GIOVANNI DA S. GIOVANNI
117
Il 9 dicembre 1636 morì. Il Baldinucci afferma
che ad accelerare la fatale azione del male che gli
minava l'esistenza, valse il dolore del licenzia-
mento dai servizi del granduca Ferdinando. Pare
che questi lo dichiarasse decaduto dal servizio per
la trascuratezza e la noncuranza con cui conduceva
gli affreschi della sala degli Argenti. Questi affreschi
furono poi terminati da Ottavio Vannini, Francesco
l'urini e Francesco Montelatici detto Cecco bravo.
stico e psichico; o nella ricerca e nella scoperta di
una cifra, di una sigla calligrafica che sia sintesi
rappresentativa ed espressiva di quel carattere,
di quel temperamento, di quella personalità.
Per essere fuori da ogni servitù libero d'ogni ti-
rannia, per non essere cifrato, nè contrassegnato
da alcuna monotonia, per la sua stessa incostanza,
per essere ineguale nella forma e nel contenuto,
Giovanni da S. Giovanni non consente allo stu-
Fig. 8 — Giovanni da San Giovanni: Tabernacolo dell'angolo
di via Ghibellina, con S. Bonaventura che fa elemosina ai carcerati.
(Fot. Alinari).
Certo è che fra spasimi atroci il 9 di dicembre,
Giovanni moriva di cancrena. E « presso alla chie-
setta chiamata Ser Umido fu al suo corpo con umil
funerale dato riposo ».
* * *
Spesso le monografie di autori secondari si ri-
solvono o nella cronistoria di influenze, di orienta-
menti, di deviazioni, archi, o forche caudine sotto
cui s'è curvata la personalità dell'artista, e quindi
nella dimostrazione di una sorte di mosaico stili-
dioso nè la prima analisi fredda, nè la seconda sin-
tesi semplicistica e mutilante.
Poiché molte cose vide, seppe, sperimentò, ma
ili nessuna fece oggetto di culto e di idolatria; forse
incoscientemente il suo temperamento spesso lo
conduceva ad abbandonare or questo or quello
autore con la facilità con cui s'era prima casual-
mente accostato; perchè una strana irrequietezza
dello spirito quasi insofferente di se stesso lo
portò ad una. mobilità continua di pensiero, di
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Il 9 dicembre 1636 morì. Il Baldinucci afferma
che ad accelerare la fatale azione del male che gli
minava l'esistenza, valse il dolore del licenzia-
mento dai servizi del granduca Ferdinando. Pare
che questi lo dichiarasse decaduto dal servizio per
la trascuratezza e la noncuranza con cui conduceva
gli affreschi della sala degli Argenti. Questi affreschi
furono poi terminati da Ottavio Vannini, Francesco
l'urini e Francesco Montelatici detto Cecco bravo.
stico e psichico; o nella ricerca e nella scoperta di
una cifra, di una sigla calligrafica che sia sintesi
rappresentativa ed espressiva di quel carattere,
di quel temperamento, di quella personalità.
Per essere fuori da ogni servitù libero d'ogni ti-
rannia, per non essere cifrato, nè contrassegnato
da alcuna monotonia, per la sua stessa incostanza,
per essere ineguale nella forma e nel contenuto,
Giovanni da S. Giovanni non consente allo stu-
Fig. 8 — Giovanni da San Giovanni: Tabernacolo dell'angolo
di via Ghibellina, con S. Bonaventura che fa elemosina ai carcerati.
(Fot. Alinari).
Certo è che fra spasimi atroci il 9 di dicembre,
Giovanni moriva di cancrena. E « presso alla chie-
setta chiamata Ser Umido fu al suo corpo con umil
funerale dato riposo ».
* * *
Spesso le monografie di autori secondari si ri-
solvono o nella cronistoria di influenze, di orienta-
menti, di deviazioni, archi, o forche caudine sotto
cui s'è curvata la personalità dell'artista, e quindi
nella dimostrazione di una sorte di mosaico stili-
dioso nè la prima analisi fredda, nè la seconda sin-
tesi semplicistica e mutilante.
Poiché molte cose vide, seppe, sperimentò, ma
ili nessuna fece oggetto di culto e di idolatria; forse
incoscientemente il suo temperamento spesso lo
conduceva ad abbandonare or questo or quello
autore con la facilità con cui s'era prima casual-
mente accostato; perchè una strana irrequietezza
dello spirito quasi insofferente di se stesso lo
portò ad una. mobilità continua di pensiero, di