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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 28.1925

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Fasc. 3
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Bollettino bibliografico
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https://doi.org/10.11588/diglit.17345#0254

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BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

III. - Arte romanica.

Hermann Beenken, Romanischs Skulptur in
Deutschland Klinkhardt, Bierrr.ann ed., I ipsia,
1924, pp. 277.

Raramente abbiamo sfogliato un volume compilato ed
edito più accuratamente, né ricordiamo molti esempi di
edizioni altrettanto belle e sontuose. Il libro del Beenken,
a chiunque abbia pratica di volumi d'arte, apparirà certa-
mente uno dei piti completi scritti intorno all'arte ro-
manica tedesca, nel quale non si sa se più lodare l'acutezza
del critico o il buon gusto di chi seppe disporre tanto sapien-
temente le tavole con il loro commento illustrativo a fronte.

Per questa lode che noi sentiamo cordialmente di dover
rivolgere anche all'editore, ci asteniamo di proposito dal
criticare con eccessiva minuzia le idee esposte dal Beenken
non nuovo, del resto, a studi di questo carattere. L'autore,
come avverte la brevissima prefazione, ha inteso sopratutto
ili presentare agli occhi degli studiosi il ricco materiale rac-
colto e distribuito cronologicamente, spesso studiato con
grande acume, talvolta con qualche inesattezza quasi
sempre perdonabile dato il difficile problema coraggiosa-
mente affrontato.

Nello studio delle manifestazioni plastiche del periodo
romanico in Germania è necessaria infatti la massima ac-
cortezza anche per rintracciare le varie correnti stilistiche,
alcune indubbiamente di origine bizantina trasformatesi
via via in scuole locali. In questo studio trovano il loro po-
sto non soltanto opere notevolissime, ma anche quelle che
hanno scarso valore e sembrano notevoli solo come docu-
mento, specialmente nel fissare le basi di un'arte romanica
« provinciale » germanica, rappresentata da artisti, nume-
rosi ma mediocri e tradizionalisti. Essi raggiunta una
certa completezza nelle loro opere non fanno che ripetersi
per circa un secolo, giungendo sulle soglie del gotico an-
cora impacciati e rozzi: e forse questo lato della scultura
romanica tedesca non ha trovato nello studio del Beenken
un sufficiente sviluppo. Nessuna scultura tra quelle pubbli-
cate, esorbita dal limite massimo del xn secolo: una delle
ultime, infatti, è il Cristo del maestro Imerward (p. 158),
già preso in considerazione dal Panofsky («Das Braunsch-
weiger Domkruzifix... ecc.») e messo in relazione con il ce-
lebre Volto santo di Lucca.

La data più verosimile per questo severo, immobile Cristo,
molto meno umano di quello di Lucca, è, secondo il Beenken,
il 1194 ed esso rappresenta probabilmente il punto d'arrivo
d'una serie di ricerche intraprese dai maestri renani per giun-
gere ad una completa simmetria e stilizzazione nelle loro

opere, non più frutto di imitazione bizantina, ma, piuttosto
preludio a forme gotiche settentrionali. La bella riproduzione
(p. 161) del volto emaciato e sofferente, pur attraverso la
tecnica complicata che riga i capelli e la barba di sottili
riccioli e trecce, mostra ad evidenza questo goticismo ap-
pena agli inizi, specialmente nell'espressione quasi sonno-
lenta degli occhi semichiusi e nel rigido ma espressivo taglio
della bocca.

Ma quest'opera, come si è detto, è torse l'ultima a cui si
volge l'attenzione del Beenken, come una delle ultime è la
figura dell'arcivescovo Wichmann (1192) nel duomo di
Magdeburgo: anzi, guardando attentamente il bel viso del
prelato, sapientemente reso nel bronzo, pur nella sua rigi-
dità obbligata, quasi non ci sembra possibile che l'artista
lavorasse nello scorcio del xn secolo tanta è la serena clas-
sicità dell'espressione di questo arcivescovo solennemente
disteso sul letto di morte e ci spieghiamo questo notevole
saggio di naturalismo sobriamente inteso, solo pensando
alla necessità ritrattisti a che l'artista s'impose.

La serie delle importanti sculture prende invece il suo
inizio da una rozza immagine d'epoca incerta che l'autore
attribuisce al periodo precarolingio: come appare signifi-
cativa questa primitiva scultura di guerriero a cavallo
ridotta ad uno schematismo geometrico solo paragonabile
a quello adottato dagli antichissimi pittori vascolari nel
curioso stile del « Dipylon »! E tra questa e le opere ricordate
sta la ricca produzione plastica della Germania nei secoli
più significativi del suo sviluppo artistico: produzione nu»
merosa se non varia, profondamente legata allo spirito na-
zionale e di cui gli studiosi tedeschi giustamente scrivono
con entusiasmo.

V. Mariani

VI. - Rinascimento italiano.

a) Quattrocento

Clara Ciraolo - Bianca Maria Arbib. // Bea'o
Angelico. La sua vita e le sue opere. Lettera-
prefazione di Adolfo Venturi. Bergamo, Isti-
tuto Italiano d'Arti Grafiche, 1925.

Il decimo volume della Collezione di monografie illustrate,
è stato dedicato alla vita e alle opere di Fra' Giovanni da Fie-
sole, da Clara Ciraolo e Bianca Maria Arbib, con la precipua
intenzione di colmare una lacuna. Quando infatti le due au-
trici intrapresero « con ispirazione comune », come avverte
una nota introduttiva, ma dividendosi il lavoro, a studiare
la produzione artistica àe\V Angelico, non v'erano stati in
realtà, fra noi, che tre studiosi che si fossero occupati con
serietà di critica del mistico tìesolano. E cioè il Venturi,
 
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