RAVENNA E I PRINCIPI COMPOSITIVI DELL'ARTE BIZANTINA 249
di quello che sarebbe il fondo, e quello degli og-
getti fioriti e gemmati che vi son messi, fa di
tondo e di architettura un piano unico: un ac-
cordo di colori.
Su questo piano gli oggetti si presentano senza
nessuna sistematicità, ripetute volte, distanzian-
dosi appena, ed allora colori ed oggetti scoprono
una nuova capacità del piano: quella di interessare
con simmetriche divisioni.
Per questa apparizione del piano, per la man-
canza di intervallo « vuoto », per la disarticola-
zione, ci troviamo in presenza dell'Oriente, ad
ammonimento che più di ciò che è rappresentato
importa in arte n il modo » della rappresenta-
zione, che è la libertà, l'anima dell'artista.
Così pure, le figure romane degli stucchi sono
romanamente brutte: viceversa presentandosi
così chiare sul fondo bruno e prendendo parte alla
((imposizione ornamentale degli archi, trovano
grazia per le forme goffe e imprecise.
Di parte in parte, si avverte che così è per ogni
pezzo, e si è quasi spaventati vedendo che nulla
è secondario, che in nessun punto l'attenzione si
riposa, ma sempre aperta, intensa, calda, abbrac-
cia anche le parti meno in vista, anche i sottar-
chi, dove stende uno presso l'altro i semplici fre-
gi schiettamente orientali, con inesauribili' gusto.
Ma ben altro che il contatto di colore a colore
tiene unito l'interno battistero. I.a mancanza di
subordinazione non produce anarchia: la ripeti-
zione potrebbe produrre e non produce monotonia.
Perchè di fronte a una trattazione degli oggetti
simile a quella persiana sentiamo uno spirito più
ICile, più volontario, più sottile"
Se mancasse la cupola l'orse quest'impressione sa-
rebbe attenuata: il Cristo centrale attento al batte-
simo, non è ordinatore ed esempio solo nella funzione
dell'edilìzio, ma è centro dell'ideazione artistica.
Esiste un centro, cosa che mancava all'arte
orientale; esso dà un ordine alla visione disarti-
colata: segna una direzione; basandosi sulla l'orma
architettonica raccoglie la rappresentazione sparsa.
Intatti otto fasci, coinè raggi, salgono per gli
otto lati al centro, e si può ammirare come così
semplice mezzo dia all'insieme un caràttere ori-
ginale. Indicare un centro è tradurre sul piano
la visione organizzatrice classica, semplificandola;
è trovare l'espressione visibile di quello che là
era più intimo e nascosto all'interno della conce-
zione artistica. Con questa riduzione, l'ideale
classico poteva trasfondersi in quello orientale
come qui avviene.
Potevano così i fedeli trovare giustificato e
figurato il loro mondo morale, dove la legge e
l'ordine imperano; potevano riconoscervi Dio,
nella presenza della sua regola.
Infine il battistero, quando siamo arrivati così
a vederlo nella sua pienezza ci fa riflettere sull'idea
di infinità, che quest'arte può suggerire. Per la
forma continuata e quasi circolare, senza varietà
d'importanza fra le parti, mentre a chi lo vede
di fuori è piccolo come un cofanetto di gioielli,
appare da ultimo senza limiti precisi a chi dal-
l'esame dei musaici sia arrivato alla comprensione
dell'ordine immutabile. 1.'occhio che gira intorno
non è mai fermato da confini, nè attratto per di-
gnità maggiore da qualche parte (il centro è piut-
tosto presente nelle parti che àfifermantesi sopra
di esse); nella copia di elementi la mente perce-
pisce non un numero determinato, ma la molte-
plicità senza principio nè fine: infinita.
Pensando all'accusa di vacua rappresentazione
di pompa, che vien di solito puritanamente lanciata
contro l'arie bizantina, non c'è che sorriderne;
tanto più pensando alla povertà francescana del-
l'esterno del battistero, dove tuttavia abbiamo
notato punti di contatto con l'interno splendi-
dissimo.
Anche nel sepolcro di dalla Placidia (fig. 5)1 la
conservazione permette una veduta complessiva,
senza bisogno di sforzo di ricostruzione. Tranne per
un quadro di musaico, non si richiede nessuna me-
ditazione particolare per intenderlo, anzi è di più
facile e semplice coni prensione clic' il battistero.
E ci vuole da parte dell'osservatore minor lavoro
mentale perc hè infinitamente minore esso è stalo
negli artisti, che si sono abbandonati alla ca-
pacità emotiva del colore ed hanno fondato l'im-
pressione dell'opera anche su altri elementi, che
noteremo.
L'aspetto esterno ha i caratteri del battistero,
con sensibilità e finezza un po' minori. Archi cie-
chi più fondi e più forti sono l'unica variazione
ornamentale di questo piccolo tempio a croce
greca; è notevole che la linea degli archi conti-
nua quasi senza soste di fianco in fianco, tanto
che addirittura nell'angolo d'incontro degli avan-
corpi il pilastro collocato su un lato serve anche
per l'arco del lato adiacente.
Questa fila di archi, cioè, è t rat tata alla stregua di
1 I n elevato da dalla Placidia per sé e per i suoi, verso
la metà del sec. v; secondo A. Col asanti tra il 450 e il 452.
Recentemente !.. Ci.croia sollevo dubbi sull'esattezza dell'at-
tribuzione a Calla Placidia {Gius. GAROLA, Mausolei detto iti
£ /'., in Felix Ravenna, fase. V, gennaio 1 <j 12, pag. 211-1.5 e
Galla /'. e il cosiddetto suo mausoleo in Ravenna. Bologna.,
[912, pag. 49). Riteniamo convincente' la dimostrazione
fatta da Corrado Ricci, che, accettando l'opinione comune
fa risalire alla figlia di Teodosio l'erezione del mausoleo.
{Bollettino d'Arte del Ministero della 1'. /., K)i3. fase. XI;
1914, fase. I).
L'Arti, XXVIII. 32.
di quello che sarebbe il fondo, e quello degli og-
getti fioriti e gemmati che vi son messi, fa di
tondo e di architettura un piano unico: un ac-
cordo di colori.
Su questo piano gli oggetti si presentano senza
nessuna sistematicità, ripetute volte, distanzian-
dosi appena, ed allora colori ed oggetti scoprono
una nuova capacità del piano: quella di interessare
con simmetriche divisioni.
Per questa apparizione del piano, per la man-
canza di intervallo « vuoto », per la disarticola-
zione, ci troviamo in presenza dell'Oriente, ad
ammonimento che più di ciò che è rappresentato
importa in arte n il modo » della rappresenta-
zione, che è la libertà, l'anima dell'artista.
Così pure, le figure romane degli stucchi sono
romanamente brutte: viceversa presentandosi
così chiare sul fondo bruno e prendendo parte alla
((imposizione ornamentale degli archi, trovano
grazia per le forme goffe e imprecise.
Di parte in parte, si avverte che così è per ogni
pezzo, e si è quasi spaventati vedendo che nulla
è secondario, che in nessun punto l'attenzione si
riposa, ma sempre aperta, intensa, calda, abbrac-
cia anche le parti meno in vista, anche i sottar-
chi, dove stende uno presso l'altro i semplici fre-
gi schiettamente orientali, con inesauribili' gusto.
Ma ben altro che il contatto di colore a colore
tiene unito l'interno battistero. I.a mancanza di
subordinazione non produce anarchia: la ripeti-
zione potrebbe produrre e non produce monotonia.
Perchè di fronte a una trattazione degli oggetti
simile a quella persiana sentiamo uno spirito più
ICile, più volontario, più sottile"
Se mancasse la cupola l'orse quest'impressione sa-
rebbe attenuata: il Cristo centrale attento al batte-
simo, non è ordinatore ed esempio solo nella funzione
dell'edilìzio, ma è centro dell'ideazione artistica.
Esiste un centro, cosa che mancava all'arte
orientale; esso dà un ordine alla visione disarti-
colata: segna una direzione; basandosi sulla l'orma
architettonica raccoglie la rappresentazione sparsa.
Intatti otto fasci, coinè raggi, salgono per gli
otto lati al centro, e si può ammirare come così
semplice mezzo dia all'insieme un caràttere ori-
ginale. Indicare un centro è tradurre sul piano
la visione organizzatrice classica, semplificandola;
è trovare l'espressione visibile di quello che là
era più intimo e nascosto all'interno della conce-
zione artistica. Con questa riduzione, l'ideale
classico poteva trasfondersi in quello orientale
come qui avviene.
Potevano così i fedeli trovare giustificato e
figurato il loro mondo morale, dove la legge e
l'ordine imperano; potevano riconoscervi Dio,
nella presenza della sua regola.
Infine il battistero, quando siamo arrivati così
a vederlo nella sua pienezza ci fa riflettere sull'idea
di infinità, che quest'arte può suggerire. Per la
forma continuata e quasi circolare, senza varietà
d'importanza fra le parti, mentre a chi lo vede
di fuori è piccolo come un cofanetto di gioielli,
appare da ultimo senza limiti precisi a chi dal-
l'esame dei musaici sia arrivato alla comprensione
dell'ordine immutabile. 1.'occhio che gira intorno
non è mai fermato da confini, nè attratto per di-
gnità maggiore da qualche parte (il centro è piut-
tosto presente nelle parti che àfifermantesi sopra
di esse); nella copia di elementi la mente perce-
pisce non un numero determinato, ma la molte-
plicità senza principio nè fine: infinita.
Pensando all'accusa di vacua rappresentazione
di pompa, che vien di solito puritanamente lanciata
contro l'arie bizantina, non c'è che sorriderne;
tanto più pensando alla povertà francescana del-
l'esterno del battistero, dove tuttavia abbiamo
notato punti di contatto con l'interno splendi-
dissimo.
Anche nel sepolcro di dalla Placidia (fig. 5)1 la
conservazione permette una veduta complessiva,
senza bisogno di sforzo di ricostruzione. Tranne per
un quadro di musaico, non si richiede nessuna me-
ditazione particolare per intenderlo, anzi è di più
facile e semplice coni prensione clic' il battistero.
E ci vuole da parte dell'osservatore minor lavoro
mentale perc hè infinitamente minore esso è stalo
negli artisti, che si sono abbandonati alla ca-
pacità emotiva del colore ed hanno fondato l'im-
pressione dell'opera anche su altri elementi, che
noteremo.
L'aspetto esterno ha i caratteri del battistero,
con sensibilità e finezza un po' minori. Archi cie-
chi più fondi e più forti sono l'unica variazione
ornamentale di questo piccolo tempio a croce
greca; è notevole che la linea degli archi conti-
nua quasi senza soste di fianco in fianco, tanto
che addirittura nell'angolo d'incontro degli avan-
corpi il pilastro collocato su un lato serve anche
per l'arco del lato adiacente.
Questa fila di archi, cioè, è t rat tata alla stregua di
1 I n elevato da dalla Placidia per sé e per i suoi, verso
la metà del sec. v; secondo A. Col asanti tra il 450 e il 452.
Recentemente !.. Ci.croia sollevo dubbi sull'esattezza dell'at-
tribuzione a Calla Placidia {Gius. GAROLA, Mausolei detto iti
£ /'., in Felix Ravenna, fase. V, gennaio 1 <j 12, pag. 211-1.5 e
Galla /'. e il cosiddetto suo mausoleo in Ravenna. Bologna.,
[912, pag. 49). Riteniamo convincente' la dimostrazione
fatta da Corrado Ricci, che, accettando l'opinione comune
fa risalire alla figlia di Teodosio l'erezione del mausoleo.
{Bollettino d'Arte del Ministero della 1'. /., K)i3. fase. XI;
1914, fase. I).
L'Arti, XXVIII. 32.