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MARY Ì'ITTALUGA
In realtà, mai altra volta nella storia della riflessione intorno ad un oggetto d'arte,
si assiste, ch'io mi sappia, a così « meravigliosa » discordanza di valutamento. Dal Bo-
schini, che assume dinanzi ad essa, linguaggio quasi mistico,1 all'Algarotti, il quale la
dichiara «un ammonzicchiamento di figure... un formicaio, un nuvolo, un caos... »2 dal
Ruskin, che la dice «l'opera più preziosa, che Venezia possegga »3 al Taine, cui semina
«un debordement de l'imagination et du genie... »4 al Thode; che la definisce «cine der
hochsten Schòpfungen »...s
Più che il discorde giudizio degli scrittori moderni e stranieri, può sorprender, tuttavia,
quello dei contemporanei e degli storici sei-settecentisti, venèziani. A Roma, a Firenze,
a Parigi, l'arte del Tintoretto, giudicata secondo criteri inadatti al suo valutamento.
poteva esser discussa; ma a Venezia?
Non tanto ne^'li effettivi caratteri artistici dell'opera io vedrei la causa di così on-
deggiante atteggiamento spirituale, quanto nel coesister di due tendenze estetiche, cui
il giudizio di essa era sottoposto. V'era, da un lato, chi considerava la visione di tono,
come Tiziano l'aveva impersonata, più che come il Veronese, ideale insuperabile in ogni
pittura: lo Zanetti, sul finir del Settecento, ce ne conferma. Dall'altro, invece, stava la
schiera di quelli, i quali, seguendo il normale evolversi delle cose, inducevano il proprio
spirito sulla via del luminismo, indulgendo a gusti seicentisti. Ora, a costoro, l'aspetto
del Paradiso, già del tutto barocco (Woelfflin avrebbe potuto trovare, in esso, la con-
ferma alle antitesi delle sue categorie!), doveva dar un appagamento, che, all'opposto,
i fautori della « maniera antica » non sentivano. E poiché il resultato critico d'ogni em-
pirico stato spirituale dinanzi all'arte, come dinanzi alla natura, è la lode e il biasimo,
lode e biasimo l'opera suscitò; senza che, effettivamente, fosse tenuto conto di ciò che
in essa v'era, di positivo e di negativo.
Le eccezionali dimensioni, poi, e il numero stragrande delle figure appaienti, di-
sposte in modo da suggerir la presenza di infinite retroposte schiere, non potevano non
impressionare gli animi di coloro, che oscillavano fra l'approvazione o no, poiché troppe
volte, nel giudizio dell'arte, extrartistici criteri di materialità prendono il posto di prin-
cipi di critica pura. È innegabile che le difficoltà d'attuazione pratica d'un progetto
aumentano sensibilmente coll'aumentar delle proporzioni dell'opera: ma poiché, valutando
l'arte, conviene astrarre da ogni circostanza non inerente al fenomeno, il quale dev'esser
considerato, essenzialmente, nel suo finale resultato estetico, così anche il giudizio della
vastissima tela di Palazzo ducale convien resulti scevro di tutto ciò che è effetto di causa
extrartistica.
La preistoria del Paradiso fu assai studiata dal dott. Hadeln. il quale credè di poter
restituire ai rispettivi autori i due bozzettoni, noti sotto il nome del Tintoretto, a Lille
e all'Eremitage: il primo apparterebbe al Veronese e il secondo a Fr. Bassano, e sareb-
bero i rispettivi progetti presentati dai due artisti alla giuria, quando si trattò di farsi
innanzi, per ottener l'incarico dell'opera. Io, dei due studi, non ho visto che le riprodu-
zioni fotografiche, le quali, se non sono sufficienti a dar delle due open- precisa idea, non
sono, d'altra parte, neppur sufficienti a indurre alla condanna d'un'ipotesi, che ha aspetto
di verisimiglianza.''
Restano così, a Jacopo il bozzetto del Louvre (ricordato ;;ià dal Ridolfi presso i
conti Bevilacqua di Verona) e quello del Prado, che, più d'ogni altro, s'avvicina nel suo
insieme all'originale. Anzi, proprio il fatto dell'affinità dell'abbozzo alla composizione
definitiva, fece nascer dubbi di non autenticità. Si disse: il pittore non soleva ripetersi
s Voyage en Italie, Paris, 1882, pag. 149.
" Cfr. Jahrbiich ti. preusx. Kunstsamm., iqiq,
III, pag. 1 ii).
MARY Ì'ITTALUGA
In realtà, mai altra volta nella storia della riflessione intorno ad un oggetto d'arte,
si assiste, ch'io mi sappia, a così « meravigliosa » discordanza di valutamento. Dal Bo-
schini, che assume dinanzi ad essa, linguaggio quasi mistico,1 all'Algarotti, il quale la
dichiara «un ammonzicchiamento di figure... un formicaio, un nuvolo, un caos... »2 dal
Ruskin, che la dice «l'opera più preziosa, che Venezia possegga »3 al Taine, cui semina
«un debordement de l'imagination et du genie... »4 al Thode; che la definisce «cine der
hochsten Schòpfungen »...s
Più che il discorde giudizio degli scrittori moderni e stranieri, può sorprender, tuttavia,
quello dei contemporanei e degli storici sei-settecentisti, venèziani. A Roma, a Firenze,
a Parigi, l'arte del Tintoretto, giudicata secondo criteri inadatti al suo valutamento.
poteva esser discussa; ma a Venezia?
Non tanto ne^'li effettivi caratteri artistici dell'opera io vedrei la causa di così on-
deggiante atteggiamento spirituale, quanto nel coesister di due tendenze estetiche, cui
il giudizio di essa era sottoposto. V'era, da un lato, chi considerava la visione di tono,
come Tiziano l'aveva impersonata, più che come il Veronese, ideale insuperabile in ogni
pittura: lo Zanetti, sul finir del Settecento, ce ne conferma. Dall'altro, invece, stava la
schiera di quelli, i quali, seguendo il normale evolversi delle cose, inducevano il proprio
spirito sulla via del luminismo, indulgendo a gusti seicentisti. Ora, a costoro, l'aspetto
del Paradiso, già del tutto barocco (Woelfflin avrebbe potuto trovare, in esso, la con-
ferma alle antitesi delle sue categorie!), doveva dar un appagamento, che, all'opposto,
i fautori della « maniera antica » non sentivano. E poiché il resultato critico d'ogni em-
pirico stato spirituale dinanzi all'arte, come dinanzi alla natura, è la lode e il biasimo,
lode e biasimo l'opera suscitò; senza che, effettivamente, fosse tenuto conto di ciò che
in essa v'era, di positivo e di negativo.
Le eccezionali dimensioni, poi, e il numero stragrande delle figure appaienti, di-
sposte in modo da suggerir la presenza di infinite retroposte schiere, non potevano non
impressionare gli animi di coloro, che oscillavano fra l'approvazione o no, poiché troppe
volte, nel giudizio dell'arte, extrartistici criteri di materialità prendono il posto di prin-
cipi di critica pura. È innegabile che le difficoltà d'attuazione pratica d'un progetto
aumentano sensibilmente coll'aumentar delle proporzioni dell'opera: ma poiché, valutando
l'arte, conviene astrarre da ogni circostanza non inerente al fenomeno, il quale dev'esser
considerato, essenzialmente, nel suo finale resultato estetico, così anche il giudizio della
vastissima tela di Palazzo ducale convien resulti scevro di tutto ciò che è effetto di causa
extrartistica.
La preistoria del Paradiso fu assai studiata dal dott. Hadeln. il quale credè di poter
restituire ai rispettivi autori i due bozzettoni, noti sotto il nome del Tintoretto, a Lille
e all'Eremitage: il primo apparterebbe al Veronese e il secondo a Fr. Bassano, e sareb-
bero i rispettivi progetti presentati dai due artisti alla giuria, quando si trattò di farsi
innanzi, per ottener l'incarico dell'opera. Io, dei due studi, non ho visto che le riprodu-
zioni fotografiche, le quali, se non sono sufficienti a dar delle due open- precisa idea, non
sono, d'altra parte, neppur sufficienti a indurre alla condanna d'un'ipotesi, che ha aspetto
di verisimiglianza.''
Restano così, a Jacopo il bozzetto del Louvre (ricordato ;;ià dal Ridolfi presso i
conti Bevilacqua di Verona) e quello del Prado, che, più d'ogni altro, s'avvicina nel suo
insieme all'originale. Anzi, proprio il fatto dell'affinità dell'abbozzo alla composizione
definitiva, fece nascer dubbi di non autenticità. Si disse: il pittore non soleva ripetersi
s Voyage en Italie, Paris, 1882, pag. 149.
" Cfr. Jahrbiich ti. preusx. Kunstsamm., iqiq,
III, pag. 1 ii).