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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 8.1905

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Fasc. 1
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Corrieri
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https://doi.org/10.11588/diglit.24150#0093

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50

CORRIERI

dinanzi a tanta novità di posa e riprodurla con tanta
cura e sapienza. Ritroviamo la scelta di colorazioni e
la intonazione, che son particolari alla scuola francese
di quel tempo, e così pure la coscienziosa e diligente
esecuzione della medesima.

Cinque pastelli francesi del xviii secolo, schierati
sotto, sono lavori vaporosi, fini, delicati; una di quelle
testine di donna ha tanto garbo nel suo atteggiamento
capriccioso, e tanto brio nel suo sorriso, che è la cosa
più graziosa che si possa immaginare. Non dimenti-
chiamo che è ancora inquadrata in una sottile ed ele-
gante cornice di quell’epoca.

Rosalba Carriera appare li dappresso, aneli 'essa con
cinque pastelli, tra i quali vanno notati due ritratti di
coniugi principeschi della Casa di Sassonia. Questi due
pastelli provengono da Varese e sono quindi, proba-
bilmente, un residuo delle ricchezze artistiche che ador-
navano nel xviii secolo il palazzo (oggi sede della Pre-
fettura e del Municipio) di quel tal Principe di Modena,
colà relegato in esilio, anzi in castigo: antico esempio
di domicilio coatto.

Al Moretto da Brescia viene ascritto un grande
ritratto a figura intera di un conte Gambara, in mezza
armatura brunita. Sul basamento della colonna vicina
si legge la seguente iscrizione dipinta in nero:

CO • BRVN • GAMB JET • SV[AE]

AN.OB • A • D.

.MEN.

Quel conte Gambara s’era adunque fatto ritrattare
così quand’era nel fior degli anni, destinando questa
sua effigie alla serie dei ritratti di famiglia, e sperando
che i suoi eredi si sarebbero poi preso cura di com-
pletare l’iscrizione, alla qual cosa invece essi non pen-
sarono affatto.

La scuola francese torna a riapparire in due scene
pastorali, bei lavori decorativi che paiono arazzi; in un
ritratto del pittore Desporte (xvn-xvm secolo) molto
originale pel modo con cui la mezza figura di un cac-
ciatore è illuminata e per l’intonazione del colorito; in
una graziosa composizione mitologica del Boucher, rap-
presentante Venere e Cupido e due amorini con chi-
tarra e con cetra, i quali danno una nota tutta moderna,
e non mancano di correlazione, massime nel tipo, cogli
amorini del nostro grande Tiepolo.

V’è ancora un altro quadro francese, un ritratto
(busto) di Josephine Beauharnais, bella, graziosa e vi-
vace; probabilmente eseguito quand’essa non s’imma-
ginava ancora che fia poco sarebbe salita al trono
imperiale, e che non molto dopo ne^ sarebbe discesa.
L’espressione ha difatti nulla del sussiego imperiale,
ed è pur allegra, vispa, spensierata. Circostanza strana!
questo ritratto è capitato in questa sala di una casa
del Corso Venezia a poco più di cento passi dal pa-
lazzo Busca, ov’essa dimorò appunto quale consorte

di Bonaparte, allora soltanto generale in capo dell’ar-
mata francese (1796).

Della scuola lombarda antica c’è una grande lunetta
ad affresco, rappresentante il Presepio e che è del Ci-
verchio, ed anzi del periodo in cui il pittore si atte-
neva ancora esclusivamente allo stile del Foppa, e sic-
come si sa che questa lunetta proviene da Pavia, così
rimane confermato che il Civerchio vi aveva seguito
il suo maestro e vi aveva anche condotti dei lavori per
proprio conto.

E della scuola leonardesca non c’è soltanto una
Pietà della bottega del Gianpetrino e di un incognito
il viaggio di Tobiolo, rinchiuso in una piccola ma squi-
sita cornice del principio del Cinquecento, ma e’ è
anche un affresco del Lumi : una figura d’angiolo in-
ginocchiato a destra, con una face. È uno dei pochi
pezzi dell’antica decorazione della villetta della Pelucca
(poco discosta da Monza) che siano andati dispersi :
quasi tutta quella decorazione, coni’ è risaputo, è stata
trasportata nel palazzo reale di Milano e nella Pina-
coteca di Brera. Questo frammento era del resto già
conosciuto da tempo: e già Luca Beltrami lo ha ripro-
dotto in questo periodico, quando vi pubblicò un suo
studio sulle pitture del Luini, provenienti da quella
villa.

Nel mezzo della sala, esposti su cavalletti, sì trovano:
una piccola Madonna col Bambino, di Filippo
Mazzola da Parma, tavoletta che, al rovescio, reca la
firma e la data del 1492 ;

un’altra Madonna col Bambino, del Previtali, il
quale qui ha un fare largo e soprattutto un colorito
più acceso e piu armonioso del solito, e che rivela una
passeggierà ma forte influenza di Palma il Vecchio ;

un ritratto prezioso di Andrea Appiani, prezioso
perchè è firmato dal geniale pittore milanese del pe-
riodo della Cisalpina e del regno italico, e perchè ci
dà l’effigie del pittore prospettico e scenografo Paolo
Landriani, 1 celebre al tempo suo ed ora ammirato
soltanto da quei pochissimi fortunati possessori dei
suoi disegni ed acquarelli a chiaroscuro di grandi pro-
spettive scenografiche, lavori straordinari per inven-
zione, grandiosità ed effetti di luce, uniche testimo-
nianze superstiti delle di lui grandi scene nel teatro
della Scala ed in quello della Canobbiana!

Ed ora veniamo alle due opere maggiori, una scul-
tura in terracotta ed un quadro.

La scultura in terracotta, alta circa un metro, rap-
presenta l’assunzione in cielo di Maria Egiziaca. La
santa, avvolta nella sua disciolta ed abbondante ca-
pigliatura, che ne forma l’unica veste, sale in cielo con
le mani giunte; attorno, la circondano dolci teste di che-
rubini, lieti, festosi, disposti nelle più svariate direzioni
che dimostrano appunto di salire assieme alla Santa,

1 Dietro alla tela si legge: «Andrea Appiani pinxit anno 1800
Paolo Landriani ».
 
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