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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 8.1905

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Fasc. 2
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Bellucci, Alessandro: Arte decorativa: Un'antica industria tessile Perugina
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https://doi.org/10.11588/diglit.24150#0160

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ARTE DECORATIVA

117

Quindi, ove non direttamente dall’Oriente quelle fu-
rono prese di seconda mano dagli arazzieri fiamminghi
che nel secolo XV abbondarono in Italia ed anche
nella nostra Umbria, mentre nel XIV si facevano
venire nei nostri paesi le loro manifatture. Dal Muntz
è ricordata Giovanna francese, quale maestra de
panni de razza, a Todi, nel 1468: e l’opificio di
arazzi di Perugia fu fondato nel 1463 da Lillesi,

Jacques o Jaquemin Birgières, dal suo figlio Niccola
e dalle loro mogli Giovanna e Michelina. Si tratten-
gono a Perugia fino al 1466 per decorare la cappella
dei Priori e per formare allieve.

Infatti i migliori esemplari di questi tessuti di
lino, quelli del Cinquecento, hanno dell’arazzo la gran-
diosità e larghezza del disegno e la vivacità delle
movenze delle figure: altri sono minuti e meno belli
di composizione.

Da una semplicità primitiva di losanghe, fiamme
e linee geometriche si salì fino al fasto di un eletto
lavoro artistico: e così dal lavoro rivolto a conten-
tare con garbo il bisogno, si salì a soddisfare i va-
gheggiamenti e i desideri di una mediocre agiatezza; dal cartone rudimentale si salì ad
invocare il concorso di qualche artista; dal mestiere si sale all’arte vera e propria. Nella
semplicità maggiore del costume trecentesco questi lini dovettero bastare al lusso di tutti
i ceti; ma l’aureo bagliore delle corti e l’opulenza della vita signorile nel Quattrocento li
lasciò ben presto da parte nei corredi nuziali, nelle portiere e nelle coperte, e s’appigliò
ai drappi, cercò i broccati ed i velluti. Questi panni di lino rimasero corredo della bor-
ghesia meno ricca e poi passarono al popolo. E il popolo ne prolungò la vita: il loro ultimo
asilo furono i conventi. Ma perchè questa fiorente manifattura non si allargò fuori dell’ Um-
bria? Le dovè impedire la diffusione e il primato il fatto che in quel secolo glorioso ogni

angolo d’Italia ebbe un’arte locale del tessuto, tutta
sua ed egualmente bella.

Non è poi del tutto vero che essa non si diffuse.
Nel Cenacolo di Leonardo, la tovaglia ha ornamenti
e fascie in turchino, della impronta precisa di quelle
di fabbrica perugina, come anche ritenne, interpel-
lato, Giuseppe Bertini, già direttore della Galleria
di Milano.

Anche una tavola nel Museo cristiano del Vati-
cano, rappresentante le nozze di Cana, ha la tova-
glia dello stesso carattere: i convitati hanno questi
medesimi ampi tovaglioli gettati dall’avanti indietro
con le code cadenti sul dorso.

Si diffuse adunque per l’Italia; ma si perpetuò
solo nel suo luogo d’origine, e in Ferrara (come
ricavo da una lettera del conte A. Gandini, gen-
tilmente esibitami) ripetute e chiare menzioni ne
abbiamo. Il Gandini in una chiesa di Gattaia in Mu-
gello ne trovò rivestiti, come sottotovaglie, tutti gli
altari. Ce ne sono saggi nel Museo civico di Modena ;
e se ne parla nei Registri della Guardaroba della

Perugia. Collezione Mariano Rocchi

Perugia. Collezione Mariano Rocchi
 
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