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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 7.1904

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Fasc. 4
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Corrieri
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https://doi.org/10.11588/diglit.24149#0465

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4io

CORRIERI

Pisanti l’ha chiamata — possa servire di modello ad
altre di simi! genere — che tutti san'no come, pur-
troppo, vengano condotte — principalmente per il ri-
spetto con cui il monumento è stato1 trattato, non ma-
nomesso da indelebili segni di vanità personale.

Naturalmente questi lavori han portato un certo ri-
sveglio negli studi delle arruffale questioni attinenti

Seconda cornice : Pezzo d’angolo sporgente a destra
Napoli, Arco di Alfonso d’Aragona

all’arco. Finora, dei più noti, sono scesi in campo
W. Rolfs 1 che, dando molto peso all’affermazione del
Summonte, sostiene essere stato Francesco di Laurana
direttore della costruzione dell’Arco, ed Ettore Ber-
nich, che, con argomenti sempre più sottili, attribuisce
l’architettura dell’edifìcio a L. B. Alberti.

Sappiamo intanto che A. Avena prepara una mi-

1 Jahrb. d. konigl. prenss. Kunstsarmnl., 1904.

nuta relazione sui lavori eseguiti intorno all’arco.
Quando questa sarà pubblicata ritorneremo sull’argo"
mento, sia dei restauri che delle attribuzioni.

La Pinacoteca del Museo di Napoli. — Pare
davvero che un destino funesto incomba su questa
collezione. Dopo molti anni d’inutili lamenti, la sua
sistemazione fu alfine decisa, e ne fu affidata la dire-
zione al prof. Adolfo Venturi. Ma, per le varie vicende
cui è andato soggetto il Museo in questi ultimi tempi,
egli non ha potuto condurla a termine, mentre non
mancavano che pochi giorni ancora perchè il lavoro
fosse compiuto. Alla Galleria erano state concesse
quindici camere e alcuni grandi saloni. Le prime, illu-
minate da lucernari posti al centro erano state già ri-
coperte da una stoffa verde-scura, mentre i saloni ave-
vano ancora la loro carta azzurra corrosa dal tempo.
Il Venturi abolì l’antica disposizione dei quadri in
cinque o sei file che rendeva impossibile uno studio
accurato; e relegando alcune opere di scarsa impor-
tanza ne’ depositi, distribuì i quadri sur una sola linea,
fuorché quelli di piccole dimensioni e quindi ben visi-
bili anche messi l’uno su l’altro. Nell'aggruppamento
— compatibilmente con le ragioni dello spazio e della
disposizione estetica — seguì il criterio di scuola e di
epoca, evitando anche, per quanto era possibile — dato
lo scarso numero di quadri che spesso rappresentano
una scuola — il frammischiamento.

Nella prima sala furono esposte alcune opere di
artisti napolitani della fine del secolo xv o del prin-
cipio del xvi, che mostravano in modo più evidente
delle altre di identica scuola il dominio che la pittura
fiamminga ebbe su la pittura napolitana della fine del
'400 e del principio del '500. E per mettere in grado
i visitatori di notare facilmente questo carattere della
pittura napolitana, ordinò nella sala seguente i pochi
quadri veramente fiamminghi che possiede la Pinaco-
teca; e a questi collegò le due note opere del Bren-
ghel e i quadri di scuola tedesca. Tra le opere napo-
litano si trovava anche la famosa tavola col San Giro-
lamo onorata da tante e sovente insulse attribuzioni.

Nella terza camera vennero raggruppati alcuni insigni
lavori di scuola fiorentina, fra cui un Giottino, le due
tavole di Masolino, un Masaccio, un Botticelli, un
Pier di Cosimo, un Lorenzo di Credi, un Fra Barto-
lomeo. Nella quarta i veneti: il Ritratto del cardùial
Rossi e una Sacra Famiglia del Lotto, la Trasfigu-
razione di Giambellino, due Vivarini, due Mantegna,
un’opera trionfale di Palma Vecchio, due Sebastiano
del Piombo. I lombardi, gli umbri, i ferraresi erano
nella quinta. Una Vergine « molle e maestosa » del
Luini, la gran tavola sempre grandiosa benché assai
malandata di Cesare da Sesto, un’Assunzione del Pin-
turicchio, un’altra del Sodoma, piena di luce, una
Vergine forse dello Spagna, una Deposizione franca e
forte dell’Ortolano, due Garofalo, due Dosso vibranti
 
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