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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 28.1925

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Fasc. 1
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Serafini, Alberto: Frammento musivo di Giotto in S. Pietro
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https://doi.org/10.11588/diglit.17345#0084

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ALBERTO SERAFINI

data iòio, ci narrava che esso, opera di Giotto « pictor egregius », proveniva dalla Storia della
Navicella. Sappiamo infatti che il disgraziato musaico, tolto dal suo luogo d'origine nel
1610. rimase in terra diviso in tre grandi pezzi fino al 1619; ma non raggiunse il suo luogo
attuale che verso il 1675, dopo una movimentata vita di traslochi, che avrebbero già per se
stessi finito a distruggere qualunque opera d'arte.

Dovremmo arguire dall'iscrizione di Boville, per analogia, che anche il musaico della
cappella delle Partorienti finisse nella nuova sede tra il 1610 e il 1619. E di quegli anni in-
fatti paleograficamente appare essere la scritta marmorea, che vi sta sopra: « Angelus e
musivo — opus Jotti », la quale nella sua affermazione sintetica ci rassicura che siamo
avanti ad un frammento della vera Navicella.

Sarebbe quindi (piasi ozioso il chiederci il posto esatto di questo Angelo e dell'altro di
Boville nel musaico di Giotto, se non fosse che il più antico documento iconografico sicuro
della Navicella (il disegno Pembroke) non ce li ha trasmessi.1 Ma quel disegno non ci ha tra-
smesso neppure l'iscrizione in versi, che certissimamente era ai piedi del musaico, e che cono-
sciamo attraverso la Silloge epigrafica - del notare romano Nicola di Lorenzo, formata
avanti il 1347. Che i due angeli fossero di qua e di là da quella iscrizione riempiendo così
la lunghezza del quadro sovrapposto, è possibile; sebbene non possa assolutamente esclu-
dersi che anziché in basso fossero agli angoli superiori, mancanti nel disegno Pembroke.3

Oggi, avanti all'opera di Giotto, nuovamente, dopo tanti secoli di oblio, ritornata alla
luce, sia pure fatiscente ma nel suo stato originale e senza restauri, il che non può propria-
mente dirsi dell'Angelo di Boville, ci sia dato di sentirne il fascino e la potenza: indice sicuro
della nuova via aperta all'artista fiorentino dal suo contatto con l'arte del Cavallini. Senza
decisi riflessi della precedente arte bizantina il maestro imposta la sua figura con solennità,
romanamente, nell'espressione del viso, nella disposizione dell'abito. Minuta la tecnica,
piccole le tessere, non numerose le tinte, è principalmente i! senso della sicurezza che l'artista
volle esprimere, e che ci fa provare, non altrimenti di quel senso di sicurezza, che indubbia-
mente doveva vedersi nella scena superiore, nel dibattito tra le due figure principali del
quadro: Cristo che sovrasta immoto, sicuro, alla tempesta e Pietro, l'Apostolo, che a Lui
si raccomanda.

Alberto Serafini.

Roma, 14 Dicembre

miro opere fecit. In atr... demolit... novam templi...
demolivit. A(n)no cididx ». Non sappiamo come
precisamente completare l'ultima frase dell'iscri-
zione, sebbene si alluda in essa per certo alla prima
traslazione del musaico, avvenuta proprio nel 1(1 io
per ordine di Paolo V, come risulta anche dalla
notizia lasciataci dal Grimaldi negli I «strumenta
(cfr. Arch. Cap. di S. Pietro, ('od. (.'•. 13, c. 171),
nell'occasione dell'inizio dei lavori per la nuova
facciata della Basilica Vaticana.

1 l.a iconografia della « Navicella » fu già deter-
minata nell'articolo importantissimo di !.. Vkn-
turi, La Navicella di Ciotto (cfr. L'Arte, i<)22,
p. 49 e seg.). Ma sul posto dei due angeli il Venturi
non volle decidersi.

2 Non si può fare a meno di notare che nella

Silloge era detto precisamente il luogo dell'iscri-
zione, cioè sotto il musaico. « In paradiso ecclesiae
Sancii Petri subtus X ari in musaicam smit ii
versus » (cfr. Di: Rossi, 1nscriptiones, II, 323).
Si sa poi che l'iscrizione era parimenti in musaico
e fu detta nel sec. xvi in caratteri longobardi : cioè
con tutta probabilità in lettere maiuscole gotiche.

3 II Caschili (in loc. cit.) ha proposto la prima
soluzione: rna essa non è scevra da dubbi. Se co-
noscessimo la misura della larghezza dell'antico
musaico, sarebbe ora relativamente facile il con-
fronto, poiché la larghezza degli angeli (sono circa
cm. 70 ciascuno) più quella dell'iscrizione, facil-
mente ricostruibile, dovrebbero darci la larghezza
totale del musaico. Ma è inutile cercare questa sul
musaico attuale!
 
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