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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 7.1904

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Fasc. 1
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Toesca, Pietro: Umili pittori fiorentini del principio del quattrocento
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https://doi.org/10.11588/diglit.24149#0102

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PIETRO TOESCA

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per il brio onde egli animò i suoi angioli, per i ricordi della maniera di Lorenzo Monaco, per
qualche fuggevole riflesso dell’Angelico, che il pittore della predella fiorentina andò distinto
dagli altri umili artefici fiorentini, non immeritevole di essere per un istante suscitato dal-
l’ombra.

E Iacopo del Casentino? I suoi caratteri artistici restano ancora indeterminati, chè il
tabernacolo di Via de’ Malcontenti, a Firenze, e gli affreschi di Orsantnichele, nei quali egli
ebbe parte, sono ridotti in tale stato da non poter più servire di fulcro alla ricerca stilistica.
La grande tavola della Galleria Nazionale di Londra, recante il nome di Iacopo, non ha
altra prova di questa attribuzione che la sua provenienza da Pratovecchio, in Casentino.
Ivi, come narra il Vasari, era stato sotterrato il pittore, ed un epitaffio ne lodava l’abilità
soggiungendo come Iacopo mai non avesse dipinto su tavola, ma si fosse sempre attenuto
all’affresco.1

Dagli affreschi conservati ad Arezzo e attribuiti al casentinese poco si può desumere,
chè tutti mostrano caratteri fra loro discordanti. A Poppi ove, secondo il Vasari, Iacopo
lavorò, esiste nella chiesa dell’antica badia di Certomondo un affresco della seconda metà del
Trecento, opera di scarso merito: gli affreschi ancora conservati nella cappella dell’antico
castello de’ conti Guidi hanno invece una certa importanza. Rappresentano nei lunettoni delle
pareti, divisi ciascuno in due parti, storie di San Giovanni Evangelista (la Resurrezione di
Drusiana e l’Assunzione del santo al cielo), di Maria (la Circoncisione del Bambino ed il
Transito), del Battista (la Predicazione e la Cena di Erode); nella volta, entro quattro meda-
glioni, vedevansi le figure degli evangelisti: dai visi, dalle vesti, il colore è quasi interamente
caduto scoprendoci la tecnica del pittore, la preparazione bruna del volto delle figure velata
con un roseo opaco, del quale ancora non ci avvenne di ritrovare il simile in altri affreschi.
Le storie di San Giovanni Evangelista ricordanti nella composizione gli affreschi di Giotto in
Santa Croce, la larghezza del disegno nella Circoncisione, la ricerca del caratteristico nelle
figure adipose, sensuali, dei banchettanti nella Cena di Erode ci fanno credere che anche
queste pitture appartengano alla scuola di Taddeo Gaddi e di Giovanni da Milano; ma, per
quanto gli affreschi di Orsanmichele possono servire al confronto, è da ritenere che nei
dipinti del castello di Poppi Iacopo del Casentino non abbia avuto mano.

Pietro Toesca.

1 Vasaki, Le V'ite ecc., ed. cit., I, 675.
 
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