UN DISEGNO DI BOTTICELLI AD AMBURGO
Nella esigua serie di disegni italiani appartenenti al gabinetto del Museo di Am-
burgo, appare, sotto l'indicazione generica di maniera botticelliana, un raro schizzo di
Sandro: un nudo di donna con gambe in croce e inclinate al ginocchio, come se la
figura dovesse poggiare sopra un sostegno, e la testa affondata nel cavo delle braccia,
piegate ai gomiti e tese con disperata violenza a formar cerchia al volto. l a sottigliezza
del segno, la purezza delle forme robuste e flessibili, l'ombra fitta vellutata e rapida,
il modellato sicuro e nervoso del nudo, il segno fremente ondato, che descrive lungo il
profilo del torso il trasalir dei muscoli nel pianto, l'esaltazione patetica del movimento
richiamano le opere del tempo tardo di Sandro: la Calunnia, i disegni per la Divina Com-
media, la Derelitta Pallavicini. E in particolare alla Derelitta, tragica immagine di donna
col volto affondato nelle mani convulse e nascosto dalla capigliatura nera, funebre velo
al pianto, curva in disperato abbandono sul sedile di pietra, contro le mura ostili della
casa che conobbe i suoi giorni lieti, al quadretto grigio e triste, ìiì cui il Botticelli scrisse
la pagina più alta del drammi nell'arte italiana, corre il nostro pensiero davanti a questa
immagine di Disperazione, percorsa per tutte le fibre dell'agile nudo dal sussulto
dei singhiozzi, abbattuta da irrefrenabile pianto. Le braccia tese, serrate con simultaneo
impeto intorno al volto, disegnan contorni acuti come lacerante grido ; della testa
appare solo, in uno sbuffo nubiforme, la chioma; invisibile è il volto inabissato dal
pianto nella cerchia delle braccia e delle spalle, che ripercuote ne' suoi contorni il bri-
vido dei singhiozzi, ed esprime nel cuneo dei gomiti, appuntati con estrema violenza,
il parossismo del dolore, l'impeto selvaggio della disperazione.
Il mistero creato, come nel quadro, dal celarsi del volto, aumenta l'impressione di
un dolore incancellabile infinito eterno, quale la penna sottile del Botticelli disse nei
contorni dei reprobi incalzati tra le scheggiate rocce d'Averno dagli strumenti della
vendetta di Dio.
Adolfo Venturi.
Nella esigua serie di disegni italiani appartenenti al gabinetto del Museo di Am-
burgo, appare, sotto l'indicazione generica di maniera botticelliana, un raro schizzo di
Sandro: un nudo di donna con gambe in croce e inclinate al ginocchio, come se la
figura dovesse poggiare sopra un sostegno, e la testa affondata nel cavo delle braccia,
piegate ai gomiti e tese con disperata violenza a formar cerchia al volto. l a sottigliezza
del segno, la purezza delle forme robuste e flessibili, l'ombra fitta vellutata e rapida,
il modellato sicuro e nervoso del nudo, il segno fremente ondato, che descrive lungo il
profilo del torso il trasalir dei muscoli nel pianto, l'esaltazione patetica del movimento
richiamano le opere del tempo tardo di Sandro: la Calunnia, i disegni per la Divina Com-
media, la Derelitta Pallavicini. E in particolare alla Derelitta, tragica immagine di donna
col volto affondato nelle mani convulse e nascosto dalla capigliatura nera, funebre velo
al pianto, curva in disperato abbandono sul sedile di pietra, contro le mura ostili della
casa che conobbe i suoi giorni lieti, al quadretto grigio e triste, ìiì cui il Botticelli scrisse
la pagina più alta del drammi nell'arte italiana, corre il nostro pensiero davanti a questa
immagine di Disperazione, percorsa per tutte le fibre dell'agile nudo dal sussulto
dei singhiozzi, abbattuta da irrefrenabile pianto. Le braccia tese, serrate con simultaneo
impeto intorno al volto, disegnan contorni acuti come lacerante grido ; della testa
appare solo, in uno sbuffo nubiforme, la chioma; invisibile è il volto inabissato dal
pianto nella cerchia delle braccia e delle spalle, che ripercuote ne' suoi contorni il bri-
vido dei singhiozzi, ed esprime nel cuneo dei gomiti, appuntati con estrema violenza,
il parossismo del dolore, l'impeto selvaggio della disperazione.
Il mistero creato, come nel quadro, dal celarsi del volto, aumenta l'impressione di
un dolore incancellabile infinito eterno, quale la penna sottile del Botticelli disse nei
contorni dei reprobi incalzati tra le scheggiate rocce d'Averno dagli strumenti della
vendetta di Dio.
Adolfo Venturi.