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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 7.1904

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Fasc. 2
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Testi, Laudedeo: Il monastero e la chiesa di Santa Maria d'Aurona in Milano secoli VIII - XI - XVIII, [2]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24149#0172

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IL MONASTERO E LA CHIESA DI SANTA MARIA D'AURONA

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le epigrafi dei capitelli di San Clemente al Celio in Roma (514-523) e la stessa di Aurona:
« Julianus me fecit sic pulcrum » contemporanea su per giù all’ «hic requiescit ».’ Dall’ xi se-
colo in avanti, diventano legione.

Qui miuste fuit damnatus. Quando e da chi? Non da Ariberto II per le ragioni cro-
nologiche esposte, e perchè l’Orona bavarica, sposa e madre, non ebbe nulla di comune con
la suora di Milano. Però la omonimia di queste due donne ha certamente influito sulla for-
mazione recentissima della leggenda intorno alle persecuzioni politiche sofferte da Teodoro.
Ma ciò non impedisce che condanne ecclesiastiche siano state profferite verso il vescovo e
cercheremo di dimostrarlo. Chi poteva togliere « alla sede » Teodoro II, come dice il Ritmo?
Non il mite Liutprando, il quale poi, non avrebbe certamente tollerato che il popolo 1 2 rimet-
tesse il vescovo nella sua sede. Chi dunque? Solo l’autorità ecclesiastica romana. Paolo Dia-
cono e più recenti cronisti ci serbarono memoria delle controversie secolari della sede mila-
nese con Roma papale. I successori di Ambrogio obbedivano mal volentieri ai successori
di Pietro. I litigi di precedenza rimontano storicamente al secolo vi, quando Lorenzo (490 f 512)
vescovo di Milano 3 andò in Roma al concilio (a. 499) indetto da papa Simmaco (498 f 514)
e volle il primo luogo dopo il vescovo di Roma, contro le pretese dei vescovi di Aquileia
e di Ravenna. Tali controversie, insieme a molte altre di giurisdizione, continuarono poi
sempre nel Medioevo. Benedetto (681-725), antecessore di Teodoro II, andò egli pure a Roma,
ma, ad onta della santità della sua vita, nulla ottenne da Costantino I (708 f 715). Benedetto
sosteneva: che essendo il vescovo di Pavia suffraganeo di quello di Milano, le nomine fatte
in Roma erano nulle in diritto per varie ragioni ; ma il papa non ne tenne conto e consacrò
il vescovo di Pavia. Il Fiamma4 ci avverte: nè questa consacrazione fu irrita, anzi fu rite-
nuta ottima (secundum jura).

Che avrà fatto Teodoro? non lo sappiamo, però se terremo presente il Ritmo, che adombra
singolari avvenimenti di deposizione, e il fatto notevolissimo che fra una lunga serie di vescovi
milanesi canonizzati5 egli solo non è santo, pur con una permanenza duratura nella sede,
mentre il successore Natale, vescovo per pochi mesi, fu santificato, dovremo ragionevolmente
concludere per una condanna ecclesiastica. Il fatto che Paolo Diacono,6 monaco cassinese,
ricorda con tante lodi Benedetto e tace completamente del successore Teodoro, non è senza
significato, tanto più che al Diacono non potevano essere ignoti i fatti misteriosamente accen-
nati nel Ritmo, avvenuti nella sede ecclesiastica più importante d’Italia, dopo Roma. Inoltre
Teodoro non è ricordato fra i vescovi presenti al gran concilio eucumenico indetto nel 732
da Gregorio III (731-741) contro l’imperatore Leone III l’Isaurico (717 f 741), il quale nel 726
aveva proscritto il culto delle immagini. A quel concilio7 di straordinaria importanza, par-
teciparono novantatre vescovi d’Italia, fra i quali gli arcivescovi di Grado e di Ravenna.
Non è strana l’assenza del primate milanese in una questione capitale pel dogma? Ci sembra
poi che il damnatus, in una chiesa abbia, più che altro, significazione di condanna ecclesia-
stica. Nè il lettore si meravigli se con tanta sicurezza proponiamo tale soluzione, poiché,
tra i vescovi milanesi, non mancano esempi numerosi di condanne e deposizioni. Anseimo I

1 Dico su per giù, poiché, mentre l’iscrizione di
Giuliano sarà stata fatta prima di porre in opera il
capitello, quella di Teodoro deve esser stata scolpita
dopo che gli avanzi del vescovo furono trasportati nella
nuova chiesa, e ciò non poteva farsi avanti che la co-
struzione fosse compiuta e dedicata, con le forme
rituali.

2 « . . quem ad sedem raptum, trahens prò amore
Populus ».

3 Sassi, op. cit., Voi. I, pag. cxx e Puricelli,

Laurentii Littae vita, Mediolani, anno 1659, cap. XXIV.

1 Op. cit., pag. 536.

s S. Johannes I (649-660); S. Antonius (660-661);
S. Mauricillus (661-662); S. Ampellius (667-672); S.
Mansuetus (672-681); S. Benedictus (681-725); Teo-
doro II (725-739); S. Natalis (740-741). Si vedono
santificati Sant’Antonio, San Mauricillo e San Natale
con un solo anno di sede, spesso incompiuto.

6 MM. GG. HH., pag. 174, n. 29, libro VI.

7 Labbei et Gabriel Cossartii, Sacrosanta Concilia
(Studio Philipp.), Venetiis MDCCXXIX, tomo VIII,
pag. 218.

L’Arte. VII, 17.
 
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