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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 28.1925

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Fasc. 1
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Longhi, Roberto: Giunte a Tiziano
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https://doi.org/10.11588/diglit.17345#0062

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GIUNTE A TIZIANO

T.

Nel febbraio dell'anno appena spirato, esplorando io amaramente la nobilissima città
di Napoli, dove le arti cadono a brani per l'incuria concorde de' laici e de' chierici, mi
avvenne di scoprire in S. Domenico Maggiore una pala di Tiziano rappresentante l'Annun-
ciazione: tolto il quadro a braccia dall'altare e posto in miglior lume, l'artista stesso
soggiungeva: Titianus ferii (fig. i).

Conosciutane una volta In storia; che qui trascrivo, apparrà quasi inciedibile che
simili ritrovamenti siano ancora possibili su! nostro suolo, se non tossi- evidente per
troppi segni che mai si sia stati da noi tanto in basso nella comprensione e nella ricerca
della nostra ricchezza artistica

Quasi spenta la razza, di certo intellettualmente abominanda, ma praticamente gio-
vevolissima, dei conoscitori, gli adepti novelli non si ingolfano che dietro chimere di
pseudocriticismo, privi ormai di ogni speciale intelligenza dell'opera, che sempre è singo-
larissima.

Ma trascriviamo dunque, segnandone le tappe principali, la storia di quel dipinto.

Nel 1623 il D'Engenio, primo ampio descrittore delle arti locali, intrattenendosi
sulla chiesa di S. Domenico scrive a carte 287 della sua Napoli Sacra:

«... nell'altar di questa cappella [del Duca d'Acerenza] è la tavola in cui è la Ver-
gine dell'Angiolo Annunciata fatta da Titiano da Vecellio da Cader celebre pittore, il
qual fù chiaro al mondo nel 1546 ».

Nel 1685 il Sarnelli nella sua Guida dei Forestieri trascrive di peso il passo del D'En-
genio. 1

Nel 160,2 fa altrettanto il Celano. 2

Nel 1706 il Sieur de Rogissart descrivendo Les déliccs de l'Italie3 in tre volumi
stampati a Leida, non cita a S. Domenico che due quadri: la Deposizione allora creduta
dello Zingaro, e, con queste paiole, il Tiziano: « Il y a dans la Chapelle du Due d'Acerenza,
un tableau d'une Annonciation du Titian digne de la curiosité du vovageur ».

Ed ecco che lasciando per un istante le guide e aprendo, nel 1742, le Vite di Bernardo
de Dominicis si può leggere nella vita di Giacomo De Castro allievo del Caracciolo, anti-
quario e conoscitore di maniere pittoriche, quanto segue: « Ma Giacomo... fu chiamato
da D. Pietro d'Aragona allora Viceré di Napoli pei dargli relazione di quali belli quadri
originali di valenti maestri fussero adornate le Chiese Napoletane... onde poi D. Pietro
Antonio... spogliò Napoli delle più preziose gioje che possedeva... Tali furono la famosa
tavola di Rafaello in S. Domenico Maggiore, la Trasfigurazione del Signore copiata dal
Fattore, e ritoccata da Rafaello che stava in S. Maria del Popolo all'Incurabili; la tavola
della Pietà di Andrea da Salerno, ma che sembrava di Rafaello suo Maestro, e per quello
tenuta in Spagna ove fu condotta; E la Nunziata di Tiziano anche in S. Domenico Mag-
giore, si suppone fatta copiare da Luca Giordano e portato via l'originale; con altre pit-
ture e statue eccellenti ». 4

1 Sarnelli, Guida dei Forestieri, Napoli, 1685, 3 de Rogissart, Les délices de l'Italie, Leide,

p. 185. 1706, tomo 11, .527.

- Celano, Notizie del bello... di Napoli, Napoli, 4 De Dominici, Vite dei pittori... Napoletani,

1692, III, 98. Napoli, 1742, I, 290.
 
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