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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 7.1904

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Fasc. 1
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Rossi, Attilio: Opere d'arte à Tivoli, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24149#0059

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ATTILIO TOSSI

furono lo stimolo generatore di tesori artistici inapprezzabili, candelieri, paci, bacili, calici,
croci, spade d’onore, rose d’oro, reliquiari, arcelle, legature di libri, mitre, bottoni di cappe,
pastorali, anelli. Per gli ultimi anni del pontificato di Martino V e per tutto quello di Euge-
nio IV, i libri di conti degli archivi vaticani ci danno notizie numerose intorno agli orafi
addetti all’esecuzione di queste opere. Ed il maggior numero ed i più eminenti fra essi ven-
gono da Firenze. I nomi del Ghiberti, al quale Martino V commise la celebre mitra ed il noto
bottone di piviale, di Rainaldo di Giovanni, Angelo di Niccolò, Simone Ghini, Novello di
Giacomo, Bernardo di Giulio, Pietro da Firenze, Antonio di Niccolò, Raimondo di Giovanni
e molti altri,1 s’incontrano in ogni foglio dei libri delle spese. Sventuratamente l’avarizia
di alcuni e le angustie finanziarie nelle quali altri fra i successori di quei pontefici si tro-
varono, nonché le calamità politiche di Roma, e prima fra queste l’orribile sacco che le milizie
imperiali fecero nel 1527, dispersero e distrussero rapidamente questa meravigliosa ed inesti-
mabile collezione di « gioglie, perle, ori, allenti, drapi e altre cose apertinenti a esse ».2 Si
che oggi appena qualche raro saggio superstite può offrirne una pallida testimonianza. Ora
è notevole come questa fervida operosità degli orafi fiorentini si andava spiegando in Roma
appunto tra il finire del pontificato di Martino (1417-1431)6 quello di Eugenio (1431-1447),
cioè nel tempo in cui veniva eseguita la parte piu antica del reliquiario di Tivoli. Questo
fatto, associato con la stretta relazione che corre fra i caratteri propri del trittico e quelli
generali dell’arte toscana contemporanea, ci fa fede dell’origine del nostro monumento. L’ap-
plicazione dei nuovi principi architettonici, la sobrietà decorativa, la magrezza dei profili delle
sagome, le superfici piane, il sentimento di calma e di dolcezza nell’espressione dei volti, la
trattazione elegante e sciolta degli abbigliamenti, tutti i caratteri che distinguono le opere
della prima rinascenza fiorentina, sono comuni anche al trittico del reliquiario di Tivoli. Si
osservi inoltre lo spirito tutto toscano onde è penetrata la scena dell’Annunciazione, la natu-
ralezza piena di ossequio affettuoso, con la quale l’angelo s’inchina a salutare la Vergine e
l’umiltà di questa nel riceverlo, l’esecuzione finissima e la squisita delicatezza di certi det-
tagli, come le ali ed il giglio di Gabriele, i capelli, le mani, i profili dei due personaggi, le
tende distese nella stanza di Maria,' i suoi particolari architettonici, la elegante scioltezza degli
abbigliamenti dei quattro evangelisti. Certi elementi ornamentali, come le piccole rose che
adornano il fondo degli scompartimenti, le stelle del pannello centrale, le semplici cornici
di perline, fanno parte del repertorio ornamentale di tutti gli orafi toscani e si ritrovano a
Firenze largamente usati nel grande altare argenteo di San Giovanni.

Il Padre eterno che assiste alla scena dell’Annunciazione, mostra il nimbo pentagono,
reminiscenza dell’arte toscana trecentistica. Si confrontino infine le .gravi figure degli evan-
gelisti rappresentate nel trittico di Tivoli, con quelle degli stessi personaggi eseguite dal
Ghiberti pochi anni innanzi per la prima porta del battistero di Firenze e non sfuggirà il rap-
porto d’ispirazione che le unisce. Ragioni storiche e stilistiche concordi c’inducono quindi
ad assegnare alle operose botteghe degli orafi fiorentini, allora stanziati a Roma, anche il trit-
tico del nostro reliquiario.

Una simile determinazione si conviene anche al coronamento di esso?

Vedemmo come questa parte, malgrado il suo carattere schiettamente goticizzante, do-
vesse tuttavia, a tenore dell’iscrizione appostavi, ritenersi quale opera posteriore al trittico,
eseguita nel 1449. Ora, le manifeste discordanze stilistiche che esso presenta in confronto
della parte inferiore, piu antica, considerata in relazione col tempo della sua esecuzione e
con i caratteri generali dell’arte toscana intorno al Quattrocento, ci sembrano recisamente
contrarie ad assegnare a questa anche una tale fastosa appendice. Già lo stile del trittico,
che dovette essere eseguito almeno quattordici anni prima, mostra la larga penetrazione dei
principi della rinascenza nella oreficeria fiorentina, fin dal cominciare del secolo XV. Altre

1 Muntz, Les nrts à la courcìes papes ,To\i\ouse, 1878, 2 Muntz, op. cit., pag. 77 e 79.

parte T, pag. 55.
 
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