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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 8.1905

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Fasc. 2
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Venturi, Adolfo: Frammenti del presepe di Arnolfo nella basilica Romana di S. Maria Maggiore
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https://doi.org/10.11588/diglit.24150#0152

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FRAMMENTI DEL PRESEPE DI ARNOLFO

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gnore Giesù Christo nel Presepio », si è rimasti indifferenti, e sino ai nostri giorni, innanzi
all’opera del sommo scultore. Per l’architetto illustre del Cinquecento erano semplicemente
i tre Magi «di marmo vecchio»; per lo storico odierno di Roma dei bassi tempi «un
mediocre lavoro del xtv secolo o del xm ».

All’entrata della Confessione, nella cappella di Sisto V a Santa Maria Maggiore, sten-
desi un arco scemo, guasto nel mezzo da un serafino alato e da una lastra di marmo bianco
venato; ma, ai lati, ne’pennacchi, stanno due profeti, sul fondo a tessere d’oro, recanti cartelli
con le scritte ora rifatte (fig. 1 e 2). I due profeti, senza alcun dubbio, sono opera di Arnolfo:
quello, a sinistra, Davide, porta un diadema gemmato sul capo, lunghi e sciolti capelli che ri-
cadono ondeggianti sugli omeri, un pallio che si stringe a fascia sopra ai fianchi, una tunica con
le maniche rimboccate: egli sta ginocchioni, come Abele nel ciborio di San Paolo fuori le
mura, e mostra il piede destro, che si punta e s’aranca sull’arcata, studiato dal vero con
una grande giustezza d’ogni particolare della forma. Il cartello tenuto da re Davide reca
quest’iscrizione: INTROITE IN ATRIA SALVS ADORATE DOMINVM IN A VE A
SANCTA EIVS. A riscontro del giovane profeta, sta il vecchio Isaia dalla lunga chioma,
curvo, cadente bocconi sull’arcata, con gli occhi fissi allo svolto rotulo, in cui si legge: ET
PANNIS IN VOLT VM RECLINARTI? EVM IN PRAESEPIO. Entrambi i profeti si dimo-
strano chiaramente opera di Arnolfo, nei tipi, nelle pieghe che segnano con rapidi tratti la
forma, scavandola sotto i panni, tracciandola con forza intorno al giro delle anche, delle coscie
e de’polpacci. Vi sono le pieghe qua e là a linee spezzate sui corpi; a piani geometrici,
triangolari, lunghe, distaccate dai corpi stessi. Gli orecchi, come in altre figure d’Arnolfo,
sono piatti, con la parte interna bucata.

Dell’antica arcata, oltre le due figure de’ profeti, è anche la striscia musiva cosmatesca
che si stende al disotto; ma, nell’interno, quando tolgasi parte del pavimento e il paliotto
cosmatesco dell’altare, tutto in più volte fu guasto. Però nell’ambulacro dietro l’altare, entro
una nicchia, scoprimmo i frammenti del presepe di Arnolfo. Si vedono ancora il bue e l’asino,
che dovevano sporgere le teste sulla greppia; San Giuseppe, forte come il San Pietro nel
ciborio di San Paolo fuori le Mura, con i capelli a riccioli divisi da punteggiatura di trapano,
con le mani l’una sull’altra poggiate ad un bastone (fig. 3).

Questa figura però dovette essere pomiciata, lisciata, quando si sostituì la statua della Ver-
gine con altra moderna.1 Ma integre sono ancora le tre figure dei Magi (fig. 4), e, sopra tutte
mirabile è quella del più vecchio di essi, in adorazione della divina Creatura, ginocchioni,
con il corpo affralito ricadente sulle calcagna, le braccia stese lung'o la persona, le mani che
si giungono. Con la testa protesa, gli occhi sbarrati, fissi, le labbra semiaperte sta il chio-
mato sire in veste regale, ricamata a quadrifogli intorno al collo, nell’orlatura della tunica,
in una striscia in giro a mezzo delle maniche. Questa statuetta era fissa alle pareti, non
distaccata come ora si vede; e ancor fisso è il gruppo degli altri due re, che stanno in
colloquio nell’avvicinarsi al presepe. Quello che sta più da presso al gruppo divino porta
un diadema gemmato sul capo, la clamide frangiata sulla tunica, e tiene un vaso del quale
solleva il coperchio. Volgesi al giovane compagno, che gli favella con entusiasmo, come
illuminato dal suo pensiero, dalla gioia che è in lui. E questo terzo re veste una clamide
frangiata e ricamata a rose e a stelle negli orli, e porta un vaso con il coperchio che pare
il colmo d’una corba di frutta.

Tutto il resto della composizione fu distrutto: come nella Natività di bra’ Guglielmo a
Pistoia, il bue e l’asino dovevano sporgere le loro teste sul fanciullo divino in grembo di
Maria; attorno al gruppo doveva esservi almeno un angiolo assistente, come nella stessa
rappresentazione sui pulpiti descritti di Pisa, di Siena e di Pistoia, e negli altri della scuola
di Niccola d’Apulia. E la presenza dei due animali, che dovevano scaldare il neonato, fa

1 Più che di sostituzione, si tratta probabilmente del rinnovamente del gruppo della Vergine col Bambino,
che scalpellato, lisciato, pomiciato non ricorda più il marmo da cui fu tratto.
 
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