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ADOLFO VENTURI
Soprattutto il fregio rivela, nel rovescio del paliotto, Leonardo. Il motivo cristiano
della vendemmia è trasfigurato dall'impeto gioioso degli efebi che staccano i grappoli e
agitano fra i pampini simboliche spighe, dal movimento delle foglie e degli steli che s'at-
torcono e ricadono, dei tralci serpentini che formano i girali, dalle piume sprizzanti
nella massa delle alette, dal brulichìo dei ricci nei cespi di chioma, dalla vita serpentina
dei corpi, i cui guizzanti contorni avvivano e riassumono, come le spighe dalle reste
vibranti, il movimento del tralcio di vite, dei pampini, dei grappoli densi. Il ricamatore
ha deformato, inevitabilmente, i lineamenti, ma non tanto da impedirci di scorgere le
chiare impronte di Leonardo, nell'arco sintetico che abbraccia il profilo di un genio, come
quello dell'angelo studiato dal Battesimo del Verrocchio sopra il foglio degli Uffizi, in
certe sagome appuntite di volti, nella rotondità serica delle forme., e soprattutto
nell'impeto gioioso dei corpi avvinti alla vite eppur librati a volo, nel serpentino gesto
delle mani che afferran le spighe, nello sfavillìo dei riccioli, nei viventi cespi delle chiome.
Fig. 8. — Particolare del paliotto citato.
Si confronti la gonfia massa della capigliatura di S. Giovanni nel quadro del Louvre,
con quella che ricade sul collo dell'efebo nell'angolo a destra intento a spiccare un
grappolo: sarà un elemento aggiunto a prova della nostra convinzione che il meravi-
glioso paliotto segni una nuova traccia dell'opera di Leonardo nella Milano di Ludovico
il Moro.
* * *
Leonardo da Vinci entrò a diciotto anni nello studio del pittore-scultore Andrea
del Verrocchio, e vi rimase sino ai ventiquattro. Quando si pensi che ben presto, da quel
poco che ci è noto, anche dal solo disegno del 1473, Leonardo si mostrò padrone del-
l'arte sua, convien credere che egli collaborasse col Verrocchio. La sua collaborazione si è
resa evidente in una pala d'altare, il Battesimo; ma nella scultura appena si è notata, e
forse in troppo gran parte, nel busto in marmo della dama con le primule del Museo
nazionale di Firenze. Certo è che in Firenze Leonardo aveva fama di scultore. Il Vasari
scrisse che egli operò nella scultura « facendo nella sua giovinezza, alcune teste di femmine,
di terra, che ridono, che vanno formate per l'arte di gesso, e parimente, teste di putti
che parevano uscite di mano d'un maestro ». E scrisse poi il Lomazzo: « anch'io mi trovo
una festicciola di terra di un Christo, mentre ch'era fanciullo, di propria mano di Leo-
ADOLFO VENTURI
Soprattutto il fregio rivela, nel rovescio del paliotto, Leonardo. Il motivo cristiano
della vendemmia è trasfigurato dall'impeto gioioso degli efebi che staccano i grappoli e
agitano fra i pampini simboliche spighe, dal movimento delle foglie e degli steli che s'at-
torcono e ricadono, dei tralci serpentini che formano i girali, dalle piume sprizzanti
nella massa delle alette, dal brulichìo dei ricci nei cespi di chioma, dalla vita serpentina
dei corpi, i cui guizzanti contorni avvivano e riassumono, come le spighe dalle reste
vibranti, il movimento del tralcio di vite, dei pampini, dei grappoli densi. Il ricamatore
ha deformato, inevitabilmente, i lineamenti, ma non tanto da impedirci di scorgere le
chiare impronte di Leonardo, nell'arco sintetico che abbraccia il profilo di un genio, come
quello dell'angelo studiato dal Battesimo del Verrocchio sopra il foglio degli Uffizi, in
certe sagome appuntite di volti, nella rotondità serica delle forme., e soprattutto
nell'impeto gioioso dei corpi avvinti alla vite eppur librati a volo, nel serpentino gesto
delle mani che afferran le spighe, nello sfavillìo dei riccioli, nei viventi cespi delle chiome.
Fig. 8. — Particolare del paliotto citato.
Si confronti la gonfia massa della capigliatura di S. Giovanni nel quadro del Louvre,
con quella che ricade sul collo dell'efebo nell'angolo a destra intento a spiccare un
grappolo: sarà un elemento aggiunto a prova della nostra convinzione che il meravi-
glioso paliotto segni una nuova traccia dell'opera di Leonardo nella Milano di Ludovico
il Moro.
* * *
Leonardo da Vinci entrò a diciotto anni nello studio del pittore-scultore Andrea
del Verrocchio, e vi rimase sino ai ventiquattro. Quando si pensi che ben presto, da quel
poco che ci è noto, anche dal solo disegno del 1473, Leonardo si mostrò padrone del-
l'arte sua, convien credere che egli collaborasse col Verrocchio. La sua collaborazione si è
resa evidente in una pala d'altare, il Battesimo; ma nella scultura appena si è notata, e
forse in troppo gran parte, nel busto in marmo della dama con le primule del Museo
nazionale di Firenze. Certo è che in Firenze Leonardo aveva fama di scultore. Il Vasari
scrisse che egli operò nella scultura « facendo nella sua giovinezza, alcune teste di femmine,
di terra, che ridono, che vanno formate per l'arte di gesso, e parimente, teste di putti
che parevano uscite di mano d'un maestro ». E scrisse poi il Lomazzo: « anch'io mi trovo
una festicciola di terra di un Christo, mentre ch'era fanciullo, di propria mano di Leo-