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Bullettino di archeologia cristiana — 6.1868

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Nr. 2 (Maro e Aprile 1868)
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Dei Cristiani condannati alle cave dei marmi nei secoli delle persecuzioni e della cura, ch'ebbe di loro la chiesa romana
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Scoperta d'un cimitero cristiano nel bosco sacro degli Arvali al quinto miglio fuori della porta portuense
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https://doi.org/10.11588/diglit.17355#0030

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—- 26 —

cioè avvenne la strana dispersione degli alti dell' ar-
valico collegio e l'uso fatto degli arvalici marmi nei
sepolcreti cristiani. Insegnai che per le leggi di Co-
stante e degli altri cristiani imperatori i templi e gli
edifici degli Arvali dovettero essere conservati a pub-
blico ornamento; il loro bosco sacro però dovette
essere tagliato e confiscato per abolirne la supersti-
zione. Da ciò venne, che le epigrafi incise sulle la-
sire marmoree affisse agli edifici rimasero in gran-
dissimo numero nella vigna Ceccarelli, ove le vestigia
tuttora vediamo di quegli edifici ; e molte delle epi-
grafi, ch'erano state collocate nel bosco sacro, fino dal
secolo quarto o quinto furono indi tolte e adoperate
a coprire sepolcri nel Vaticano , in s. Paolo ed in
altri cimiteri.

Or ecco inaspettatamente troviamo, che il mede-
simo bosco sacro degli Arvali fu dato dai cristiani
imperatori alla chiesa romana, e che il papa Damaso
eresse quivi un oratorio, attorno al quale e sotto il
quale esiste un cimitero fino ad ora a tutti ignoto.
Questo importante monumento della vittoria del cri-
stianesimo, del quale ninna memoria nò cenno ave-
vamo, è un nuovo anello, che collega lo studio e
l'esame delle profane antichità con quello delle cri-
stiane. Perciò merita speciale illustrazione ; e poiché
la scoperta non è ancora compiuta, in questo foglio mi
contenterò di narrare la storia del trovamento ; in un
altro Bullettino illustrerò i monumenti trovati, propo-
nendone accurati disegni.

Dopo il rinvenimento della tavola arvalica nero-
niana narrato nel Bullettino dell' Agosto 1866 il eh.
sig. dottor Henzen coi sussidi] fornitigli dalla reale
corte di Berlino e dall'Istituto archeologico ha intra-
preso l'esplorazione degli edifici e del luco degli Ar-
vali nella vigna predelta sotto la direziono del signor
Ceccarelli e del sig. cav. Rosa. Cominciali gli scavi
nel luogo, donde venne in luce la tavola neroniana,
e proseguiti attorno alle vestigia del tempio rotondo,
sono tornati in luce circa trenta frammenti di atti ar-
valici ; i quali giacevano sotto la terra distribuiti così,
che i più antichi, quelli cioè dei tempi di Caligola e di
Nerone, occupavano (come la tavola trovata nel 1866)
il lato occidentale, i posteriori il lato orientale. Dalla
quale osservazione e serie cronologica il dotto illu-
stratore dei nuovi pezzi di arvalici annali, il eh.
sig. Henzen, ottimamente inferì, che veramente quei
marmi scritti rivestirono un dì le pareti, a piò delle
quali ne giacevano le reliquie, non furono colà tra-

sferiti da altre parti della vigna (1). Ciò conferma in
genere i miei raziocinii sulla conservazione dell' edi-
lìzio nel secolo quarto, dalle cui esterne pareti cad-
dero a poco a poco i marmorei rivestimenti ; confer-
ma altresì che quel tempio è Yaedes Deae Diae, nella
quale dai tempi dei primi Cesari a quelli in circa
degli Antonini furono incisi gli annali del sacerdotale
collegio (2).

Ma la rinvenuta copia di frantumi dei desiderali
aiti non corrispondeva all' espettazione ; e benché le
scoperte fatte nel secolo XVI dimostrino, che quivi più
volte il suolo fu frugato e ne furono espilati i mar-
mi, pure al eh. Henzen rimase un raggio di speranza
di trovare altrove dentro quella medesima vigna molte
delle perdute pagine epigrafiche. Imperocché i pro-
prietarii della vigna e il eh. sig. Pellegrini proprie-
tario anch'esso d'una vigna limitrofa testificavano,
che nell' alto del colle, al quale è addossato l'edifi-
cio, talvolta sono apparsi a fior di terra frammenti
arvalici dei tempi medesimi di quelli, che giacevano
a piè del tempio. Quantunque dovesse sembrare stra-
no, che siffatti marmi in luogo di rotolare al basso
sieno salili in alto , pure l'Henzen non dispregiò l'in-
dizio ed ordinò l'esplorazione dell' alto clivo. Il ten-
tativo ebbe successo maggiore d'ogni speranza. Non
voglio io prima del felice scopritore annunziare al
pubblico quali e quante sono le importantissime epi-
grafi arvaliche ricuperate alla scienza mercè l'intra-
preso partito, che doveva sembrare quasi disperato.
Ma spetta al mio Bullettino narrare come e perchè
quelle epigrafi erano salite alla cima del clivo ; e il
cortesissimo sig. dottor Henzen mi dà piena licenza
di farlo.

Le marmoree tavole degli Arvali erano quivi miste
a marmi profani tolti ad altri monumenti e a grandi
tegole bipedali romane , ed erano state adoperate a
costruire arche sepolcrali. Basta questo fatto per in-
tendere, che siffatto sepolcreto è cristiano e di tempi
posteriori all' abolizione del paganesimo. In fatti tra
le tegole bipedali ne fu notata una coli' impronta della
fornace CLAYDIANA scritta a circolo attorno al mo-
nogramma ^ ; della quale fornace e del trovarsene
sempre i mattoni nei cimiteri dei tempi della pace ho

(1) Nuovi framm. degli atti dei fratelli Arvali illustrati da G. Henzen
tiegli Ann. dell' Ist. di corrisp. ardi. 1867 pag. 229.

(2) V. Ball. 1866 pag. 59.
 
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