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ADOLFO VENTI'RI
e tutto lascia trasparir la maniera: le calligrafiche pieghe della tunica, i festoncini segnati
al velo da un orlo di bianca luce, allo scollo della tunica da un nastrino nero. Nessuno
ritroverebbe, nel pittore lezioso e illanguidito di questi quadri, il Costa del San Seba-
stiano di Dresda, in cerca di energie cosmesche, e neppure il forte plastico del ritratto di
Giovanni II Bentivoglio nella galleria Pitti, a Firenze. La grossa Vergine, sfatta, si muove
ad arco, e ad arco, a gorghi, si aggiran le pieghe, seguendo l'abbandono del languido
ritmo emiliano, debole preludio ai dolci abbandoni di curve, alle sinuosità calligrafiche
Fig. 15. — Ritratto nel Museo di Lilla.
del giovane Correggio. Le carni sono di un arido tono rossastro; la veste di velluto rosso
rubino non s'accorda al rosso violaceo della tenda.
A Lorenzo Costa, e non al Chiodarolo, come pensammo scrivendo la terza parte del
settimo volume, appartiene un ritratto di gentildonna a Lille (fig 15), anzi al periodo migliore
del Costa, poco dopo l'ancona di San Petronio, quando le sue forme, create sotto l'im-
pressione dell'arte veneta, hanno modulo ampio, plastica evidenza. Altri due ritratti
muliebri di Lorenzo, e questi degli ultimi tempi, sono nel palazzo reale di Hampton
Court e nella collezione del Museo von Schwazenstein di Francoforte. In entrambi la testa
ha lo stesso modulo, tipico delle opere tarde di Lorenzo Costa: ovale di geometrica re-
golarità, quasi delineato con l'aiuto del compasso, tra i contorni dittici segnati, calli-
graficamente, da fili di capelli e da orli di velo; in entrambi l'atteggiamento è armonioso,
indietreggiante il collo perchè il volto meglio si spiani sull'ombra del fondo, lumeggiato
ogni filo della chioma, con cura particolaristica, e teso a fasciar di una benda serica
ADOLFO VENTI'RI
e tutto lascia trasparir la maniera: le calligrafiche pieghe della tunica, i festoncini segnati
al velo da un orlo di bianca luce, allo scollo della tunica da un nastrino nero. Nessuno
ritroverebbe, nel pittore lezioso e illanguidito di questi quadri, il Costa del San Seba-
stiano di Dresda, in cerca di energie cosmesche, e neppure il forte plastico del ritratto di
Giovanni II Bentivoglio nella galleria Pitti, a Firenze. La grossa Vergine, sfatta, si muove
ad arco, e ad arco, a gorghi, si aggiran le pieghe, seguendo l'abbandono del languido
ritmo emiliano, debole preludio ai dolci abbandoni di curve, alle sinuosità calligrafiche
Fig. 15. — Ritratto nel Museo di Lilla.
del giovane Correggio. Le carni sono di un arido tono rossastro; la veste di velluto rosso
rubino non s'accorda al rosso violaceo della tenda.
A Lorenzo Costa, e non al Chiodarolo, come pensammo scrivendo la terza parte del
settimo volume, appartiene un ritratto di gentildonna a Lille (fig 15), anzi al periodo migliore
del Costa, poco dopo l'ancona di San Petronio, quando le sue forme, create sotto l'im-
pressione dell'arte veneta, hanno modulo ampio, plastica evidenza. Altri due ritratti
muliebri di Lorenzo, e questi degli ultimi tempi, sono nel palazzo reale di Hampton
Court e nella collezione del Museo von Schwazenstein di Francoforte. In entrambi la testa
ha lo stesso modulo, tipico delle opere tarde di Lorenzo Costa: ovale di geometrica re-
golarità, quasi delineato con l'aiuto del compasso, tra i contorni dittici segnati, calli-
graficamente, da fili di capelli e da orli di velo; in entrambi l'atteggiamento è armonioso,
indietreggiante il collo perchè il volto meglio si spiani sull'ombra del fondo, lumeggiato
ogni filo della chioma, con cura particolaristica, e teso a fasciar di una benda serica