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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 8.1905

DOI issue:
Fasc. 3
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Muñoz, Antonio: L' arte bizantina all'esposizione di Grottaferrata
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https://doi.org/10.11588/diglit.24150#0213

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I

ANTONIO MUNOZ

sviluppano secondo le regole secentesche, le linee rigide si arrotondano, gli ornati schematici
s’incurvano e si accartocciano, i santi guerrieri prendono le uniformi dei soldati moderni, i
teologi svolgono i sacri rotoli seduti su cattedre barocche: attraverso le rigide linee bizantine
il convulso seiòento tenta di affacciarsi, di esprimersi in qualche modo; ma questi anacronismi
non disturbano, queste mescolanze non stonano, anzi all’occhio d’un osservatore educato
fanno un bellissimo vedere.

La Russia ha saputo ridar vita alle forme bizantine decadenti nelle loro terre d’origine
rinfrescandole e vivificandole; nei tempi più antichi la sua arte fu la bizantina stessa eser-
citata da maestri greci, ma col tempo si formò una scuola nazionale. Un annalista del-
l’anno 986, parlando della costruzione della chiesa della Vergine a Kiev, fatta da S. Vla-
dimir, nota che il costruttore chiamò per l’esecuzione dei maestri greci, e prese alcune ima-
gitii dalla Grecia; artisti greci lavoravano poi in questo stesso tempo non solo a Kiev, ma
anche a Novgorod e a Mosca. Dai Greci impararono i Russi a dipingere; già nell’xi secolo
si fa menzione di un monaco di Kiev, Alimpio, come di eccellente pittore che dipingeva
icone su tavola. Da quel tempo sono frequenti le notizie storiche che attestano dell’esistenza
di una vera e propria scuola artistica nazionale, che al xn secolo ornò con diverse icone
la chiesa della Madonna in Vladimir, al xn-xm lasciò tracce disè nelle icone dai conventi
di Kiev e di Novgorod. Col tempo si determinano le varie scuole nella pittura di icone, la
scuola di Mosca, di Novgorod e degli altri centri principali.

A Mosca gli artisti al servizio degli Tsar e viventi intorno ad essi, formano pure un
gruppo che si distingue per caratteri speciali, e viene chiamato Tsarskaja skola o scuola
imperiale. I pittori che' ne facevano parte non avevano a dire il vero un senso artistico molto
sviluppato; si cercavano più in essi qualità morali che artistiche, e prima d’entrare al servizio
dello Tsar dovevano dar promessa di non bere, di non commettere disordini e di compire
con onore il loro dovere. Soltanto nella seconda metà del xvn secolo s’incontrano tra questi
mediocri maestri, alcuni uomini di talento che portano in quello ch’era prima mestiere, una
favilla di vita, un raggio d’arte; intendiamo parlare della scuola imperiale del tempo dello
Tsar Alessio Michailovic, con a capo il valentissimo pittore Simone Uschakov il grande
artista nazionale della Russia.

Nella Mostra di Grottaferrata non mancano esempi belli di queste diverse scuole, che
altrove cercheremo di classificare, i quali presentano un contenuto iconografico variatissimo.
Nelle icone greche e slave dei secoli xvi-xvm, vedonsi figurate quasi tutte le rappresentazioni
più comuni dei fatti dell’evangelo e dell’antico testamento, e si trovan raccolti tutti i santi
del calendario orientale, secondo il tipo stabilito nell’arte bizantina: gli apostoli, i discepoli, i
papi, i vescovi, i diaconi, i santi anargiri, i solitari, gli stiliti, i poeti, i giusti, i mirrofori.
San Nicola getta l’argento alle fanciulle povere, libera gl’innocenti dalla morte, appare in
sogno a Costantino; San Giorgio uccide il drago, beve il veleno, risuscita i morti avanti
all’imperatore; Sant’Antonio caccia i demoni e confonde i filosofi; sui fondi dorati si delineano
le rigide figure dei SS. Sergio e Bacco, giovami e imberbi, di San Demetrio dai grandi baffi,
di San Basilio vecchio venerando, di San Cipriano dalla barba rotonda, dei SS. Cosma e
Damiano, Atanasio, Ephraem, Clemente, Simeone, Anastasia, Caterina, Parascevia.

Tra le tavolette del Museo Cristiano Vaticano, una richiama specialmente l’attenzione,
rappresentante la deposizione di .Sant’Ephraem Siro. Sul davanti è figurato il defunto disteso
su una base marmorea di color rosso, circondato dai compagni eremiti in attitudine dolorosa,
mentre da ogni parte arrivano altri monaci, uno su cavalcatura, un altro zoppicante appoggiato
alle stampelle, un terzo portato su una sedia, un quarto sulle spalle d’un compagno. Ai due
lati, entro caverne scavate nella montagna, vedonsi alcuni eremiti in diverse occupazioni,
alcuni disputano, altri pregano, leggono, fabbricano canestri e cucchiai; nel mezzo su una
colonna un santo stilita si fa mandare il cibo in un canestro, nell’alto un angelo porta via
l’anima del defunto. Sul davanti della tavola marmorea, su cui è deposto il santo, il pittore
scrisse il suo nome :

Iqxiaavou/Gou tou T^avooupvàpi yLp.
 
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