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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 8.1905

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Fasc. 6
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Fabriczy, Cornelius von: Un taccuino di Amico Aspertini
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https://doi.org/10.11588/diglit.24150#0454

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UN TACCUINO DI AMICO ASPERTINI

ONO parécchi anni che, per un articolo pubblicato dal professore C. Robeit
dell’università di Halle nel Bullettino dell'istituto archeologico di
Roma,1 ci venne notizia di un libro di schizzi di origine italiana,
finora sconosciuto, che si trova in possesso del principe di Wald-
burg-Wolfegg fra i tesori della celebre raccolta di stampe conser-
vata nel castello di Wolfegg in Wùrttemberga. Nel suo stato
presente consta di 29 fogli di pergamena, alti m. 0,225 e larghi 0,17 ;
ma originalmente ne aveva 50 (e forse più), come si vede dalla
numerazione dei fogli, fatta dall’autore stesso, la quale — con
interruzioni — arriva, sull’ultimo foglio, al numero 50. La mutila-
zione del libro dev’essere avvenuta già nel Cinquecento, poiché il
primo foglio, che originalmente era il nono, porta in scrittura di
quel secolo la leggenda: totum michaelangelus fecit. Dalla circo-
stanza che parecchi dei disegni a penna, lavati in parte a bistro,
di cui consta il libro in discorso, dal verso di un foglio si esten-
dono al recto del seguente, si deve concludere che esso era già
legato, quando il suo possessore v’inserì i suoi schizzi : era, dunque,
proprio un taccuino che l’artista portava seco nelle sue peregrina-
zioni per le chiese, i monumenti, i palazzi e le raccolte di Roma.
Giacché erano quasi esclusivamente gli avanzi dell’arte antica
romana che lo interessavano e ch’egli copiò: statue, bassirilievi di archi e colonne trionfali,
affreschi e stucchi delle terme e, soprattutto, sarcofagi. Il dotto editore del Corpus dei sarco-
fagi romani nel sopraccennato suo studio è riuscito a identificare tutti gli schizzi, ad eccezione
di tre, con monumenti o ancora esistenti o a noi altrimenti noti per le riproduzioni o per notizie
su la loro ubicazione d’una volta. Il suo compito fu in parte agevolato dalla circostanza che il
nostro artista sulla maggior parte dei suoi schizzi indicò il luogo dove si trovavano i monumenti
da lui copiati. Riuscì pure il prof. Robert a stabilire l’anno 1516 come termmus a quo del tac-
cuino, i cui disegni non furono schizzati tutti nello stesso breve intervallo di tempo, bensì a
diverse riprese. Ciò si verifica pel diverso stile tecnico e pel diverso modo di trattamento.
Mentre la maggior parte dei disegni tradisce una mano abbastanza abile sì, ma quasi impac-
ciata, parecchi rivelano un fare molto più sciolto, libero, tecnicamente progredito, benché essi
pure serbino le forme caratteristiche che manifestano essere tutti produzione dello stesso artista.
Una testa di guerriero, poi, al fol. 34, pare addirittura copiata dall’affresco della Battaglia di
Costantino, che non fu terminato prima del 1525. Del resto qui non occorre dilungarci
sulla questione della data dei disegni in discorso, e neppure sull’altra, che riguarda la loro
importanza dal punto di vista archeologico; il lettore le troverà svolte ambedue nell articolo 1

1 C. Robert, Ueber e in devi Michelangelo zuges- lungen des k. d. archaeologischen Instituts, roemische
chriebenes Stìzzenbuch auf Scliloss Wolfegg (Mitthei- Abtheilung. Bd. XVI, 1901, S. 209-242, mit 4 lafeln).

L’Arte. Vili, 5r.
 
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