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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 8.1905

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Fasc. 1
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Bouchot, Henri: I primitivi francesi "L'Ouvraige de Lombardie"
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https://doi.org/10.11588/diglit.24150#0064

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I « PRIMITIVI » FRANCESI

2 I

della loro taglia. L’atto del riscatto così li menziona: « Hermant Maluel et Jacquemin Ma-
luel freres, jeunes enfans et nepveus de Jehan Maluel paintre et varlet de chambre du due de
Bourgogne ».1

Si noti bene come qui si ritrovino due dei prenomi dei fratelli de Limbourg, Henne-
quin e Hermann, mentre d’altra parte Polequin trovasi già presso lo zio Jean Malouel. Ecco
adunque di bel nuovo riuniti i tre nomi di Polequin, Hennequin ed Hermann, ciò che sarebbe
soltanto una curiosa coincidenza se il nome de Limbourg altrove unito a quei prenomi non
presentasse la cosa in altro aspetto. Per coloro che redassero l’atto del riscatto la Gheldria
era una regione remota; essi trovavansi più vicini alla città di Limbourg, nel circondario di
Verviers, che il duca Giovanni di Brabante aveva assediata nel 1388. Il nome de Limbourg
doveva essere (come, p. es., nelle designazioni di «Jean d’Orléans», « Jean de Paris ») un nome
indicante l’origine mentre il nome patronimico vero era Malouel o Maelwael.

Possiamo supporre che Polequin, il maggiore dei tre fratelli, alla morte del padre si
fosse recato a Digione presso lo zio mentre i suoi fratelli, di 14 o di 15 anni di età, nel 1398,
attendevano a Parigi ad imparar l’arte del cesello e dell’ incisione.

Nel 1403 e 1404 i due minori fratelli sono circa ventenni, e giacché essi erano stati
riscattati dal duca di Borgogna, è da credere che uno di essi sia colui che insieme con Poi
è menzionato nell’atto (1402-1403) citato dal signor de Champeaux: «a Polequin Manuel,
et Janequin Manuel enlumineurs lesquelz Monseigneur (il duca di Borgogna) a fait retenir
pour faire les ystoires d’une tres belle et tres notable bible qu’il avoit depuis peu fait com-
mencer. Iceux Janequin et Polequin ne pourroient se louer a aultres que mondit seigneur,
mais entendre et besongner seulement a l’ouvraige d’icelle . . . etc. ».

Come dalla corte di Borgogna, Poi, Hennequin ed Hermann passassero al duca di Berry,
è cosa evidente.

Quando Filippo l’Ardito venne a morte (1404), Giovanni di Berry era nel suo più bel
periodo di collezionista, eppure i fratelli Limbourg non sono menzionati presso di lui prima
di quell’anno. Da ciò mi pare che derivi come necessaria conclusione che Poi, Hennequin
e Hermann, i « trois freres enlumineurs » siano i nipoti stessi di Jean Malouel. Lo zio restò
in Borgogna ove continuò a lavorare per Giovanni senza Paura; i nipoti ritornarono a Parigi,
alla città che già conoscevano e dove avevano appresa l’arte loro. Tutto ciò mi pare non
offra dubbio di sorta.

Ove tali conclusioni vengano accolte, sembra che si debba ammettere che i giovani
fratelli Malouel nulla abbiano appreso dall’arte al loro paese, e che Uberto van Eyck non sia
stato il loro Mentore. Già prima dell’anno 1398, poiché non accompagnò a Parigi i propri
fratelli, Poi doveva trovarsi a Digione : egli morì al tempo della giovinezza di Giovanni van
Eych, nel 1430, almeno in età di cinquanta o di cinquantacinque anni, come si può credere.
In tal caso egli doveva contare almeno venti anni nel 1398, e ventisei nel 1402-1404 all’epoca
della sua attività di miniatore presso il duca di Borgogna. Tutte queste considerazioni ren-
dono assai verosimile che i tre fratelli de Limbourg ed i tre Malouel siano le stesse per-
sone, ciò ch’è anche confermato dall’ identità dei prenomi, rari ed inusitati in Francia.

Orbene, se i fratelli Limbourg-Malouel studiarono a Parigi e a Digione presso il loro
zio, e passarono poi presso il duca di Berry, se miniarono le Tres riches IPeures, donde
trassero gli elementi lombardi della loro opera? Quando poterono essi recarsi in Italia?
Tra il 1404 e il 1410, nell’epoca in cui si trovavano presso il duca di Berry? Ciò non
sarebbe per sé impossibile ; in quei sei anni, sia ch’essi fossero inviati dal duca d’Orléans
nei suoi domini di Asti, sia che si recassero a Firenze ed a Roma, i tre fratelli Limbourg
avrebbero potuto assimilarsi l’arte italiana, il procedimento coloristico, i temi giotteschi della
composizione. Ma a tale scopo era proprio necessario ch’essi varcassero le Alpi?

Dehaisnes, III, 179.
 
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