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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 8.1905

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Fasc. 1
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Bouchot, Henri: I primitivi francesi "L'Ouvraige de Lombardie"
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https://doi.org/10.11588/diglit.24150#0067

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HENRI BO tIClIO T

Il de Champeaux non consentiva a riferire la postilla della quale parliamo al ms. 166
della Biblioteca Nazionale, asserendo che tale manoscritto essendo incompiuto non poteva
essere stato donato al duca di Berry : una ragione di poco conto invero, poiché il duca di
Borgogna morendo lasciava in testamento il manoscritto nello stato nel quale esso trovavasi,
ancora in mano dei miniatori, forse senza averlo veduto mai.

Verosimilmente il manoscritto, come le Très riches Heures, passò in proprietà del
duca di Savoia: allora, circa il 1450, un mirabile artista lo continuò. In altro luogo esposi la
mia opinione che tal parte del lavoro sin dovuta a Jean Foucquet giovane: il de Cham-
peaux la crede invece opera di Roger La Pasture.1 Certo si è che il manoscritto appartenne
alla famiglia de Longwy, quindi ai Vallier Poitiers e alla grande siniscalca Diana di Poitiers:
ciò forse per dono del duca di Savoia. E anche indiscutibile che una parte del codice fu conti-
nuata dal medesimo mediocre artista che dal duca Verde, genero del duca di Berry, ebbe
l’incarico di ultimare le Très riches Heures di Chantilly: la fortuna mantenne per tal modo
uniti i due manoscritti che ambedue emigrarono dal tesoro dei duchi di Savoia sulla fine
del XV secolo.

Bisogna anzitutto riconoscere che il principio del ms. 166, sino al folio 40 circa, è dovuto
a tre o quattro diverse mani. La prima maniera, abilissima, è più ieratica, intimamente italiana
per tendenze e per colore, ma di disegno alquanto duro: essa potrebbe bene attribuirsi al primo
miniatore menzionato nella postilla, a Imbert Stainier, che pur fu molto abile ; nè vi sarebbero
per costui difficoltà in ammettere ch’egli adoprasse «l’ouvraige de Lombardie», giacché il nome
suo sembra designarlo come piemontese. La seconda mano, più abile, più audace e deliziosa-
mente naturalistica, è nordica di certo : gl’ Italiani non erano dotati in quel tempo di una tale
grazia nè di una simile ironia. Il tono cremaceo delle miniature è qui diverso da quanto noi
conosciamo in opere anteriori ; ha appunto le medesime note che le più belle miniature delle
Très riches ITeures. Qui potremmo vedere l’opera del pittore fiammingo Jacques Coéne o Còne.
Una terza mano, che lavora su disegni del secondo artista, si mostra più pesante, più rigida;
potrebbe essere di Hans de Haguenau. Orbene, la parte del manoscritto che vorrei attri-
buire a Jacques Coène è precisamente quella in cui ritrovansi scene che furono riprodotte
nelle Très riches Heures di Chantilly quasi senza alcun mutamento: come nel San Gerolamo
del fol. 18 delle Heures.

Ma anche un’altra serie di osservazioni e diversi fatti ci dimostrano l’assoluta identità
che è fra il ms. fr. 166 della Biblioteca Nazionale e le Très riches ITeures.

Per esempio, si può facilmente osservare come nei due manoscritti le foglie di acanto
sulle colonnine gotiche non siano riprodotte come vere foglie ma appaiono foggiate a globo ;
forma peculiare che si ritrova anche, lo vedremo, in alcune miniature di un altro manoscritto
del duca di Berry, nel Libro cT Ore di Torino, che furono credute opera di von Eyc.2 Ma
ecco qualche dato più decisivo. V’ è nelle Très riches Heures di Chantilly (fol. 25) una
Creazione del Mondo nella quale vedonsi Adamo ed Èva in atteggiamenti poco usitati :
Adamo sta ginocchioni, Èva è ritta in piedi. I medesimi atteggiamenti ritrovansi nella minia-
tura della Creazione nel ms. fr. 166. I bovi dell’aratro nella Creazione delle Heures di Chan-
tilly, figurati in proporzioni più piccole del vero, si in rispetto alle altre figure, ritrovano
simili nella seconda colonna del folio Xin del ms. fr. 166, identici anche nella forma affatto
singolare delle corna. Una altra osservazione non meno importante è che nel ms. 166
(fol. xiv, col. ia) si ritrovi copiato il carro del sole che vedesi al sommo di ogni pagina
nel calendario delle Heures di Chantilly. Il serpente, con viso femminile, che tenta Èva, è
identico nella miniatura della Creazione in ambedue i manoscritti. Una prova decisiva è pur

1 Questa maniera s’inizia al fol. 40 recto sopra un 2 P. Durrieu, Les debuts des Van Eyck (Gazette
disegno incompiuto dell’artista precedente, e giunge des Beaux-Arts, 1903, 1). Ne parleremo più oltre. Il
sino al fol. 47. Imiiquet avrebbe eseguito 141 minia- ms. restò distrutto nell’ incendio della Biblioteca di

ture (vedi.Champeaux, pag. 161). Torino.
 
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