nella Chiesa di S. Maria del Popolo un
altro scultore, che probabilmente lavorò pochis-
simo in Roma — Jacopo d'Andrea da Firenze,
il cui nome fu scoperto da Pietro Fedele — scolpì
nel 1485 la tomba Albertoni (pag. (j=;3, fìg. 645),
ripetendo lo schema dato da Andrea per la tomba
di Raffaele Riario. Nessuna caratteristica vera-
mente toscana appare in questo scultore che la-
vora il marmo con durezza; si direbbe piuttosto
un seguace indigeno del Pregno, se il nome non
ce ne rivelasse l'origine.

Tra le tombe che sono tuttora nel chiostro di
S. Maria sopra Minerva c'è la tomba di Pietro Ferrici
vescovo spaglinolo morto il 1478.

l'atta un anno o due dopo quella di Cristoforo
della Rovere che è in S. Maria del Popolo e nella
quale avevano lavorato in collaborazione Andrea
Pregno e Mino da Fiesole, ne è una pedestre imi-
tazione, opera di due seguaci dei Maestri.

L'imitatore di Mino, ingrossando le forme del
Fiesolano ma senza rilevarle maggiormente, fece
la madonnina e gii angeli; il seguace di Andrea,
scavando di più il marmo e rendendo più pesante
la maniera del Milanese, scolpì il corpo del defunto
e il sarcofago, che non hanno le armoniche propor-
zioni del prototipo.

* * *

Il ['.regno disegnò ancora la porta principale di
S. Spirito (oggi resa quasi invisibile dalla chiusura
delle arcate del portico) inscrivendo la porta con
sopra una lunetta in un grande rettangolo marmoreo
secondo il tipo lombardo. Un suo adepto, che non
rilevava che a tratti le ligure dal fondo, ne fu l'ese-
cutore. Onesto artista, che in modo incerto segnò
i contorni del ( orpo dei due putti della lunetta,
può essere avvicinato allo scultore del parapetto
della prima cappella a destra della Chiesa di
S. Maria del Popolo.

Con minuziosa cura e spesso con preziosità cri-
stallina son lavorate alcune p ^rte dell'interno del-
l'Ospedale, anch'esse della bottega del Bregno.

K come in S. Spirito, così anche nel palazzo della
Rovere a piazza Scossacavalli, nella Chiesa di San
 
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